Avv. Francesca Cosentino- Com'è noto, la Cassazione e la Consulta hanno affermato l'esperibilità della sospensiva delle sentenze tributarie di prime e di seconde cure gravate in secondo e in terzo grado.
Sentenza della Corte di Cassazione n.2845/12 e della Corte Costituzionale n.109/2012.
Con la pronuncia del 24.02.2012, n.2845, la Corte di Cassazione ha sancito, infatti, il seguente principio di diritto: «Al ricorso per cassazione avverso una sentenza delle Commissioni Tributarie Regionali si applica la disposizione di cui all'art. 373,comma l, secondo periodo, c.p.c. giusta la quale ‘‘il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata può, su istanza di parte e qualora dall'esecuzione possa derivare grave e irreparabile danno, disporre con ordinanza non impugnabile che l'esecuzione sia sospesa o che sia prestata congrua cauzione". La specialità della materia tributaria e l'esigenza che sia garantito il regolare pagamento delle imposte impone una rigorosa valutazione dei requisiti del fumus boni iuris dell'istanza cautelare e del periculum in mora.»
Con la pronuncia n.109 del 26 aprile 2012, la Corte Costituzionale ha ribadito il principio di diritto e lo ha esteso alle sentenze di primo grado, in virtù del richiamo all'art.283 c.p.c.
Entrambe le Corti muovono dalla sentenza n. 217 del 17 giugno 20101 della Corte Costituzionale e dall'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art.49, D.Lgs.n.546/92, a cui tenore: "Alle impugnazioni delle sentenze delle commissioni tributarie si applicano le disposizioni del titolo III,capo I, del libro II del codice di procedura civile, escluso l'art.337 e fatto salvo quanto disposto nel presente decreto."
La riflessione per la Suprema è che l'art.49 esclude l'applicabilità al processo tributario dell'art.337 c.p.c., e, quindi, della identica regola generale stabilita dall'art. 373 c.p.c., comma 1, primo periodo (secondo cui l'esecuzione della sentenza non è sospesa per effetto della impugnazione di essa),ma non esclude l'applicabilità dell'eccezione stabilita dall'art.373 c.p.c., comma 1, secondo periodo (secondo cui il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata può, su istanza di parte e qualora dall'esecuzione possa derivare grave ed irreparabile danno, disporre con ordinanza non impugnabile che l'esecuzione sia sospesa).Infatti, questa sarebbe una eccezione propria del ricorso per cassazione, come tale svincolata dalla tipologia della sentenza gravata e, dunque, riferibile anche al ricorso per cassazione avverso le sentenze delle Commissioni Tributarie Regionali.
La riflessione per la Consulta è che l'art.49 impedisce che le impugnazioni delle sentenze tributarie non abbiano effetto sospensivo dell'esecuzione di queste (perché esclude la regola), per cui la concatenazione delle norme di cui all'art.49, all'art.337 c.p.c., e artt. 283, 373 e 407 c.p.c.2 (richiamati indirettamente dall'art.49) rende applicabili ‘a contrario' nel processo tributario le ipotesi di sospensione cautelare dell'esecuzione della sentenza impugnata previste dagli "artt. 283,373 … e 407 c.p.c., fatte salve dallo stesso art.337 del medesimo codice", id est delle sentenze di primo e di secondo grado.
Queste pronunce, pur costituendo la chiave di svolta dei Giudici di merito per dichiarare la sospensione delle sentenze tributarie ai sensi del codice di procedura civile, non hanno posto fine, a quanto emerge dai seguenti casi, al quadro conflittuale ed articolato tra le Commissioni tributarie regionali.
Recenti Orientamenti della giurisprudenza di merito.
Appena pochi mesi fa,la Commissione Tributaria Regionale per la Campania, con ordinanza del 5 marzo 2013, ha negato la tutela cautelare avverso la sentenza d'appello, adducendo che essa confligge con le disposizioni di cui agli artt.1,co 2, 47, commi 1 e 7, 61 e 49, co 1, parte finale, D.Lgs. n.546/92, atteso che: l'art.1, co 2, fa salve le norme speciali del T.U.; l'art.47, co 1 e 7, limita al primo grado la tutela cautelare avverso gli atti dell'A.F.; l'art.61 sancisce l'osservanza in appello delle norme di primo grado e, dunque, in teoria pure dell'art.47,ma l'art.49,norma speciale validata a monte dall'art.1,co 2, esclude l'art.337 c.p.c. in appello, cioè la sospensiva della sentenza e, quindi, implicitamente pure la sospensiva dell'atto dell'A.F.
Inoltre,dissentendo del tutto per il predetto motivo dall'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art.49 in relazione alla scissione dell'art.337 e dell'art.373 c.p.c., il Giudice ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art.49, co 1, per contrasto con gli artt.2 e 4, Cost. e 6, C.E.D.U in relazione all'art.10, Cost., nella parte in cui non prevede la possibilità di sospensione dell'efficacia dei provvedimenti impositivi ed esecutivi dell'A.F., confermati da sentenze di primo grado e di appello, ove ricorra il pericolo di un danno grave ed irreparabile, con carattere di irreversibilità e non altrimenti evitabile, ad uno dei diritti inviolabili riconosciuti e tutelati dagli artt.2 e 4, Cost. e dall'art.6, C.E.D.U.
La C.T.R. di Bari, con ordinanza n. 8/5/13 del 20 maggio 2013, ha dichiarato inammissibile l'istanza di sospensione della sentenza d'appello in pendenza del giudizio di Cassazione, affermando che non esiste un principio costituzionale di necessaria tutela cautelare nei vari tipi di processo e che è necessario rispettare la normativa del D.Lgs. n.546/92 contraddistinta da evidente specialità.
Il Collegio di Bari ritiene che la disciplina processual-civilistica sulla sospensione cautelare delle sentenze sia inapplicabile ad alcuno dei riti tributari d'impugnazione; ciò sulla base di tre argomentazioni: 1) l'art.49, D.Lgs. n.546/92 nel rinviare al codice di procedura civile esclude espressamente l'applicazione dell'art.337 c.p.c. sulla sospensione dell'esecuzione della sentenza; 2) l'art.68, D.Lgs. n.546/92, disciplinando la riscossione frazionata delle imposte e delle sanzioni in pendenza del procedimento, esclude implicitamente la possibilità di procedere alla sospensione delle sentenze di primo e di secondo grado; 3) la Corte Costituzionale, investita più volte, ha dichiarato infondate le questioni di legittimità degli artt.47 e 49,D.Lgs. n.546/92 in riferimento agli artt. 3 e 24, Cost. e, con ordinanza n. 119 del 2007 ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità dell'art.283 c.p.c., asserendo l'inapplicabilità al giudizio d'appello della tutela cautelare prevista dall'art.47, D.Lgs. n.546/92.
Tali Commissioni hanno disatteso, dunque, l'argomentazione delle Corti e forse, non a torto, ove si pensi che la norma eccezionale di cui all'art.373 c.p.c. contrasti col sistema tributario, nel cui ambito il titolo esecutivo da sospendere non è costituto dalla sentenza, ma unicamente dall'atto impositivo o di riscossione. Il che renderebbe preferibile ragionare in termini di lettura costituzionalmente orientata degli artt.47,co 1 e 7, 68 e 61,D.Lgs. n.546/92, riguardanti rispettivamente la sospensione dell'atto,la sua esecuzione parziale e le norme applicabili in appello ed altresì dell'art.19,co 2, D.Lgs. n.472/97,3 sull'esecuzione delle sanzioni in appello.
L'interpretazione adeguatrice di queste norme consentirebbe di estendere ai riti d'impugnazione la tutela cautelare avverso il titolo esecutivo nel rispetto del sistema.
Altre Commissioni hanno accolto la nuova impostazione di diritto.
La C.T.R. per la Lombardia, con ordinanza n. 9/22/2013 del 8 marzo, ha riconosciuto la tutela cautelare ricorrendo, nel caso, oltre al fumus boni iuris, un fondato periculum in mora: una particolare difficoltà finanziaria che avrebbe pregiudicato la possibilità di prosecuzione dell'attività e il mantenimento del rapporto di lavoro con i dipendenti, ove si fosse proceduto al pagamento di quanto iscritto a ruolo.
La C.T.R. per il Lazio, con ordinanza n.217/06/2013 del 25 giugno, valutato il fumus boni iuris, ha sospeso la sentenza d'appello impugnata in Cassazione per evitare al contribuente un grave ed irreparabile danno,ivi derivante da "una forte esposizione debitoria comportante la mancanza di liquidità e (da) una elevata percentuale di utilizzo delle linee di fido bancarie, situazione aggravata dalla crisi congiunturale che attualmente colpisce l'economia", per cui il pagamento dell'importo esposto nella cartella avrebbe rischiato "di compromettere seriamente ed ulteriormente l'equilibrio economico-finanziario della società".
La C.T.R. per la Sardegna, con ordinanza n.18/01/13 del 22 aprile 2013, ha accolto la richiesta di sospensione avanzata dalla società, sussistendo il fumus ed il periculum.
Tuttavia, le suddette Commissioni hanno basato il percorso motivazionale o sull'adesione tout court al nuovo principio o su argomenti diversificati da esso.
Il Giudice per la Sardegna ha accolto la richiesta sulla pura considerazione che sia la Corte di Cassazione (Sent. n. 2485/2012) che la Corte Costituzionale (Sent. n.109/2012) hanno ritenuto ammissibile il ricorso all'art. 373 c.p.c. qualora sussistano i requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora.
Il Giudice Lombardo ha esposto che, nell'ottica dell'interpretazione adeguatrice della Consulta, la norma dell'articolo 373 c.p.c., co I,secondo periodo, risulta "compatibile con il regime gradato dell'esecutività dell'atto amministrativo impugnato in relazione allo stato del procedimento, come disciplinato dall'articolo 68 del D.Lgs. n. 546/1992, poiché evidentemente la sospensione si riferisce alla sola parte del tributo immediatamente esecutiva secondo quel regime e quello stato del processo".
Il Giudice Romano ha spiegato che disconoscere la possibilità di inibitoria - in favore del contribuente - costituirebbe una negazione illogica e al tempo stesso giuridicamente "paradossale" del diritto di difesa (art.24, Cost.), posto che la tutela cautelare è prevista sia nel processo civile che in quello amministrativo e che, anche, la giurisprudenza della Corte Europea è orientata a garantire la tutela cautelare del contribuente nel processo tributario.
Tanto avvalora l'ipotesi che, anche tra le commissioni regionali allineate alle posizioni interpretative (nomofilattica) della Cassazione e (adeguatrice) della Consulta sorgono timori a condividere il percorso logico-argomentativo prospettato dalle Corti e fondato sulla dicotomia tra ‘regola' ed ‘eccezione'. Ciò, a sua volta, dimostra l'esistenza sia di fondati rischi di interpretazione applicativa del principio di diritto4, sia principalmente di una forzatura, recte, di un'aporia nella costruzione della sospensiva riflessa del titolo esecutivo (i provvedimenti dell'A.F.) dalla sospensiva della sentenza provinciale e regionale, che, in questo processo, si ribadisce, non costituisce il titolo esecutivo.5
Considerazioni finali.
Pertanto, sebbene le statuizioni ‘ermeneutiche', volte ad estendere ai giudizi successivi al primo grado la tutela cautelare del contribuente avverso atti che incidono negativamente nella sua sfera giuridica, siano più che pregevoli e segnino un passo importante e doveroso, si deve dedurre che la questione non sembra aver trovato in giurisprudenza una sistemazione definitiva e in armonia col sistema tributario.
Del resto, le pronunce della Cassazione e della Consulta hanno il limite di non aver proceduto alla ricostruzione sistematica e complessiva della tutela cautelare,perciò, di non aver dissipato i dubbi sul suo inquadramento nella normativa processual-tributaria.
Talché è auspicabile che sia il legislatore a disegnare molto presto la normativa sulla Sospensione dell'esecuzione in appello e in cassazione secondo le indicazioni già espresse nel disegno di legge varato il 10 settembre 1999 dal Consiglio dei Ministri, mai approvato dal Parlamento, a cui tenore: "La Commissione tributaria regionale può sospendere l'esecuzione (dell'atto s'intende) applicando, in quanto compatibili, le disposizioni che regolano la sospensione dell'atto impugnato da parte della Commissione provinciale (art. 47, D.Lgs. n. 546/1992)."
Note
1. Con la sentenza n. 217 del 17 giugno 2010, nel dichiarare inammissibile la questione di legittimità dell'art.49, co 1, D.Lgs n. 546/92 in riferimento agli art.3,23,24,111 e 113 Cost., nonché, quale norma interposta all'art. 10 Cost., in riferimento all'art. 6, comma 1, della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con l. 4 agosto 1955 n. 848, la Corte rileva e sottolinea che il rimettente, nonostante la mancanza di un diritto vivente sul punto, non aveva esperito alcun tentativo di interpretare la disposizione censurata nel senso che essa consenta l'applicazione al processo tributario della sospensione cautelare prevista dall'art.373 c.p.c., con conseguente insussistenza del prospettato contrasto con gli evocati parametri costituzionali.
In precedenza, il Giudice delle leggi con varie pronunce - Sentenza n.165, 31 maggio 2000; Ordinanze nn. 217, 19 giugno 2000; e n. 325, 27 luglio 2001- aveva dichiarato infondate le questioni di legittimità degli artt.47 e 49,D.Lgs n.546/92 in riferimento all'art.3 e all'art.24 Cost.; con l'ordinanza n. 119, 5 aprile 2007, aveva dichiarato inammissibile la questione di legittimità dell'art.283 c.p.c., e riconosciuto l'inapplicabilità al giudizio d'appello della tutela cautelare di cui all'art.47, D.Lgs n. 546/92.
2. Gli articoli 283,373 .. e 407 c.p.c. sono menzionati nell'(escluso)art. 337 c.p.c., secondo periodo, a cui tenore: L'esecuzione della sentenza non è sospesa per effetto dell'impugnazione di essa, salvo le disposizioni degli articoli 283, 373, 401 e 407.
3. Per l'art.19, 2. D.Lgs n.472/97: La commissione tributaria regionale può sospendere l'esecuzione (delle sanzioni nda) applicando, in quanto compatibili, le previsioni dell'articolo 47 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.
4. Ad esempio che, a chiedere la sospensione degli effetti della sentenza sia l'ente impositore o di riscossione per cui, pur in presenza di una sentenza favorevole (totale o parziale), il contribuente potrebbe subire l'esecuzione dell'atto impositivo, coll'effetto distorsivo che la tutela cautelare, concepita come esclusiva garanzia del contribuente, invece, gli si possa ritorcere contro.
5. … Infatti, la sentenza non riguarda la condanna al pagamento di somme bensì riguarda la domanda di annullamento dell'atto impugnato, e quindi, essa ha ad oggetto il rigetto o l'accoglimento del ricorso avverso quell'atto dotato di valore esecutivo. Il pagamento a seguito della sentenza di rigetto, anche parziale, del ricorso non si giustifica allora sulla base della sentenza, ma sulla base del titolo esecutivo che non sia stato annullato, in toto o in parte, dalla sentenza.
Avv. Francesca Cosentino
Foro di Catania
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