di Antonella Corradi - Nella realtà che stiamo vivendo, sembra difficile credere che ci si possa interrogare sul fatto se, effettivamente, i dati possano essere di ausilio nella lotta al Covid-19.
Vi sono molti dubbi su questo, giustificati dal fatto che viviamo in un continente frammentato, diviso dal punto di vista digitale ed anche per questo non pronto ad affrontare quella che ormai è diventata una pandemia.
Anche il contact tracing, una tecnologia usata con successo in molti Stati, ha messo in difficoltà l'Europa per i motivi suesposti.
I dati sugli spostamenti dei cittadini
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In Italia si tratterebbe di utilizzare i dati relativi agli spostamenti dei cittadini allo scopo di verificare se si è entrati in contatto con soggetti che possano essere risultati positivi al Covid-19, quindi, mettere a confronto i dati relativi agli spostamenti e quelli relativi alle dinamiche epidemiologiche per controllare lo sviluppo dell'epidemia.
Sarebbe importante poi poter prendere in considerazione il rapporto intercorrente tra le basi dati e i sistemi informativi delle Autorità sanitarie, chiaramente nel pieno rispetto della normativa vigente in materia di privacy.
Cosa dice il Gdpr
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A tal proposito, il Gdpr prevede alcune eccezioni in merito al trattamento dei dati personali in situazioni come quella che stiamo vivendo, ed in cui comunque il diritto alla protezione dei dati personali deve conciliarsi con diritti costituzionalmente garantiti che, nella fattispecie, è il diritto alla salute.
Il Gdpr, all'articolo 9, disciplina il diritto alla salute tra quelli particolari per il cui trattamento si richiede il consenso dell'interessato, salvo in qualche eccezione, come ad esempio la medicina preventiva, la medicina del lavoro, ma anche nel caso della protezione da gravi minacce per la salute a carattere trasnfrontaliero.
I dati personali di cui al paragrafo 1 dell'articolo 9 del Gdpr "possono essere trattati per le finalità di cui al paragrafo 2, lettera h), se tali dati sono trattati da o sotto la responsabilità di un professionista soggetto al segreto professionale conformemente al diritto dell'Unione o degli Stati membri o alle norme stabilite dagli organismi nazionali competenti o da altra persona anch'essa soggetta all'obbligo di segretezza.
La geolocalizzazione
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Il caso del Covid-19, introduce, dal punto di vista della privacy anche una casistica diversa che prevede la geolocalizzazione che contiene in sé l'uso di dati personali.
In questo caso è più corretto parlare di comunicazione di dati, e questa fattispecie è disciplinata dall'articolo 15 della Direttiva E-privacy, che così dispone: "una comunicazione può comprendere qualsiasi informazione relativa al nome, al numero e all'indirizzo fornita da chi emette la comunicazione o dall'utente di un collegamento al fine di effettuare la comunicazione. I dati relativi al traffico possono comprendere qualsiasi traslazione dell'informazione da parte della rete sulla quale la comunicazione è trasmessa allo scopo di effettuare la trasmissione.
I dati relativi al traffico possono tra l'altro consistere in dati che si riferiscono all'instradamento, alla durata, al tempo o al volume di una comunicazione, al protocollo usato, all'ubicazione dell'apparecchio terminale di chi invia o riceve, alla rete sulla quale la comunicazione si origina o termina, all'inizio, alla fine o alla durata di un collegamento. Possono anche consistere nel formato in cui la comunicazione è trasmessa dalla rete.
Tutti questi dati però devono essere utilizzati dalle forze dell'ordine soltanto in una situazione emergenziale, così come sarebbe utile avere contezza delle organizzazioni che possono accedere a questi dati.
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