- Commissione Giustizia: parere favorevole sulle tariffe intercettazioni
- Intercettazioni: il tariffario
- Le criticità dello schema di decreto
- I rilievi della Commissione
Commissione Giustizia: parere favorevole sulle tariffe intercettazioni
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Arriva dalla Commissione giustizia della Camera, nella giornata del 6 aprile 2021 e a seguito di una lunga mediazione tra le forze politiche, il parere favorevole sullo schema di decreto interministeriale (da varare dal Ministero della Giustizia assieme al Ministero dell'Economia e delle Finanze) recante disposizioni per l'individuazione delle prestazioni funzionali alle operazioni di intercettazione e per la determinazione delle relative tariffe (Atto del Governo 247).
Si tratta di quei servizi (intercettazioni fra presenti, video-riprese, monitoraggi di natura informatica) che non sono realizzati dagli operatori di telecomunicazione, in quanto il luogo fisico della captazione risulta al di fuori del loro dominio.
Lo schema di decreto è stato inviato alle Commissioni lo scorso 8 febbraio dall'ex Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, "in extremis", ovvero in piena crisi di Governo e prima di lasciare l'incarico, e adottato in attuazione di quanto previsto dal comma 89 dell'articolo 1 della legge 103/2017 (cosiddetta riforma Orlando). L'iter per giungere al parere della Commissione si è tuttavia rivelato particolarmente "tortuoso" e ha rischiato di spaccare la maggioranza.
Intercettazioni: il tariffario
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Come riportato da un Comunicato del ministero, "il gruppo di lavoro, istituito dal Ministero della Giustizia per verificare le condizioni di un risparmio nel rispetto degli standard di servizio da assicurare agli uffici giudiziari, ha condotto una complessa attività di ricognizione, analisi ed elaborazione dei dati per adeguare i costi dei servizi, agganciandoli a quelli attualmente sostenuti dagli operatori del settore".
L'obiettivo che si pone lo schema di decreto è dunque quello di rivedere e razionalizzare le spese relative alle intercettazioni e dunque provvedere a individuare e fissare le tariffe da pagare alle ditte che operano nel settore delle intercettazioni e che si occupano materialmente degli ascolti, nonché dell'analisi dei dati investigativi.
Per la maggior parte dei servizi non è stato stabilito un importo fisso, ma un range tra un minimo e un massimo, in osservanza a quanto previsto dalla legge, secondo cui la tariffa per ogni tipo di prestazione non debba essere superiore al costo medio rilevato presso i cinque centri distrettuali con il maggiore indice di spesa per intercettazioni.
Tale scelta, come descritto nella Relazione illustrativa al decreto, "si è imposta in considerazione del fatto che vi possono essere numerosi elementi di variabilità nello svolgimento delle singole prestazioni, in relazione al loro concreto svolgimento, ma anche alla serialità od occasionalità delle stesse".
Ad esempio, per le intercettazioni telefoniche classiche si va da un minimo di 90 centesimi a un massimo di 2,42 euro al giorno per bersaglio, mentre in caso di un trojan (captatore elettronico) da installare sui dispositivi (compresi smartphone, tablet e PC) per intercettare comunicazioni di tipo informatico o telematico, i costi passano da un minimo di 30 euro a un massimo di 120.
Le intercettazioni ambientali audio potranno costare fino a un massimo di 34,75 euro al giorno, più 10 euro al mese per una sim card 4G con traffico dati illimitati, un primo pacco di batterie per microspie gratis (dal successivo, si aggiungono al conto 48 centesimi al giorno) e serrature che vanno dai 950 ai 1.500 euro.
Nel caso di tariffe individuate con la previsione di un importo minimo e uno massimo, sarà compito dell'Autorità giudiziaria che procede alla liquidazione tener conto del complesso delle attività svolte, "con particolare riferimento al tempo e al personale necessario per l'espletamento della prestazione, del costo effettivo documentato, dell'eventuale perdita o danneggiamento incolpevoli delle periferiche utilizzate, nonché dell'urgenza e complessità dell'intervento e della qualità del servizio reso".
Le criticità dello schema di decreto
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Poiché nel 2019 la spesa di giustizia per le intercettazioni di conversazioni e comunicazioni è stata pari a 191.012.271 euro, attraverso l'applicazione del nuovo listino, il risparmio è stimato in circa dieci milioni. Tuttavia, il "tariffario" non soddisfa gli operatori del settore e molte società fanno presente che si tratta di "prezzi ingestibili" e nei quali, tra l'altro, non sono ricompresi rilevanti costi di cui invece si dovrebbe tener conto.
Oltre alle criticità riscontrate dalle aziende operanti nel settore, in Commissione è stato un altro il problema che ha ritardato l'emanazione dell'atteso parere. In pratica, nella tabella allegata, alla voce "descrizione della prestazione" della tariffa riguardante le intercettazioni delle comunicazioni di tipo informatico o telematico, attive attraverso "captatore elettronico" (il c.d. Trojan), si legge infatti che, oltre ad acquisire i contenuti relativi ad attività di navigazione internet (URL) e email, è prevista anche "l'acquisizione della rubrica dei contatti, della galleria fotografica e dei video realizzati o comunque presenti, delle password con funzione di keylogger, nonché di tutte le ulteriori comunicazioni operate anche attraverso applicazioni di messaggistica".
Il deputato e responsabile Giustizia di Azione di Calenda, Enrico Costa, ha paventato il rischio che tale passaggio potesse in sostanza "autorizzare" il trojan a rubare agli indagati la propria rubrica e le foto dagli album presenti sul dispositivo.
Nelle sue dichiarazioni a Repubblica, Costa sottolinea come non si possa "legittimare un decreto che, discutendo di tariffe più o meno favorevoli, alla fine invece legittimi ben altro, e cioè un captatore trojan che diventa un tutto fare, può intercettare gli audio, può copiare e fare i video, può prendersi i dati che sono in movimento, può captare le conversazioni tra presenti", ma anche "risucchiare file, impossessarsi di documenti, copiare integralmente la rubrica, cioè tutti gli elementi statici che si trovano nel telefono o nel computer". Ma per fare questo, afferma il deputato, "ci vuole un decreto di perquisizione, altrimenti siamo di fronte a una perquisizione illegale permanente".
I rilievi della Commissione
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Per comporre il contrasto tra partiti, la Commissione ha dunque fornito il parere favorevole, ma ponendo alcune condizioni, in particolare intervenendo sull'art. 4 dello schema di decreto. I fornitori, si legge nel parere dovranno assicurare la conservazione e gestione dei dati raccolti in archivi informatizzati, mediante canali cifrati, nel rispetto di requisiti di sicurezza, ma anche "nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 268 del codice di procedura penale" che regola le modalità di esecuzione delle operazioni di intercettazione.
In pratica, spiega la Commissione, l'art. 4 dovrà essere "inteso come diretto ad imporre che, nel tempo necessario e indispensabile nel quale i fornitori che raccolgono il dato lo trasferiscono all'archivio riservato presso la Procura della Repubblica, siano assicurati, sotto ogni profilo tecnico, l'obbligo di riservatezza del processo di gestione e trasmissione dello stesso, tale che nessun soggetto estraneo all'autorità giudiziaria possa in ogni caso accederne al contenuto".
Altro importante rilievo riguarda la tabella allegata e la categoria "intercettazioni delle comunicazioni di tipo informatico o telematico (attiva attraverso captatore elettronico)": in particolare, la Commissione ritiene che il riferimento all'acquisizione "della rubrica dei contatti, della galleria fotografica e dei video realizzati o comunque presenti, delle password, con funzione di keylogger, quando non rientri nei flussi di comunicazione" debba essere previsto nell'ambito dell'attività di indagine sottoposta alle condizioni di cui agli articolo 247 e seguenti del codice di procedura penale.
Così facendo, l'acquisizione di informazioni da parte del Trojan viene limitata ai soli dati "dinamici" del dispositivi e non a quelli "statici" che potranno essere acquisiti, quando non rientranti tra i flussi di comunicazione (ovvero qualora trasferiti a terzi), previo decreto di perquisizione ed eventuale sequestro ai sensi delle norme richiamate.
La decisione ha raccolto la soddisfazioni di diversi deputati in Commissione, tra cui lo stesso Enrico Costa che evidenzia come sia stata "accolta in toto la nostra richiesta di scongiurare il rischio che il trojan possa essere utilizzato per rubare files contenuti negli smartphone, nei tablet e nei computer". Per il presidente della commissione Giustizia, Mario Perantoni, si tratta di "rilievi per precisare meglio la portata delle disposizioni al fine di scongiurare ogni possibile interpretazione contraria agli intenti e ambiguità sul recupero di dati statici".
Ancora, sottolinea il presidente nelle sue dichiarazioni al Fatto Quotidiano, "il provvedimento ha natura tecnica, è una norma secondaria, non interviene sulla disciplina delle intercettazioni, e nasce dalla legge Orlando del 2017 che delega il Governo ad adottare misure per la razionalizzazione della spesa per le intercettazioni".
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