Una lettera di protesta (sotto allegata) inviata dalle associazioni di categoria dei Giudici di Pace, e magistrati onorari di tribunali e procure che, nonostante le rassicurazioni del governo teso a risolvere celermente il grave stato di precarietà in cui versa l'intera categoria, purtroppo al momento, sostengono, nulla dispone di concreto.
"Anche il riferimento inserito nella finanziaria infatti - affermano - non garantisce né una retribuzione per la funzione di magistrati che, come ribadito anche dall'Europa, deve essere adeguato per garantire autonomia e indipendenza, né tantomeno riconosce uno status e l'eliminazione delle criticità della Cartabia, che ha preteso una illegittima rinuncia ai diritti pregressi di detti magistrati in servizio da oltre 20 anni senza alcuna tutela giuslavoristica".
Il Coordinamento Magistratura Giustizia di Pace, attraverso la propria rappresentante Rossella barone, evidenzia inoltre che, "gli uffici del Giudice di Pace, che smaltiscono circa il 70% del contenzioso civile, sono ridotti al collasso, atteso che:
- la riforma Cartabia intervenuta ad emendare l'art 29 con la finanziaria del 2021, ha ridotto drasticamente il numero dei giudici di pace, costretti ad abbandonare l'incarico per non sottoporsi al ricatto di rinuncia ai diritti pregressi, con ciò comportando un carico di ruolo, in particolare nei grandi uffici, non sostenibile per i singoli giudici rimasti;
- il processo telematico introdotto, senza fornire peraltro strumenti adeguati di formazione, allo stato è supportato da una piattaforma che al momento funziona in maniera alternata non consentendo ai giudici di pace restanti di lavorare tempestivamente i provvedimenti e di poter espletare le udienze, attesa anche la inadeguatezza, ed in alcuni casi la totale assenza, delle infrastrutture digitali;
- la riforma Cartabia intervenuta con modifiche sostanziali sugli artt di competenza del Giudice di Pace, invece di semplificare l'accesso alla Giustizia per il cittadino, ne ha aggravato il sistema anche dal punto economico, atteso che introducendo il ricorso in luogo dell'atto di citazione, e prevedendo l'iscrizione a ruolo del procedimento, ha limitato l'intento conciliativo che è alla base della legge istitutiva del Giudice di Pace".
Lo strumento legislativo ante riforma del Giudice di Pace, "che era uno dei più illuminati del legislatore con intento deflativo dei tribunali e i cui processi si chiudevano nel giro di un anno, attualmente, congiuntamente all'aumento di competenza - conclude - tende alla degiurisdilizzazione ed ad una giustizia per ricchi, minando di fatto i principi a cui era ispirato".
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