di Teresa Fiortini - Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza n. 24217 del 4 giugno 2013.
Un uomo - noto come soggetto violento ed unica persona a trovarsi in casa con la vittima - è stato accusato di avere agito con dolo eventuale poiché aveva chiuso il divano comprimendo al suo interno la fidanzata e non facendo poi nulla per toglierla da quello stato, limitandosi a chiamare tardivi e inutili soccorsi.
I supremi giudici, in accordo con l'orientamento del primo e del secondo grado, hanno ravvisato il dolo eventuale: "l' imputato, ponendo in essere una condotta diretta ad altri scopi (la chiusura della donna nel divano letto per spregio o irrisione), si è (ben presto) rappresentato la concreta possibilità del verificarsi di ulteriori conseguenze della propria azione e, nonostante ciò, ha agito (omettendo una immediata condotta di soccorso, a quel punto dovuta) accettando il rischio di cagionarle. Ovvero, pur non mirando ad un evento mortale come proprio obiettivo intenzionale, ha tuttavia previsto come probabile - secondo un normale nesso di causalità - la verificazione di un siffatto evento lesivo, accettandone, con l'agire (o l'omettere di agire) in presenza di tale situazione soggettivamente rappresentatasi, il rischio della sua verificazione". "Una sostanziale indifferenza alla sorte della donna, con l'apatica attesa dell'altrui intervento, caratterizza il caso in esame (il confine è col dolo alternativo, non certo con la colpa cosciente, che presuppone la fiducia che l'evento esiziale non si verifichi). Per ugual motivo è da escludere la preterintenzione, lo stato di palese pericolo di vita in cui versava la donna al momento del suo abbandono da parte del D.M. impedendo di ritenere che egli avesse di mira solo la perpetuazione di uno stato di malessere".
Il dolo eventuale, secondo la giurisprudenza prevalente, si ravvisa allorquando "l'agente, ponendo in essere una condotta diretta ad altri scopi, si rappresenta la concreta possibilità del verificarsi di ulteriori conseguenze della propria azione e, nonostante ciò, agisce accettando il rischio di cagionarle". Ma già si era affermato, secondo un costante insegnamento, che "sussiste il dolo del delitto di omicidio allorquando l'agente, pur non mirando ad un evento mortale come proprio obiettivo intenzionale, abbia tuttavia previsto come probabile - secondo un normale nesso di causalità - la verificazione di un siffatto evento lesivo, accettandone, con l'agire in presenza di tale situazione soggettivamente rappresentatasi, il rischio della sua verificazione".
La distinzione è talora dalla colpa cosciente: "Il dolo eventuale presuppone che l'agente abbia superato il dubbio circa la possibilità che la condotta cagioni anche un evento non direttamente voluto, ed abbia tenuto la condotta anche a costo di cagionare quell'evento, accettandone quindi il prospettato verificarsi; diversamente, la colpa con previsione (o cosciente) sussiste quando l'agente, pur prospettandosi la possibilità o probabilità del verificarsi di un evento non voluto come conseguenza della propria condotta, confidi tuttavia che esso non si verifichi"; il dolo è invece diretto nel caso in cui vi sia la probabilità della verificazione di tali conseguenze e, ciò nonostante, l'agente ponga in essere la condotta".
Teresa Fiortini
Un uomo - noto come soggetto violento ed unica persona a trovarsi in casa con la vittima - è stato accusato di avere agito con dolo eventuale poiché aveva chiuso il divano comprimendo al suo interno la fidanzata e non facendo poi nulla per toglierla da quello stato, limitandosi a chiamare tardivi e inutili soccorsi.
I supremi giudici, in accordo con l'orientamento del primo e del secondo grado, hanno ravvisato il dolo eventuale: "l' imputato, ponendo in essere una condotta diretta ad altri scopi (la chiusura della donna nel divano letto per spregio o irrisione), si è (ben presto) rappresentato la concreta possibilità del verificarsi di ulteriori conseguenze della propria azione e, nonostante ciò, ha agito (omettendo una immediata condotta di soccorso, a quel punto dovuta) accettando il rischio di cagionarle. Ovvero, pur non mirando ad un evento mortale come proprio obiettivo intenzionale, ha tuttavia previsto come probabile - secondo un normale nesso di causalità - la verificazione di un siffatto evento lesivo, accettandone, con l'agire (o l'omettere di agire) in presenza di tale situazione soggettivamente rappresentatasi, il rischio della sua verificazione". "Una sostanziale indifferenza alla sorte della donna, con l'apatica attesa dell'altrui intervento, caratterizza il caso in esame (il confine è col dolo alternativo, non certo con la colpa cosciente, che presuppone la fiducia che l'evento esiziale non si verifichi). Per ugual motivo è da escludere la preterintenzione, lo stato di palese pericolo di vita in cui versava la donna al momento del suo abbandono da parte del D.M. impedendo di ritenere che egli avesse di mira solo la perpetuazione di uno stato di malessere".
Il dolo eventuale, secondo la giurisprudenza prevalente, si ravvisa allorquando "l'agente, ponendo in essere una condotta diretta ad altri scopi, si rappresenta la concreta possibilità del verificarsi di ulteriori conseguenze della propria azione e, nonostante ciò, agisce accettando il rischio di cagionarle". Ma già si era affermato, secondo un costante insegnamento, che "sussiste il dolo del delitto di omicidio allorquando l'agente, pur non mirando ad un evento mortale come proprio obiettivo intenzionale, abbia tuttavia previsto come probabile - secondo un normale nesso di causalità - la verificazione di un siffatto evento lesivo, accettandone, con l'agire in presenza di tale situazione soggettivamente rappresentatasi, il rischio della sua verificazione".
La distinzione è talora dalla colpa cosciente: "Il dolo eventuale presuppone che l'agente abbia superato il dubbio circa la possibilità che la condotta cagioni anche un evento non direttamente voluto, ed abbia tenuto la condotta anche a costo di cagionare quell'evento, accettandone quindi il prospettato verificarsi; diversamente, la colpa con previsione (o cosciente) sussiste quando l'agente, pur prospettandosi la possibilità o probabilità del verificarsi di un evento non voluto come conseguenza della propria condotta, confidi tuttavia che esso non si verifichi"; il dolo è invece diretto nel caso in cui vi sia la probabilità della verificazione di tali conseguenze e, ciò nonostante, l'agente ponga in essere la condotta".
Teresa Fiortini
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