La Commissione Europea già da alcune settimane si era pronunciata a favore di una maggiore tutela, in ambito europeo, dei diritti delle donne lavoratrici che diventano mamme, ipotizzando di estendere fino a diciotto settimane il congedo minimo. Il Parlamento Europeo, anche a seguito degli emendamenti adottati dalla commissione per i diritti della donna, ha perfino superato le aspettative tanto che ha aumentato a ben venti settimane il periodo in cui la madre non solo non può essere adibita ad alcuna prestazione lavorativa, ma ha anche diritto all'intera retribuzione e a svolgere, una volta terminato il congedo, le medesime funzioni che le erano state assegnate prima della gravidanza o altre equivalenti, con la stessa remunerazione, categoria professionale e responsabilità. La nuova normativa U.E. proibisce anche al datore di lavoro di licenziare una donna dall'inizio della gravidanza fino a almeno il sesto mese dopo la fine del congedo di maternità. Nonostante si sia riusciti a raggiungere la maggioranza dei voti, diversi Paesi, come Germania, Inghilterra e Francia, hanno manifestato perplessità per gli evidenti risvolti sull'economia e, in particolare, sulle finanze pubbliche, che saranno provocati dalla riforma di cui trattasi. Ancora maggiori resistenze, alla fine, comunque, superate dall'approvazione da parte di una piuttosto risicata maggioranza, ha incontrato l'introduzione di un congedo di due settimane a favore dei neo-papà: tale astensione dovrà essere retribuita per intero e goduta all'interno del periodo di assenza obbligatoria dal lavoro della madre. Ovviamente i singoli Stati membri potranno mantenere in vita o prevedere ex novo istituti che tutelino maggiormente i neo-genitori.
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