- Basta foto con il volto riconoscibile dei bambini
- Bambini usati come strumento di propaganda
- Immagini non usate nell'interesse dei bambini
Basta foto con il volto riconoscibile dei bambini
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Volti di piccini usati anche per la propaganda. Succede anche questo ad una settimana dall'inizio della guerra in Ucraina, con la diffusione mediatica massima grazie a sociale e, più in generale, al potere di internet. Su questa vicenda si registra l'intervento di Guido Scorza, giornalista e avvocato, componente del Garante per la protezione dei dati personali, che chiarisce: «Basta foto con il volto riconoscibile dei bambini e niente loro dati personali in televisione, sui giornali e sui social network salvo a non esser certi che sia nel loro interesse».
Bambini usati come strumento di propaganda
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Sottolinea Scorza che, nel conflitto tra Russia e Ucraina, «i volti e i corpi dei minori sono utilizzati come strumento di propaganda da una parte e dall'altra per recapitare messaggi politici - più o meno condivisibili poco conta - in maniera più efficace al cuore, alla testa, alla coscienza delle persone e influire sulla formazione dell'opinione pubblica globale in una direzione o in quella opposta. I volti, i corpi, le lacrime e la disperazione dei bambini in guerra utilizzati da associazioni di ogni genere per promuovere - anche qui non importa quanto nobile sia lo scopo - raccolte di fondi per le popolazioni colpite dalla guerra». E poco cambia quando «l'immagine del bambino in guerra è utilizzata in maniera scientifica e consapevolmente per far leva sul comune senso di umanità delle persone e conferire più forza ed efficacia al messaggio, in altri semplicemente con leggerezza, superficialità magari in assoluta buona fede, semplicemente senza cogliere la gravità del gesto».
Immagini non usate nell'interesse dei bambini
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Il denominatore comune è che l'immagine «di quei bambini non è utilizzata nel loro interesse ma in nome di interessi diversi, non ha importanza quanto nobili, quanto condivisibili, quanto importanti». Scorza evidenzia che, in ogni caso, si tratta dell'immagine del bambino che «come qualsiasi dato personale che lo riguardi, in realtà, dovrebbe entrare e rimbalzare nel sistema mediatico solo quando indispensabile o, ancora meglio, solo quando pubblicarla sia nell'interesse del bambino. Perché, altrimenti, sempre e per definizione, il bambino non ha niente - ma proprio niente - da guadagnare dall'ingresso del suo volto e dei suoi dati personali nel sistema mediatico globale, un sistema dal quale, probabilmente, non usciranno mai più.
• Foto: 123rf.com