La proposta CNF su Recovery Plan sottolinea l'importanza di riformare la giustizia passando per smaltimento dell'arretrato e alleggerimento dei carichi, affidando nuovi compiti agli avvocati

CNF e Recovery fund: le proposte per riformare la giustizia

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Nei giorni scorsi, il Consiglio nazionale Forense ha inviato a Governo e Guardasigilli un corposo documento contenente una serie di proposte dettagliate e sistemiche a supporto del "Piano nazionale di ripresa e resilienza". Si tratta di un testo con cui gli avvocati mirano a fornire il proprio "contributo alla modernizzazione della giustizia" ai fini dell'attuazione del Recovery plan.


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Difatti, la proposta di intervento del CNF si iscrive in due delle missioni individuate dal governo nel Recovery plan, quelle relative alla giustizia e all'occupazione. Al suo interno emerge un catalogo di interventi dettagliato, che si snoda lungo direttrici strettamente interconnesse, ovvero: razionalizzazione e semplificazione del quadro normativo esistente, investimento nell'organizzazione della giustizia, la formazione di professionalità di alto livello per la gestione degli uffici e implemetazione di competenze specifiche degli operatori del settore.

Smaltimento dell'arretrato

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Non sorprende, dunque, che il testo si soffermi su uno degli annosi problemi del nostro sistema giudiziario, ovvero lo smaltimento dell'arretrato: si afferma, infatti, come qualsiasi riforma del sistema giudiziario risulterebbe inefficace ove si non facesse fronte, in modo serio e aggressivo, a tale problematica.


Tra l'altro, evidenzia il documento, nell'ambito delle richieste effettuate per lo sblocco dei 209 miliardi di euro destinati all'Italia dal Recovery Fund, la stessa Unione Europea ha ribadito al nostro Paese la necessità di una profonda riforma del sistema giudiziario tesa a ridurre, oltre che ai i tempi di giudizio, anche l'arretrato civile.


Nonostante si prenda atto dei seri investimenti nel reclutamento di personale della magistratura avviati a partire dal 2014, si evidenzia anche come rispetto all'arretrato l'Italia presenti un numero non adeguato di giudici in organico, essendo tra i Paesi europei quello con il numero più elevato di cause pendenti pro-capite. Ciononostante, il Clearance Rate (la capacità di smaltire le cause senza accumularne di nuove) presenta un valore positivo con la conseguenza che si rende ancor più necessario un intervento straordinario volto a far fronte ai carichi di questo tipo.

A tal fine, il CNF propone di separare i percorsi di giudizio tra nuove cause iscritte e cause pendenti da un numero di anni che abbia ormai superato la durata media individuata ai sensi della legge Pinto o che risulti inferiore di un delta preindividuato (che potrebbe oscillare tra i sei e i dodici mesi). La decisione di queste ultime potrebbe essere affidata alle Camere arbitrali amministrate dai Consigli dell'Ordine degli Avvocati ovvero da altri soggetti a vocazione pubblicistica

Investire nella giustizia complementare

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Secondo il CNF, inoltre, appare indispensabile investire nella giustizia complementare, ossia nell'arbitrato rituale, il ricorso al quale (anche in ragione dei costi) rimane ancora esiguo ed elitario, nonostante sia stato riconosciuto quale vero equipollente giurisdizionale (cfr. C. Cost. 376/2001) in virtù delle sue caratteristiche.


Il CNF ritiene dunque necessario puntare alla diffusione e implementazione dell'istituto, magari attraverso la valorizzazione delle sedi pubbliche o pubblicistiche di amministrazione delle relative procedure e la concessione di benefici fiscali a chi le prescelga.


Importante supportare con un adeguato investimento in benefici fiscali e agevolazioni indirette anche l'istituto previsto dall'art. 2 della L. n. 132/2014, ovvero il trasferimento in arbitrato delle cause pendenti, modificandone altresì taluni snodi processuali. Anche questo costituirebbe un sistema opportuno e affidabile per lo smaltimento dell'arretrato.


La soluzione migliore, proposta dal CNF, è quella di affidare ai Consigli dell'Ordine degli Avvocati tale compito, finanziando adeguatamente l'operazione: ciò, infatti, presenterebbe meno oneri in termini di risorse finanziarie, umane e materiali rispetto ad altre già sperimentate e fondate sull'aumento di organico di magistrati onorari, operazione che, oltretutto determina problemi di inquadramento e stabilizzazione del precariato.

Sedi alternative di risoluzione del conflitto

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Il documento evidenzia come molte liti, in ragione del valore esiguo, del contesto in cui sorgono (familiare, rapporti destinati a proseguire nel tempo come quelli societari o condominiali), delle condizioni personali dei litiganti (sovraesposizione debitoria della famiglia), troverebbero migliore occasione di composizione in contesti più "collaborativi", ovvero meno strutturati e, di per sé, meno conflittuali rispetto al processo.


Occorre, dunque, valorizzare gli strumenti ADR offrendo benefici reali a chi si orienta verso tali procedure: agevolazioni fiscali, estensione del patrocinio a spese dello Stato, equiparazione dell'"ambiente" a quello processuale con riferimento agli effetti della pendenza della lite e così via. Importante anche un coordinamento e un riordino dell'intera materia, che secondo il CNF passa tramite l'elaborazione di un testo unico innovativo.

Procedimento per ingiunzione: fase monitoria agli avvocati

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Sempre con l'obiettivo di alleggerire i carichi processuali in capo ai giudici, il CNF propone di esternalizzare la fase monitoria del procedimento per ingiunzione, affidando agli avvocato lo svolgimento della prima fase "sommaria".

Tale momento, infatti, non prevede il contraddittorio con il debitore e si conclude con l'emanazione di un provvedimento sulla base di una verifica quasi esclusivamente documentale in cui l'esercizio di discrezionalità del giudicante è del tutto assente o ridotto al minimo. La fase relativa all'opposizione al decreto ingiuntivo rimarrebbe, invece, affidata al magistrato.

Affidare tale "servizio" ai Consigli dell'Ordine degli Avvocati, si legge nel documento, sarebbe soluzione opportuna e appropriata, conducendo, anche in questo caso, ad una deflazione dei ruoli giudiziari consistente, posto che il 71% dei procedimenti sommari introdotti nel 2019 (ossia il 29% del contenzioso civile di area SICId) è costituito difatti da ricorsi per decreto ingiuntivo.

Una tale operazione verrebbe affiancata da previsione di specifica attività di selezione degli Avvocati, fondata sulla verifica delle competenze e sull'assenza di sanzioni disciplinari - nonché da una revisione del sistema delle incompatibilità. E la minor entrata per lo Stato relativa al contributo unificato risulterebbe ampiamente compensata dall'alleggerimento dei carichi complessivi che ridurrebbe l'incidenza degli esborsi dovuti agli indennizzi dovuti ex legge Pinto.

Inoltre, tale esternalizzazione avrebbe l'innegabile beneficio di determinare nuovi spazi occupazionali per categorie qualificate ma ben spesso schiacciate dalla crisi del mercato dei relativi settori.


Foto: 123rf.com
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