Brevi note a Consiglio di Stato, Sezione III, n° 4359 del 19.07.2011

Un'Azienda Sanitaria Locale contestava ad una Casa di cura la fatturazione in soprannumero rispetto ai posti letto accreditati per ogni branca specialistica, attraverso il ricovero dei pazienti su posti appartenenti ad altre discipline.

La struttura a sua volta impugnava alcuni atti delibeti dall'AUSL, obiettando che il sistema dell'accreditamento istituzionale non sarebbe fondato sulla ripartizione per disciplina specialistica dei posti letto, bensì sulla capacità della struttura sanitaria, considerata nel suo complesso, di erogare le prestazioni.

A sostegno di tale tesi la suddetta Casa di Cura ha osservato che nel contratto ex art. 8-quinquies del D.Lgs. n. 502/92 sottoscritto con la Regione riguardava un tetto di spesa fissato globalmente, dunque si sarebbe dovuto considerare la specificità dell'assetto organizzativo dipartimentale della stessa Casa di Cura (con il coordinamento delle attività riconducibili a distinte branche specialistiche), tale da giustificare i ricoveri fatti utilizzando i posti letto ricompresi nella stessa unità funzionale o raggruppamento.

Il Tar respingeva tale tesi, argomentando che il fondamento del sistema dell'accreditamento istituzionale delle strutture sanitarie poggia sulla necessaria corrispondenza tra il fabbisogno delle prestazioni definito dalla programmazione regionale e il volume di esse che l'Azienda sanitaria si impegna a remunerare, come stabilito nel regolamento regionale assunto con apposita delibera di Giunta Regionale. Ditalché, nessuno scostamento da tale "modus operandi" avrebbe potuto ritenersi legittimo, poiché le prestazioni di ricovero vanno ancorate alle singole discipline. Ad ogni posto letto, insomma, deve necessariamente corrispondere una specifica prestazione di cura (riferibile solo alla branca specialistica accreditata, in maniera che la spesa sanitaria sia correttamente impiegata nel quadro della programmazione regionale del fabbisogno).

Avverso le tre sentenze del Tar la Casa di Cura proponeva altrettanti atti di appello, deducendo plurimi motivi di violazione di legge e di eccesso di potere.

La vicenda muove dal fatto che la Asl aveva imposto alla casa di cura appellante, struttura accreditata, di trasmettere quotidianamente: 1) i dati relativi ad ogni paziente ricoverato; 2) i dati relativi alla singola diagnosi, al codice struttura e orario ingresso; 3) il numero dei posti letto occupati per ogni branca specialistica. In caso di mancato invio nei termini appena descritti, i ricoveri non sarebbero stati riconosciuti e quindi le prestazioni non sarebbero state remunerate.

Secondo l'appellante, tuttavia, nessuna norma statale o regionale prevederebbe che i ricoveri in una struttura sanitaria debbano essere effettuati nel limite giornaliero dei posti letto accreditati per singola disciplina, e l'attuale sistema di remunerazione delle prestazioni rese nell'ambito del servizio sanitario dai soggetti accreditati, prescinderebbe dalle giornate di degenza e dalla occupazione dei posti letto, riguardando esclusivamente la tipologia e la quantità delle prestazioni per ognuna delle quali vige una specifica tariffa.

Dalla normativa nazionale e regionale di riferimento dovrebbe evincersi che il numero di posti letto accreditati in riferimento ad ogni singola disciplina, non costituisce il limite dei ricoveri effettuabili nella singola giornata, ma esclusivamente il limite entro il quale deve essere contenuta la definizione contrattuale del c.d. "tetto di spesa". Secondo l'appellante, dunque, le prestazioni rese vanno pagate dall'AUSL ove la struttura accreditata eroghi prestazioni nei limiti previsti per ogni disciplina considerata sotto l'aspetto del tetto di spesa oggetto di contrattualizzazione, dovendosi solo verificare se effettivamente quanto richiesto e dichiarato dalla struttura accreditata corrisponda al vero, e cioè quante prestazioni siano state effettivamente erogate per conto del servizio sanitario nazionale.

L'appellante porta l'esempio di un soggetto che necessiti, in ipotesi, di un intervento chirurgico di cardiologia (cardiochirurgia): la Asl non potrebbe rifiutarsi di rimborsare la prestazione solo perché al momento del ricovero la struttura non disponeva di un posto letto nella relativa branca pur avendo letti liberi in altra disciplina affine, cioè ricompresa nella ambito della stessa area dipartimentale, ad esempio in cardiologia. In sintesi, sarebbe irragionevole la pretesa della Asl di definire il limite delle prestazioni erogabili sulla base dei posti letti accreditati giornalmente, e non sulla base delle prestazioni erogate in riferimento alle singole discipline, non essendo le prestazioni dettagliatamente individuate a monte nella loro tipologia e quantità.

Al fine di inquadrare nella giusta prospettiva le problematiche sollevate, sostiene la corte, occorre partire da due premesse, e cioè che 1), spetta alla Regione pianificare con ampia discrezionalità la spesa sanitaria pubblica, e che 2), tale atto programmatorio condiziona il diritto alla salute legandolo indissolubilmente al suo costo finanziario (cfr. Cons. Stato, V, 11.08.2010 n° 5632). Inoltre, c'è da dire che l'accreditamento di strutture sanitarie private, da qualificare come rapporto concessorio di servizio pubblico nel settore sanitario (Cons. Stato, V, 6.02.2008 n° 365), trova il suo presupposto, per un verso, nella specialità e disciplina che sono state proposte dal privato attraverso la domanda di accreditamento, e per altro verso nelle carenze rilevate a livello regionale. Pertanto le strutture sanitarie private possono erogare prestazioni per conto e a carico del servizio sanitario regionale solo se ricorrano le condizioni concomitanti di essere istituzionalmente accreditate e nel limiti dei contratti stipulati con le AUSL (Cons. Stato, V, 6.02.2008 n° 365, già cit.).

In sostanza ogni atto di accreditamento non può prescindere dalle prestazioni e posti letto distinti per specialità e disciplina e, correlativamente, l'importo complessivo assegnato alle singole strutture sanitarie accreditate non è un dato che rimane nella disponibilità della stessa struttura privata accreditata, bensì un dato massimo erogabile, e calcolato sulla base delle prestazioni e attività ritenute carenti nelle strutture pubbliche.

Ne deriva che l'accreditamento non riguarda la struttura in sé considerata, ma i posti letto suddivisi per disciplina esistenti nella struttura, mentre il successivo contratto previsto dalla normativa statale (art. 2, comma 7, D.P.R. 14.1.1997 e art. 8 quater comma 2 D. Lvo 30.01.1992 n° 502, come aggiunto dal D.L.vo 19.06.1999 n° 229) e dalla normativa regionale di settore, costituiscono le condizioni ed i limiti entro i quali porre a carico del servizio sanitario nazionale le prestazioni erogate dalla struttura.

D'altro canto il potere dei soggetti pubblici in tale ambito ha carattere autoritativo e vincolante, mentre la posizione dei soggetti privati che nel sistema sanitario si muovono con logica imprenditoriale è di norma a tutela di interessi legittimi (Cons. Stato, V, 11.08.2010 n° 5362; Cons. Giust. Amm. Regione Sicilia, 28.04.2008, n° 268).

L'importo globale assegnato dalla AUSL sulla base del contratto stipulato dalla società X con la stessa AUSL, connesso con il provvedimento regionale di accreditamento della casa di cura è vincolato quindi ai posti letto ripartiti per singola branca, così come risultanti dai provvedimenti autoritativi regionali di concessione dell'accreditamento, nel totale di 116, e in particolare 16 in ortopedia, 10 in cardiologia, 10 in oftalmologia, 30 in cardiochirurgia ecc..

Venendo al punto nodale della vicenda, è la stessa logica sottesa alla pianificazione dei posti letto sfociato nell'accreditamento a determinare il carattere giornaliero dell'accreditamento suddiviso per singola disciplina; diversamente ragionando, come osservato dalle appellate, se fossero 116 i posti letto annuali, si avrebbe un numero di posti letto accreditati pari a 116 diviso il numero dei giorni dell'anno, il che oltre che contrario agli interessi della appellante è anche inverosimile.

Pertanto il collegamento tra il numero dei posti letto e specialità stabilito, prima nel piano regionale, poi nelle singole convenzioni è vincolante, e il superamento delle degenze giornaliere previste per le singole specialità non è consentito alle case di cura. Diversamente si comprometterebbe l'interesse pubblico al controllo della spesa sanitaria, e alla corretta destinazione delle risorse disponibili.

L'interpretazione sostenuta dalla appellante produrrebbe effetti abnormi, del tipo che un paziente affetto da patologia per la quale all'interno della struttura della casa di cura sia previsto un posto letto accreditato, non potrebbe usufruirne perché al momento del ricovero il suo posto letto sarebbe occupato da altro paziente affetto da altra patologia per la quale l'accreditamento non è stato conferito.

Quanto all'affermazione dell'appellante secondo cui la previsione per prestazioni complessivamente erogabili risulterebbe fissata nel contratto ex art. 8-quinquies del D.Lgs. n° 502/1992, deve rilevarsi che tale accordo non può aver riguardo a prestazioni di ricovero sganciate da quelle rientranti nell'ambito delle discipline e del numero posti-letto per ciascuna accreditati,  ponendosi il contratto in un momento successivo rispetto al procedimento di accreditamento che ha concesso un dato numero di posti letto, ripartiti nelle diverse branche (conformemente alla richiesta di accreditamento, anch'essa formulata con riguardo distintamente alle discipline specialistiche).

Dunque, la fissazione del limite di spesa, seppure espresso numericamente nell'ammontare globale, è il risultato della somma dei "budget" singolarmente assegnati.

Pertanto, la richiesta di ottenere i dati giorno per giorno monitorando gli ingressi e le presenze costituisce una modalità idonea ad accertare adeguatamente gli scostamenti dall'obbligo di utilizzare i posti letto per le discipline accreditate.

Trattandosi di accertamento preordinato allo scopo di vigilare sulla destinazione della spesa sanitaria, come rilevato dal primo giudice, il potere che si è inteso esercitare deve reputarsi pienamente ammissibile, non potendo dubitarsi che la P.A. goda di ampi poteri di controllo sul corretto impiego delle risorse pubbliche.

Men che meno emerge quale elemento da valorizzare l'organizzazione dipartimentale della quale si è dotata la casa di cura appellante, che da tale circostanza pretenderebbe staturisca una remunerazione delle prestazioni effettuate in soprannumero per la singola disciplina accreditata, avvalendosi di posti letto accreditati per altra disciplina (es. cardiochirurgia e cardiologia).

Come rilevato dalle resistenti, l'organizzazione dipartimentale che ex art. 17 bis del d.lgs. 502 del 1992 va riferita ai soli soggetti pubblici, attiene unicamente agli aspetti organizzativi interni della struttura sanitaria, ma è inidonea a superare o eludere il sistema dell'accreditamento istituzionale e del contratto basati sulla remunerazione a tariffa di prestazione e posti letto.

(Tratto dalla Rivista Bimestrale "Gazzettino Abruzzese", anno XXI - Settembre/Dicembre 2011 - numero 5/6)


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