La Corte di Cassazione, Sezione III, con la nota Sentenza n.12408 del 07.06.2011, ha chiarito che per la liquidazione del danno alla persona, in assenza di criteri stabiliti dalla legge, l'applicazione della regola equitativa di cui all' art. 1226 Codice Civile, deve essere tale da garantire uniformità di giudizio, dovendosi ritenere abnorme che danni identici siano liquidati in misura diversa a seconda dell'ufficio giudiziario a cui è stata devoluta la controversia e ha pertanto giudicato necessario indicare ai giudici di merito, quali criteri uniformi per la liquidazione del danno alla persona, le "Tabelle" elaborate dal Tribunale di Milano, già diffuse in tutto il territorio nazionale.
Ovviamente il parametro rappresentato dalle tabelle milanesi resta un criterio equitativo; sicché, ove il pregiudizio alla salute abbia inciso in modo abnorme ed inusuale sulla vita di relazione della vittima, il giudice è tenuto a verificare se i parametri delle tabelle in concreto applicate tengano conto di questo aspetto del danno, vale a dire dell'alterazione/cambiamento della personalità del soggetto che si estrinsechi in uno sconvolgimento dell'esistenza, ovvero in radicali cambiamenti di vita, ed in caso contrario deve procedere alla c.d. "personalizzazione" del risarcimento, riconsiderando i parametri anzidetti in ragione anche di siffatto profilo, al fine di debitamente garantire l'integralità del ristoro spettante al danneggiato (Cass. Civ. Sez. III, Sentenza n. 14402 del 30 giugno 2011).

Di recente, con ordinanza del 04.01.2013 n.134 la VI Sezione della Corte di Cassazione ha ribadito che, in assenza di criteri legali, per la liquidazione del danno biologico occorre fare riferimento alle Tabelle di Milano, salvo che sussistano circostanze che ne giustifichino l'abbandono.
In tale ordinanza viene precisato inoltre che, per le sentenze di merito depositate prima di tale pronuncia, in cui i criteri adottati sono diversi, "tale difformità può essere fatta valere in sede di legittimità solo a condizione che la questione sia stata posta nel giudizio di merito. La mancanza di tale condizione, che i ricorrenti neppure allegano, rende inammissibile il profilo esaminato, proprio per la novità della questione prospettata".
In relazione al danno non patrimoniale, gli Ermellini con la Sentenza

n. 9231 del 17.04.2013 Sez. III Civile hanno evidenziato, in ordine al danno non patrimoniale che, ai fini della sua personalizzazione, poiché la liquidazione, necessariamente equitativa, deve esser circostanziata, qualora per ragioni di uniformità nazionale il giudice di merito adotti le tabelle del Tribunale di Milano - i cui parametri devono esser attualizzati al momento della decisione - per l'individuazione della concreta somma attribuibile nel range tra il minimo ed il massimo, ovvero anche oltre tale limite se il vulnus familiare è di particolare gravità per alcuni dei superstiti, egli deve esplicitare se e come ha considerato tutte le concrete circostanze per risarcire integralmente il danno non patrimoniale subito da ciascuno, e perciò va esclusa ogni liquidazione di tale pregiudizio in misura pari ad una frazione dell'importo liquidabile a titolo di danno biologico del defunto, perché tale criterio non rende evidente e controllabile l'iter logico attraverso cui il giudice di merito sia pervenuto alla relativa quantificazione, né permette di stabilire se e come abbia tenuto conto di tutte le circostanze suindicate, così come è erronea una liquidazione uguale per tutti gli aventi diritto o globale con successiva ripartizione interna tra costoro.
La Corte di Cassazione Civile, Sezione VI, Sentenza n. 11514 del 14.05.2013 nel sottolineare ancora una volta che, in tema di risarcimento del danno non patrimoniale da circolazione stradale, non è più ammissibile il ristoro del danno morale puro o la sofferenza d'animo non direttamente connessa alla lesione, afferma che sarà risarcibile esclusivamente quella sofferenza causata dal peggioramento della qualità della vita della persona danneggiata.
Nella stessa sentenza gli Ermellini hanno puntualizzato che dovranno essere risarcite solo le spese visite mediche di poco successive al sinistro stradale e che siano diretta conseguenza del sinistro. Non troveranno risarcimento le eventuali consulenze sanitarie specialistiche richieste in corso di causa, in quanto le stesse non sono considerate necessarie ma sono frutto di una libera scelta della parte.

La Corte di Cassazione, Sezione III Civile, con la Sentenza n. 11950 del 16.05.2013, torna ad occuparsi di uno degli aspetti più controversi in materia di unitarietà del danno non patrimoniale e, nel riportarsi ad una precedente decisione delle proprie Sezioni Unite (sentenza 11 novembre 2008, n. 26972), sostiene che bisogna escludere l'esistenza di una categoria autonoma di danno esistenziale e che è ormai pacificamente sancito il principio dell'unitarietà del danno non patrimoniale, quale categoria omnicomprensiva che include anche il danno biologico ed il danno da reato.

Secondo la Corte "lo stesso pregiudizio di tipo estetico viene abitualmente risarcito all'interno del danno biologico, inclusivo di ogni pregiudizio diverso da quello consistente nella diminuzione o nella perdita della capacità di produrre reddito, tra cui appunto il danno estetico e alla vita di relazione", di conseguenza, poiché il danno biologico ha natura non patrimoniale e il danno non patrimoniale ha natura unitaria, è corretto l'operato del giudice di merito che liquidi il risarcimento del danno biologico in una somma onnicomprensiva.

Con la successiva Sentenza n.15707 del 21.06.2013 la Sezione II ha ribadito che il danno biologico, conseguente alla lesione del diritto alla salute garantito dall'art. 32 Cost., è ontologicamente diverso dal danno derivante dalla lesione di un diverso diritto costituzionalmente protetto. Di conseguenza non può essere risarcito come danno biologico il danno, cosiddetto esistenziale, che si affermi essere derivato da "stress psicologico da timore", per la compromissione della serenità e sicurezza del soggetto interessato, giacché detto stress è soltanto una conseguenza della lesione di un possibile interesse protetto il quale necessita di una previa individuazione, affinché possa parlarsi della sua lesione. A tal proposito, la Corte precisa, altresì, che la serenità e la sicurezza, di per sé considerate, non costituiscono diritti fondamentali di rango costituzionale inerenti alla persona, la cui lesione consente il ricorso alla tutela risarcitoria del danno non patrimoniale (cfr. Cass. 3284 del 2008). Infine, anche in questo caso la Corte afferma che non è ammissibile nel nostro ordinamento l'autonoma categoria di "danno esistenziale", inteso quale pregiudizio alle attività non remunerative della persona.
Nella Sentenza n.19963 del 30.08.2013 della III Sezione Civile si assiste, secondo alcuni, ad una vera e propria inversione di marcia laddove, a parere di chi scrive, si tratta di una precisazione della quale, evidentemente, si avvvertiva il bisogno.

Secondo i Giudici di Piazza Cavour, le macrolesioni che comportano un peggioramento, anzi uno sconvolgimento delle qualità della vita e la impossibilità della esplicazione delle qualità umane che non siano la capacità di produrre reddito e la integrità fisica valutata e valutabile sotto il profilo medico legale, assolvono di per sé stesse la funzione di esplicitare la esistenza del pregiudizio rilevante per il risarcimento del danno esistenziale, suscettibile di valutazione equitativa.

Il danno da perdita della vita di relazione è una componente del danno biologico ma che appartiene anche alla esplicazione della vita attiva e sociale, che viene ad essere totalmente disintegrata.
Tale voce esiste come componente del pregiudizio psico-fisico e va autonomamente risarcita.
La portata innovativa di tale ultima pronuncia, se di innovazione si tratta, potrà essere apprezzata soltanto nei mesi a venire, osservando l'orientamento che assumeranno gli avvocati e, soprattutto, le corti di merito.

Avv. Assunta Giordano - Altri articoli di questo autore
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