CORTE COSTITUZIONALE - SENTENZA N. 476 - ANNO 2002
-omissis-
nel
giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 3, della legge 25 febbraio
1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di
tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e
somministrazione di emoderivati), promosso con ordinanza emessa il 5 novembre
2001 dal Tribunale di Pisa, Giudice del lavoro, nel procedimento civile
vertente tra G. G. e il Ministero della sanità, iscritta al n. 958 del registro
ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 1,
prima serie speciale, dell’anno 2002.
Udito
nella camera di consiglio del 9 ottobre 2002 il Giudice relatore Gustavo
Zagrebelsky.
Ritenuto
in fatto
1)
Con ordinanza del 5 novembre 2001, il Giudice del lavoro presso il Tribunale di
Pisa ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 32 e 38 della Costituzione,
questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 3, della legge 25
febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da
complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie,
trasfusioni e somministrazione di emoderivati), nella parte in cui non prevede
un indennizzo da parte dello Stato a favore degli operatori sanitari che, in
occasione e durante il servizio, abbiano riportato danni permanenti
all'integrità psicofisica conseguenti a infezione contratta a seguito di
contatto con sangue e suoi derivati provenienti da soggetti affetti da epatite.
2)
In fatto, il rimettente riferisce: (a) che la ricorrente nel giudizio di merito
ha esposto di essere stata dipendente della Croce Rossa Italiana, con contratto
a termine dal 24 gennaio al 24 luglio 1994, in qualità di aiuto ferrista di
sala operatoria, e con mansioni, tra l'altro, di "lavaggio ferri, maneggio
pinze ed aghi", sottoponendosi, prima dell'assunzione, alle analisi per la
verifica della sana e robusta costituzione fisica; (b) che, nel corso dello
svolgimento del rapporto, la stessa ricorrente era sottoposta ad analisi del
sangue e, informata di essere affetta da epatite C, veniva allontanata dal
lavoro nel giugno 1994, prima della scadenza dei termini previsti dal
contratto; (c) che l'INAIL riconosceva all’interessata la percentuale
inabilitante del 25%, costituendo a suo favore la relativa rendita; (d) che,
inoltrata domanda alla competente ASL al fine di ottenere la liquidazione
dell'indennizzo di cui alla legge n. 210 del 1992, la ricorrente la vedeva
respingere con la motivazione che l'infezione era avvenuta a causa di contatto
con sangue ed emoderivati e non a seguito di emotrasfusione, unica causa di
contagio da epatite indennizzabile a norma della citata legge; infine, (e) che,
stante il diniego dell’indennizzo per effetto dell'interpretazione fornita
dalla ASL, la ricorrente citava in giudizio il Ministero della sanità,
chiedendone la condanna al pagamento del "risarcimento del danno" ex
legge n. 210 del 1992.
3)
A fronte della posizione assunta nel giudizio principale dall’amministrazione
convenuta, nel senso dell’infondatezza della domanda alla stregua della
legislazione vigente, il Tribunale solleva quindi questione di
costituzionalità, dando seguito a quanto eccepito, in via subordinata, dalla
parte ricorrente.
4)
Quanto alla rilevanza della questione, il giudice a quo osserva che essa è
postulata dal contenuto stesso della domanda giudiziale, di liquidazione di un
indennizzo a norma della legge n. 210 del 1992 per infezione da epatite
contratta a causa di contatto con sangue ed emoderivati verificatosi
nell’espletamento delle mansioni di infermiera svolte dalla ricorrente, mentre,
ai sensi dell’impugnato art. 1, comma 3, della stessa legge n. 210, detto
indennizzo è previsto solamente a favore di coloro che abbiano contratto la
medesima patologia in conseguenza di emotrasfusione.
5)
Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il giudice rimettente
muove dal parallelo tra la disciplina stabilita per coloro che,
incolpevolmente, abbiano contratto un’infezione da HIV o da epatite a seguito
di una emotrasfusione, disciplina che per entrambi i casi prevede una tutela
attraverso il riconoscimento di un indennizzo a carico dello Stato (art. 1,
commi 2 e 3, della legge n. 210 del 1992), osservando come analoga
parificazione di tutela non si riscontri, invece, sul diverso versante degli
operatori sanitari che, per la tipologia delle mansioni svolte ("in
occasione e durante il servizio", secondo il testo del comma 2 dell’art. 1
citato), si espongono al rischio di un contagio da HIV o da epatite.
Infatti,
osserva il rimettente, mentre il comma 2 dell’art. 1 della legge prevede la
corresponsione di un indennizzo a favore degli operatori sanitari che abbiano
riportato danni permanenti alla integrità psico-fisica conseguenti a infezione
contratta a seguito di contatto con sangue e suoi derivati provenienti da
soggetti affetti da infezione da HIV, nessuna tutela è assicurata all’operatore
sanitario che, in occasione e durante il servizio, abbia riportato un’infezione
da epatite a seguito di contatto con sangue e suoi derivati provenienti da
soggetti affetti, a loro volta, da quest’ultima malattia.
Ad
avviso del giudice a quo, questo vuoto di tutela della categoria da ultimo
citata si porrebbe in contrasto con i parametri costituzionali invocati, e
segnatamente: (a) con l’art. 3 della Costituzione, per l’irrazionale disparità
di trattamento di identiche situazioni di fatto, posto che, prestandosi le
anzidette situazioni alla "visione unificatrice" che è richiesta
dalla giurisprudenza della Corte costituzionale per lo scrutinio di
costituzionalità in questa materia (sentenza n. 423 del 2000), non sarebbe dato
"rinvenire apprezzabili motivi per cui la violazione all’integrità fisica
degli operatori sanitari che derivi da contatto con sangue contagiato da HIV ha
diritto all’indennizzo, mentre non lo ha quella degli stessi operatori sanitari
quando vengano in contatto con sangue contagiato da epatite virale, sebbene sia
notorio che il rischio di entrare in contatto con l’uno anziché con l’altro è
puramente casuale ed anzi, sul piano statistico è molto più frequente e, per
alcuni casi, molto più letale la possibilità di contagio da epatite che non da
HIV"; (b) con l’art. 32 della Costituzione, in quanto "se il
legislatore ha inteso tutelare la salute – sia pure nella forma indennitaria –
quando violata dall’epatite ed ha inteso tutelarla anche quando lesa dall’HIV,
non si vede per quale ragione il bene primario degli operatori sanitari sia
meritevole di tutela se il contatto è avvenuto con HIV e non anche con
epatite"; (c) con l’art. 2 della Costituzione, per lesione del principio
di solidarietà sociale in presenza di una situazione in cui la lesione al bene primario
della salute deriva, senza alcun colpevole concorso della parte lesa,
dall’espletamento di pratiche inerenti all’adempimento dei doveri
professionali, che dovrebbero essere immuni da pericoli perché la circolazione
del sangue e degli emoderivati è posta sotto il diretto controllo pubblico; (d)
con l’art. 38 della Costituzione, in quanto per ipotesi sostanzialmente
equiparabili tra loro non è previsto lo stesso trattamento assistenziale, e ciò
in particolare per il rilievo secondo cui nel caso di diritti direttamente
protetti dalla Costituzione, come il diritto alla salute, il legislatore
potrebbe modellare equitativamente la misura dell’indennizzo, secondo una
eventuale valutazione di compatibilità finanziaria (sentenza n. 226 del 2000),
ma non escludere del tutto la tutela indennitaria (sentenza n. 118 del 1996).
Considerato
in diritto
1)
Il Giudice del lavoro presso il Tribunale di Pisa dubita della legittimità
costituzionale dell’art. 1, comma 3, della legge 25 febbraio 1992, n. 210
(Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo
irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e
somministrazione di emoderivati), nella parte in cui non prevede un indennizzo
da parte dello Stato a favore degli operatori sanitari che, in occasione e
durante il servizio, abbiano riportato danni permanenti all’integrità
psicofisica conseguenti a infezione contratta a seguito di contatto con sangue
e suoi derivati provenienti da soggetti affetti da epatiti.
Il
giudice rimettente, nel formulare la questione di costituzionalità, ha presente
il comma 2 dell’art. 1 della legge n. 210 del 1992, il quale prevede la
corresponsione di un indennizzo a favore degli operatori sanitari che, in
analoghe circostanze, abbiano riportato danni permanenti alla salute, quando il
contatto sia avvenuto con sangue o suoi derivati provenienti da soggetti
affetti da infezione da HIV. La mancata previsione dell’indennizzo nel caso
delle epatiti violerebbe innanzitutto gli art. 3 e 32 della Costituzione, sotto
il profilo del diverso trattamento normativo di ipotesi sostanzialmente uguali
di danno alla salute; e violerebbe inoltre l’art. 38 della Costituzione, per la
mancata attivazione di uno strumento assistenziale, necessario in forza del
dovere di solidarietà sociale sancito dall’art. 2 della Costituzione.
2)
La questione è fondata.
Il
legislatore del 1992 – nel predisporre misure a favore di quanti fossero stati
colpiti da patologie determinate dalla somministrazione di sangue ed emoderivati
infetti - ha previsto la corresponsione di un indennizzo a favore (a) dei
contagiati da infezione da HIV a seguito di somministrazione di sangue e suoi
derivati e (b) degli operatori sanitari che, "in occasione e durante il
servizio", abbiano riportato danni permanenti all’integrità psicofisica
conseguenti a infezione contratta a seguito di contatto con sangue e suoi
derivati provenienti da soggetti affetti da infezione da HIV (art. 1, comma 2,
della legge n. 210 del 1992). In corrispondenza con quanto stabilito a favore
dei soggetti indicati in (a), ha altresì previsto (art. 1, comma 3, della
medesima legge) che i medesimi benefici spettino anche a coloro che presentino
danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali. Nessuna provvidenza è disposta,
invece, a favore degli operatori sanitari che abbiano contratto un’epatite a
seguito di contatto con sangue e suoi derivati infetti, rompendosi così il
parallelismo con la disciplina prevista a favore dei soggetti affetti da
infezione da HIV, indicati in (b).
Il
giudice rimettente denuncia, come totalmente ingiustificata, questa mancata
previsione che, del resto, non trova alcuna spiegazione nei lavori preparatori
della legge. E, in effetti, la ragione indennitaria, che giustifica le misure a
vantaggio delle categorie previste e che il legislatore ha esplicitamente
fondato sull’insufficienza dei controlli sanitari fino ad allora predisposti,
vale allo stesso modo per la categoria di soggetti non prevista e dunque
esclusa. In particolare, non si comprende, se non come una dimenticanza del
legislatore, perché il personale sanitario, nei casi indicati, sia ammesso al
beneficio quando si abbia a che fare con infezioni da HIV ma non con epatiti,
una volta che lo stesso legislatore, valutando i due tipi di patologie, li ha
considerati equivalenti, ai fini dell’indennizzo, quando esse risultano
contratte a seguito di somministrazione o trasfusione di sangue.
L’imperativo
di razionalità della legge impone che la ratio degli interventi legislativi del
tipo in questione sia perseguita integralmente. Se ciò non avviene, la
previsione legislativa ingiustificatamente mancante determina una
discriminazione vietata dall’art. 3 della Costituzione. Ciò basta –
indipendentemente dalla considerazione degli altri parametri invocati dal
giudice rimettente – a dimostrare, con la fondatezza della questione sollevata,
l’illegittimità costituzionale della disposizione sottoposta al controllo di
questa Corte.
PER
QUESTI MOTIVI
LA
CORTE COSTITUZIONALE
dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 3, della legge 25 febbraio
1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di
tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e
somministrazione di emoderivati), nella parte in cui non prevede che i benefici
previsti dalla legge stessa spettino anche agli operatori sanitari che, in
occasione del servizio e durante il medesimo, abbiano riportato danni
permanenti alla integrità psico-fisica conseguenti a infezione contratta a seguito
di contatto con sangue e suoi derivati provenienti da soggetti affetti da
epatiti.
Così
deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta,
il 20 novembre 2002.
Depositata
in Cancelleria il 26 novembre 2002.