- "Libro bianco delle droghe", la presentazione
- "Libro bianco delle droghe", i dati 2020
- Più del 30% dei detenuti entra in carcere per spaccio di droghe
- Droghe, effetto lockdown e richieste di programma terapeutico
- Droghe e codice della strada
"Libro bianco delle droghe", la presentazione
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Finiscono in carcere il 35% per la legge, il 40% di loro ne fa uso anche all'interno delle case di detenzione. Solo lo 0,06% degli incidenti stradali è riconducibile all'uso di stupefacenti. Per contraltare la pandemia ha fermato le terapie di recupero. Sono questi alcuni dei dati contenuti nel Libro Bianco delle droghe, un rapporto indipendente sugli effetti del Testo Unico sugli stupefacenti (DPR 309/90) sul sistema penale, sui servizi, sulla salute delle persone che usano sostanze e sulla società.
Un lavoro promosso da La Società della Ragione, Forum Droghe, Antigone, CGIL, CNCA, Associazione Luca Coscioni, ARCI, LILA e Legacoopsociali con l'adesione di A Buon Diritto, Comunità di San Benedetto al Porto, Funzione Pubblica CGIL, Gruppo Abele, ITARDD e ITANPUD. Ogni anno viene presentato in occasione del 26 giugno, Giornata mondiale sulle Droghe, nell'ambito della campagna internazionale di mobilitazione Support! don't Punish che chiede politiche sulle droghe rispettose dei diritti umani e delle evidenze scientifiche e che quest'anno coinvolgerà oltre 170 città in 85 paesi.
"Libro bianco delle droghe", i dati 2020
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Il rapporto oltre a contenere i dati del 2020, in questo caso, relativi agli effetti della war on drugs sul sistema penale e penitenziario italiano presenta un focus sul sistema delle convenzioni internazionali a 60 anni dalla Convenzione Unica del 1961 e un approfondimento sulla Conferenza nazionale sulle droghe che manca da 12 anni. Come chiarisce la nota di accompagnamento del rapporto « La legislazione sulle droghe e l'uso che ne viene fatto sono decisivi nella determinazione dei saldi della repressione penale: la decarcerizzazione passa attraverso la decriminalizzazione delle condotte legate alla circolazione delle sostanze stupefacenti così come le politiche di tolleranza zero e di controllo sociale coattivo si fondano sulla loro criminalizzazione.
Basti pensare che in assenza di detenuti per art. 73. o di quelli dichiarati tossicodipendenti, non vi sarebbe il problema del sovraffollamento carcerario, come indicato dalle simulazioni prodotte. Dopo 31 anni di applicazione non possiamo più considerare questi come effetti collaterali della legislazione antidroga, ma come effetti evidentemente voluti.
Più del 30% dei detenuti entra in carcere per spaccio di droghe
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Secondo il rapporto sono 10.852 dei 35.280 ingressi in carcere nel 2020 sono stati causati da imputazioni o condanne sulla base dell'art. 73 del Testo unico. Si tratta del 30,8% degli ingressi in carcere. Seppur diminuiti in numeri assoluti, effetto evidente del lockdown, sono oramai lontani gli effetti della sentenza Torreggiani della CEDU e dell'adozione di politiche deflattive della popolazione detenuta. Ancora il 35% dei detenuti è in carcere per la legge sulle droghe. Sui 53.364 detenuti presenti in carcere al 31 dicembre 2020 ben 12.143 lo erano a causa del solo art. 73 del Testo unico (sostanzialmente per detenzione a fini di spaccio). Altri 5.616 in associazione con l'art. 74 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope), solo 938 esclusivamente per l'art. 74. Ed infine drammatici i dati sugli ingressi e le presenze di detenuti definiti "tossicodipendenti": lo sono il 38,60% di coloro che entrano in carcere, mentre al 31/12/2020 erano presenti nelle carceri italiane 14.148 detenuti "certificati", il 26,5% del totale. Questa presenza, che resta ai livelli della Fini-Giovanardi (27,57% nel 2007), è alimentata dal continuo ingresso in carcere di persone "tossicodipendenti", in aumento costante da oltre 5 anni.
Droghe, effetto lockdown e richieste di programma terapeutico
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L'effetto lockdown mette un freno al trend in aumento delle persone segnalate al Prefetto per consumo di sostanze illecite: 31.016 nel 2020. Quasi 3000 sono minorenni. Diminuiscono più delle segnalazioni le sanzioni: sono state 8.587 nel 2020. Queste vengono comminate in un terzo dei casi mentre risulta irrilevante la vocazione "terapeutica" della segnalazione al Prefetto: solo 94 sono state sollecitate a presentare un programma di trattamento sociosanitario; nel 2007 erano 3.008. La repressione colpisce principalmente persone che usano cannabis (74,4%), seguono a distanza cocaina (19%) e eroina (5,01%) e, in maniera irrilevante, le altre sostanze. Il 97% dei minori è segnalato per possesso di cannabis. Dal 1990 1.312.180 persone sono state segnalate per possesso di sostanze stupefacenti ad uso personale; di queste quasi un milione (73,28%) per derivati della cannabis.)
Droghe e codice della strada
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Interessanti i dati rispetto alle violazioni dell'art. 187 del Codice della Strada, ovvero guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti. Numeri disomogenei, di difficile interpretazione. Dai dati disponibili (Polizia Stradale e Carabinieri), si evidenzia oltre alla diminuzione dell'incidentalità generale, una costanza delle violazioni dell'art. 187, che per quanto riguarda quelle accertate dalla Polizia a seguito di incidente, rimane a livelli molto bassi: 1,46% nel 2020. Nel corso dei controlli da parte dei carabinieri le violazioni accertate rappresentano lo 0,06% dei controllati. Ricordando che spesso la positività al test non è prova di guida in stato alterato (in particolare per la cannabis), possiamo affermare che l'uso di droghe non è certamente la causa principale di incidenti in Italia.