Dott. Emanuele Mascolo -L'individuazione dell'area destinata ai distributori di carburanti, definiti "pertinenze di servizio" dall'art. 24 del Codice della Strada, non è di competenza esclusiva dell'ente proprietario, il quale può soltanto determinarne il numero minimo.
È quanto ha stabilito il Tar Piemonte Torino, nella sentenza n. 476 del 19 marzo 2014, occupandosi del diniego dell'Anas nei confronti della richiesta di autorizzazione all'apertura di un distributore di carburante.
Nel caso di specie, l'Anas, quale soggetto proprietario della strada, aveva espresso parere negativo, considerando che l'istanza non poteva essere accolta poiché erano "in corso di definizione i Piani di localizzazione delle aree di servizio lungo le autostrade e i raccordi autostradali" in gestione diretta da parte della stessa.
Ripercorrendo l'evoluzione della normativa in materia, il giudice amministrativo ha evidenziato la peculiarità del regime giuridico delle pertinenze di servizio, le quali, nella ratio del legislatore del '92, non essendo assoggettate al medesimo rapporto di pertinenzialità strutturale e funzionale delle pertinenze di esercizio (considerate "parte integrante della strada") possono ben appartenere, ex art. 24, co. 5, del d. lgs. n. 285/1992, "anche a soggetti diversi dall'ente proprietario e che di esse nelle previsioni progettuali va imposto soltanto il numero minimo", sottolineando, inoltre, che l'art 60 del d.p.r. n. 495/1992 prevede che "per le pertinenze che costituiscono aree di servizio destinate al rifornimento e al ristoro, le previsioni progettuali si limitano ad individuarne il numero minimo in relazione alle esigenze, in accordo con i piani regionali di riorganizzazione della rete di distribuzione dei carburanti", e, soffermandosi, infine, sulla normativa regionale, di cui all'art. 14 lett. b) della l.r. Piemonte n. 44/2000, la quale in attuazione del d.lgs. n. 112/1998, "ha conferito ai comuni la competenza al rilascio delle concessioni per l'installazione e l'esercizio di detti impianti" disponendo, attraverso l'art. 1 della d.g.r. n. 72-2681 del 2001 che "alla domanda di rilascio della concessione per l'installazione e l'esercizio del nuovo impianto autostradale debba essere allegata - tra gli altri documenti - una dichiarazione di assenso da parte della Società titolare della concessione autostradale o dell'Anas".
Sulla scorta delle argomentazioni svolte, il Tar ha, quindi, considerato che "il diniego dell'Anas, motivato sulla circostanza che le stazioni di servizio possono essere realizzate esclusivamente su aree all'uopo individuate dell'ente proprietario della strada, poi date in concessione, è erroneo e illegittimo, in quanto non adeguato al mutamento di normativa intervenuto".
Per cui ha accolto il ricorso statuendo che "l'individuazione di dette aree non è di esclusiva competenza dell'ente proprietario, che non può neppure più stabilire il numero massimo, ma ai sensi del codice della strada, può soltanto determinarne il numero minimo (cfr. Cons. St., sez. IV, 6 luglio 2009, n. 4338). La localizzazione è invece rimessa al progetto stradale solo per le pertinenze che non costituiscono aree di servizio. L'atto impugnato è quindi tributario di un'errata interpretazione del richiamato quadro normativo".
È quanto ha stabilito il Tar Piemonte Torino, nella sentenza n. 476 del 19 marzo 2014, occupandosi del diniego dell'Anas nei confronti della richiesta di autorizzazione all'apertura di un distributore di carburante.
Nel caso di specie, l'Anas, quale soggetto proprietario della strada, aveva espresso parere negativo, considerando che l'istanza non poteva essere accolta poiché erano "in corso di definizione i Piani di localizzazione delle aree di servizio lungo le autostrade e i raccordi autostradali" in gestione diretta da parte della stessa.
Ripercorrendo l'evoluzione della normativa in materia, il giudice amministrativo ha evidenziato la peculiarità del regime giuridico delle pertinenze di servizio, le quali, nella ratio del legislatore del '92, non essendo assoggettate al medesimo rapporto di pertinenzialità strutturale e funzionale delle pertinenze di esercizio (considerate "parte integrante della strada") possono ben appartenere, ex art. 24, co. 5, del d. lgs. n. 285/1992, "anche a soggetti diversi dall'ente proprietario e che di esse nelle previsioni progettuali va imposto soltanto il numero minimo", sottolineando, inoltre, che l'art 60 del d.p.r. n. 495/1992 prevede che "per le pertinenze che costituiscono aree di servizio destinate al rifornimento e al ristoro, le previsioni progettuali si limitano ad individuarne il numero minimo in relazione alle esigenze, in accordo con i piani regionali di riorganizzazione della rete di distribuzione dei carburanti", e, soffermandosi, infine, sulla normativa regionale, di cui all'art. 14 lett. b) della l.r. Piemonte n. 44/2000, la quale in attuazione del d.lgs. n. 112/1998, "ha conferito ai comuni la competenza al rilascio delle concessioni per l'installazione e l'esercizio di detti impianti" disponendo, attraverso l'art. 1 della d.g.r. n. 72-2681 del 2001 che "alla domanda di rilascio della concessione per l'installazione e l'esercizio del nuovo impianto autostradale debba essere allegata - tra gli altri documenti - una dichiarazione di assenso da parte della Società titolare della concessione autostradale o dell'Anas".
Sulla scorta delle argomentazioni svolte, il Tar ha, quindi, considerato che "il diniego dell'Anas, motivato sulla circostanza che le stazioni di servizio possono essere realizzate esclusivamente su aree all'uopo individuate dell'ente proprietario della strada, poi date in concessione, è erroneo e illegittimo, in quanto non adeguato al mutamento di normativa intervenuto".
Per cui ha accolto il ricorso statuendo che "l'individuazione di dette aree non è di esclusiva competenza dell'ente proprietario, che non può neppure più stabilire il numero massimo, ma ai sensi del codice della strada, può soltanto determinarne il numero minimo (cfr. Cons. St., sez. IV, 6 luglio 2009, n. 4338). La localizzazione è invece rimessa al progetto stradale solo per le pertinenze che non costituiscono aree di servizio. L'atto impugnato è quindi tributario di un'errata interpretazione del richiamato quadro normativo".
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