- Obblighi vaccinali per i sanitari, la norma
- A quali categorie è rivolto l'obbligo vaccinale
- Procedure per la verifica dell'assolvimento dell'obbligo
- I soggetti esclusi dall'obbligo vaccinale
- Le conseguenze dell'inottemperanza
- Il termine di vigenza dell'obbligo vaccinale
- L'art. 32 della Costituzione nella lettura della Consulta
Obblighi vaccinali per i sanitari, la norma
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Il Governo ha varato il DL 31 marzo 2021 n. 44 (pubblicato in GU n. 79 del 1-4-2021 , vigente dal 1-4-2021) recante "misure urgenti per il contenimento dell' epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-COV-2, di giustizia e di concorsi pubblici".
L' art. 4 del DL, rubricato "disposizioni urgenti in materia di prevenzione del contagio da SARS-COV-2 mediante previsione di obblighi vaccinali per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario", individua: a) le categorie alle quali l'obbligo vaccinale è rivolto; b) le procedure per la verifica dell' assolvimento di tale obbligo; c) i soggetti esclusi dall' obbligo vaccinale; d) l' atto di accertamento in caso di inottemperanza; e) le conseguenze dell' inottemperanza; f) il termine di vigenza dell' obbligo vaccinale.
A quali categorie è rivolto l'obbligo vaccinale
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In merito all'individuazione dei soggetti destinatari dell' obbligo vaccinale, la norma in esame appare di vasta portata: risultano, infatti, interessati "gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali." (art. 4, comma 1, primo capoverso).
Ebbene, a parere di chi scrive, la manifesta vastità dell' estensione dell' obbligo vaccinale non sarà, da sola, sufficiente a definire, con certezza ed in maniera incontrovertibile, per così dire "l'elenco dei soggetti obbligati". A ciò si aggiunga, a specificare ma anche creare maggiori dubbi interpretativi, il comma 6 dell' art. 4, in esame, che specifica quali mansioni o prestazioni risultano vietate ai sanitari: "prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-COV-2".
Procedure per la verifica dell'assolvimento dell'obbligo
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In merito a ciò, la norma prescrive agli ordini professionali ed ai datori di lavoro di comunicare alle Regioni o alle province autonome l' elenco degli iscritti e/o lavoratori rientranti nelle predette categorie.
Le Regioni e le province autonome, previa verifica tramite i servizi informativi vaccinali, così verificato "lo stato vaccinale" dei soggetti inseriti nei detti elenchi, "nel rispetto delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali, dovranno segnalare immediatamente all' azienda sanitaria locale di residenza i nominativi dei soggetti che non risultano vaccinati". (art. 4, commi 4 e 5)
L'ASL, preso atto dello stato vaccinale dei singoli soggetti, invita coloro che non risultano vaccinati, a produrre, entro 5 giorni, la documentazione comprovante l' effettuazione della vaccinazione, l' omissione o il differimento della stessa ovvero la presentazione della richiesta di vaccinazione o l' insussistenza dei presupposti per l' obbligo vaccinale. Ebbene, tale termine di 5 giorni, concesso al sanitario, va considerato "perentorio".
I soggetti esclusi dall'obbligo vaccinale
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I soggetti, per così dire "esonerati" dall' obbligo vaccinale (che potranno ometterla o differirla) risultano, secondo il DL, coloro che versino in condizioni cliniche, specifiche e documentate, attestate dal medico di medicina generale, tali per cui la somministrazione del vaccino esporrebbe i medesimi ad un accertato pericolo per la salute.
Le conseguenze dell'inottemperanza
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Qualora l'interessato non riscontri, in detto termine (5 gg), la comunicazione dell'ASL, quest'ultima adotterà un atto di accertamento che verrà reso noto all' ordine di appartenenza, al datore di lavoro ed all' interessato.
L' adozione dell' atto di accertamento "determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-COV-2." (art. 4, comma 6)
In base al disposto, gli esercenti professioni in forma privata, ove non vaccinati, saranno sospesi dalla possibilità di svolgere la propria professione.
A tal proposito, ad avviso di chi scrive, spettando agli ordini di appartenenza di sospendere l' iscritto non vaccinato, considerata la natura e funzione degli ordini stessi, si apriranno procedimenti di opposizione alla sospensione, ove disposta. Dubbi sorgono, prima facie, in merito alla possibilità di configurare il reato di esercizio abusivo della professione ex art. 348 cp. La norma penale, infatti, ancorché norma "in bianco", non lascia, come condiviso ormai da dottrina e giurisprudenza, ampia discrezionalità in merito alla configurabilità del reato stesso.
Quanto, poi, ai sanitari lavoratori dipendenti, di strutture pubbliche o private, il DL in esame, " in regola" con i principi cardini del diritto del lavoro, di respiro costituzionale, prescrive al datore di lavoro di adibire, ove possibile, il sanitario a mansioni diverse, anche inferiori, con la conservazione del diritto retributivo nella misura già in essere. Laddove ciò non fosse possibile, il lavoratore non vaccinato deve essere sospeso dallo svolgimento dell' attività lavorativa.
Tale disposizione, ad avviso di chi scrive, manca della distinzione tra sanitari che si oppongono all' essere vaccinati e sanitari che, ove soggiacessero all' obbligo, potrebbero subirne un danno alla loro salute. Prevedere, infatti, in caso di sospensione, l'eliminazione della retribuzione, sia per gli uni che per gli altri, appare una aperta violazione dei principi costituzionale di cui agli artt. 1,2,3 e dell' art. 15 l. 300/70 (Statuto dei Lavoratori).
Il termine di vigenza dell'obbligo vaccinale
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La sospensione dall' esercizio della professione e/o dallo svolgimento di attività lavorativa alle dipendenze di strutture pubbliche e private permarrà sino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021.
L'art. 32 della Costituzione nella lettura della Consulta
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La Consulta si è espressa con due sentenze, la n. 258/1994, ripresa poi dalla n. 5/2018 enunciando i seguenti requisiti necessari affinché l' obbligo vaccinale possa ritenersi posto nel rispetto dell' art. 32 della Costituzione:
a) Il vaccino, in buona sostanza, deve essere diretto, oltre che a migliorare o a preservare la salute dello stesso, anche a preservare lo stato di salute degli altri. La compromissione di un diritto fondamentale dell' individuo deve essere, cioè, controbilanciata da un vantaggio, proporzionale alla limitazione imposta, per l' interesse della collettività.
Nel caso del vaccino in esame, gli studi scientifici elaborati non forniscono al riguardo risposte chiare, ovvero se il medesimo sia davvero uno strumento idoneo ad escludere la possibilità di contrarre il virus (e le varie mutazioni) e a non contagiare gli altri. Il mondo scientifico è "spaccato" sul punto. L'AIFA -Associazione Italiana del Farmaco- così si esprime: "gli studi clinici condotti finora hanno permesso di dimostrare l' efficacia dei vaccini nella prevenzione delle forme clinicamente manifeste da COVID-19 anche se la protezione, come per molti altri vaccini, non è del 100%. Inoltre, non è ancora noto quanto i vaccini proteggono le persone vaccinate anche dall' acquisizione dell' infezione. E' possibile, infatti, che la vaccinazione protegga altrettanto bene nei confronti della malattia asintomatica (infezione) e che, quindi, i soggetti vaccinati possono ancora acquisire SARS-COV-2, non presentare sintomi e trasmettere l' infezione ad altri soggetti. Ciononostante, è noto che la capacità di trasmissione da parte di soggetti asintomatici è inferiore rispetto a quello di soggetti con sintomi, in particolare, se di tipo respiratorio."
b) il trattamento imposto non deve incidere negativamente sulla salute dell' individuo, fatte salve ovviamente, quelle conseguenze che per entità e durata appaiono lievi e tollerabili.
Sul punto, trattandosi di vaccini sperimentali, non vi sono evidenze scientifiche che possano prevedere la misura ed entità degli eventuali danni a medio e lungo termine.
c) nelle ipotesi di danno ulteriore alla salute del soggetto sottoposto al trattamento sanitario obbligatorio, ivi compresa la malattia contratta per contagio causato da vaccinazione profilattica, sia comunque prevista la corresponsione di un' equa indennità in favore del danneggiato.
In merito a ciò, giova evidenziare che lo Stato, nel caso di richieste risarcitorie per danni da vaccinazione, dovrà dimostrare di aver agito nel rispetto delle cautele che le attuali conoscenze scientifiche impongono. A ciò si aggiunga che, stante l' obbligatorietà, al soggetto cui viene somministrato il vaccino, non verrà fatto firmare il consenso informato.
L'art. 77 della Costituzione e l'efficacia del decreto legge n. 44/2021
L' art. 77 Cost. definisce la Gerarchia delle Fonti del Diritto, chiarendo i rapporti tra il Governo ed il Parlamento. Il Governo non può, senza delega delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria (art. 77, primo comma, Cost.)
Solo in casi straordinari di necessità ed urgenza, il Governo può emanare Decreti Legge che sono provvedimenti provvisori con forza di legge ma che entro 60 giorni perdono efficacia qualora non convertiti in Legge dal Parlamento.
In materia di Diritti Fondamentali, quali il Diritto alla Salute (art. 32 Cost.), il Diritto al lavoro (art. 4 Cost.) ed il diritto alla Privacy (art. 2 Cost.), sussiste una riserva di Legge tale per cui solo il Parlamento può regolare tutte le tematiche ad essi inerenti. Il DL in esame, pertanto, soggiace a tale disciplina di rango costituzionale e, qualora non convertito in Legge nel termine di 60 giorno, perderà efficacia sin dall' origine.
In ordine al Diritto alla Salute si è già argomentato. Per quanto concerne il Diritto al Lavoro di cui all'art. 4 della Costituzione, preme evidenziare dubbi costituzionali laddove il DL subordina la possibilità di svolgere la propria attività lavorativa ad un trattamento sanitario obbligatorio, con associata perdita della retribuzione o compenso professionale e ciò anche in presenza di comprovata contrarietà del vaccino a garantire la propria salute o meglio anche ove il vaccino sia accertato essere pericoloso per la propria vita.
Parimenti, rispetto alla Privacy disciplinata dall' art. 2 della Costituzione, sorgono dubbi costituzionali in merito al DL laddove non solo impone un trattamento sanitario obbligatorio (si ricorda, senza evidenze scientifiche condivise e pacifiche), ma prescrive agli organi coinvolti nel procedimento di verifica e somministrazione di violare il Diritto alla Riservatezza del sanitario attraverso comunicazioni tra ordini di appartenenza, datori di lavoro, ASL e regioni o province autonome.
Conclusioni
Appare, infine, opportuno, tenere conto della posizione assunta dal Consiglio d'Europa, che si e' espresso in maniera contraria all'obbligo vaccinale con Risoluzione 2361 del 2020 secondo la quale gli stati membri devono assicurarsi che i cittadini siano informati che la vaccinazione non è obbligatoria e che nessuno è politicamente, socialmente o altrimenti sottoposto a pressioni per essere vaccinato.
In definitiva, quindi, appare auspicabile che il Parlamento, previa attenta quanto attesa riflessione, voglia apportare modifiche al DL stesso. Ciò al fine di evitare ricorsi di sanitari-lavoratori dipendenti pubblici e privati che si vedrebbero "ingiustamente privati del diritto alla retribuzione. Parimenti, gli ordini professionali, portatori di codici deontologici che disciplinano i casi di sospensione dall' esercizio della professione dei propri iscritti, si troveranno a valutare le "imposizioni del Governo circa l'emanazione dei provvedimenti sospensivi di cui si disquisisce. Da ultimo, ma non per inferiore rilievo, stante le non univoche "voci" tecnico-scientifiche circa l'affidabilità ed efficacia dei vaccini, si apre, ad avviso di chi scrive uno scenario che evidenzierebbe il fiorire di cause di responsabilità medica in caso di danni derivati, secondo il criterio civilistico della probabilità, da vaccini obbligatoriamente somministrati.
Savina Caproni, Avv. del Foro di Spoleto con studio in Foligno (PG), Via dei Franceschi n. 38, 06034
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