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LA NUOVA DISCIPLINA IN MATERIA DI SICUREZZA NELLA PRATICA DEGLI SPORT INVERNALI
Nel corso degli anni, è stata registrata una sempre maggiore diffusione degli sport invernali praticati sia a livello agonistico che amatoriale. Questo ha determinato un moltiplicarsi delle occasioni di incidenti tra gli utenti dei campi di neve, dovuti solitamente ad una condotta imprudente degli sciatori e talvolta, ad una cattiva gestione delle aree sciabili. Dottrina e giurisprudenza si sono mostrate piuttosto discordanti nell’interpretazione delle fattispecie di pericolo e di danno verificatesi lungo le piste e nell’attribuzione delle rispettive responsabilità ai gestori ed agli utenti. Di qui l’esigenza di elaborare regole che consentissero, da un lato la diminuzione dei rischi di collisione tra gli utenti e dall’altro la soluzione dei problemi connessi alla sicurezza delle piste. La legge 24 dicembre 2003, n.363, recante “ Norme in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali da discesa e da fondo” , è intervenuta in questo contesto per colmare quel vuoto legislativo (si ricorreva infatti ai principi codicistici in materia di illecito contrattuale ed extracontrattuale)e per fornire ai giudici e agli studiosi del diritto una disciplina uniforme sulla circolazione degli sciatori sui campi di neve e sulla gestione delle aree sciabili . Il capo II della legge dedica la sua trattazione al tema della responsabilità civile del gestore in relazione ai sinistri occorsi agli sciatori nella fase di discesa, a causa di anomalie della pista, dovute ad una cattiva gestione. Sul gestore infatti incombe l’obbligo di provvedere alla ordinaria e straordinaria manutenzione delle aree sciabili e di provvedere alla messa in sicurezza delle stesse, secondo quanto disposto dalle Regioni (art.3, 1° comma). Compito del gestore è quello di proteggere gli sciatori dagli ostacoli presenti lungo le piste, predisponendo adeguate protezioni e idonee segnalazioni delle situazioni di pericolo (utilizzare reti protettive colorate; predisporre recinzioni ai lati della pista; utilizzare materiale imbottito per rivestire ostacoli quali per esempio i piloni dell’impianto o gli alberi posti a bordo pista). “Per adempiere ai suoi obblighi deve controllare che le piste si trovino in condizioni tali da essere adeguatamente fruibili e da non esporre gli utenti a pericoli maggiori di quelli connessi alle ineliminabili difficoltà presentate dalla pista stessa”.(Tribunale di Pinerolo, 18 ottobre 2000). L’inosservanza di tali specifiche regole di condotta previste dalla legge nazionale e dalle discipline regionali fa sorgere in capo al gestore, una responsabilità per colpa. Quest’ultimo infatti, sarà obbligato al risarcimento del danno in tutti quei casi in cui lo sciatore danneggiato dimostrerà che il sinistro è dipeso da una trascuratezza nella periodica e costante manutenzione dei campi, da un’inefficace o irregolare segnaletica, dall’inesattezza delle informazioni relative alle condizioni della pista o da vizi di eventuali opere apprestate. Occorre ricordare che le piste da sci si differenziano per grado di difficoltà secondo una scala cromatica che va dal verde al nero e rientra tra i compiti del gestore quello di avvisare gli utenti in merito alla qualificazione cromatica della discesa che si accingono ad affrontare (art.5 comma 3). Ne consegue che “l’omessa segnalazione o eliminazione di un’imperfezione della pista, per esempio una gobba di media altezza, dovrà essere diversamente valutata in relazione al grado di difficoltà della pista e alle caratteristiche tecniche dello sciatore comune, in un certo tipo di pista” (Pretore di Aosta, 226/02/90, n.64). Tuttavia, è stato osservato come il gestore non possa essere chiamato a rispondere di ogni sasso che affiori e di ogni lastra di ghiaccio che si formi lungo la discesa ma spetta allo sciatore che affronta una pista, di cui non conosce le condizioni usare particolare attenzione e prudenza nel percorrerla così da poter fronteggiare eventuali anomalie che essa presenti. Va rilevato infatti che nell’attività sciistica è insito un certo margine di rischio, dovuto ad una molteplicità di fattori: alla peculiarità dell’attrezzo utilizzato (gli sci); alle velocità che si possono raggiungere; alla varietà dell’andamento delle piste; alle caratteristiche morfologiche (presenza di dossi, restringimento della pista); alla ripidità. Una giurisprudenza costante in materia, considerando l’esistenza di tali variabili, ha ritenuto che il gestore degli impianti possa essere chiamato a rispondere ex. art 2043 c.c, per l’imperizia dimostrata nell’adozione di cautele idonee a scongiurare eventi dannosi ,solo qualora il sinistro sia stato determinato da una vera e propria insidia ovvero da una situazione di pericolo occulto caratterizzata dalla non visibilità oggettiva e dalla non prevedibilità soggettiva del pericolo (Cassazione, 9/12/02, n. 17486) e dunque “non fronteggiabile da uno sciatore mediocremente attento e diligente” (Trib. Bolzano 27/07/98 ; App. Torino 5/07/97). Dunque, nessuna responsabilità sarà attribuita al gestore nei casi in cui la discesa presenti un insidia normalmente superabile e, allo stesso modo, sarà esente da colpa, tutte le volte in cui l’utente si procuri lesioni cadendo a causa della ripidità della discesa. La responsabilità del gestore, è stata invece affermata nel caso in cui nello svolgimento di un’attività di informazione e promozione pubblicitaria, vengano diffuse notizie sull’agibilità delle piste non corrispondenti alle reali condizioni delle stesse: tale attività di adversiting ingenera nello sciatore un legittimo affidamento tale da legittimare una pretesa risarcitoria ex. art 2043 nel caso in cui l’utente subisca un danno riconducibile a tale insidia inopinata. Tra l’altro, l’art. 7, comma quattro della suddetta legge, prevede proprio l’obbligo del gestore di chiudere le piste in caso di pericolo e non agibilità. Un’ ulteriore disposizione relativa alla responsabilità del gestore degli impianti di risalita è l’art 17 il quale prevede un esonero di responsabilità del gestore per incidenti verificatisi lungo i percorsi fuori-pista serviti dai medesimi impianti. In questi casi lo sciatore che affronta il tracciato non battuto, si assume integralmente i rischi connessi a tale imprudente decisione. Controversa appare la questione relativa alla possibilità di riconoscere in capo al gestore una responsabilità contrattuale (quindi non solo ex. art.2043 c.c) in virtù di un’interpretazione estensiva degli effetti del contratto di trasporto a monte. In particolare, secondo un consolidato orientamento dottrinario, il contratto tra sciatore e gestore è finalizzato ad attribuire all’utente la facoltà di utilizzare le piste da discesa, dietro pagamento di un corrispettivo, vista la stretta connessione funzionale tra impianti di risalita e piste da discesa. Secondo tale interpretazione, la prestazione del trasporto si inserirebbe in un ampio pacchetto di servizi offerti dal gestore, tra i quali rientrerebbero anche quelli connessi alla fase di discesa . Tale indirizzo ha trovato conferma nelle disposizioni contenute nella Legge n.363/03. La figura del gestore degli impianti e quella del concessionario delle piste da discesa coincidono e tale unicità di gestione sottolinea quel rapporto di strumentalità tra impianti di risalita e piste da discesa, l’utilizzo delle quali individua il vero scopo cui mirano i trasportatati. Un ulteriore elemento di valutazione si ricava dalla previsione all’art. 7 di tutta una serie di obblighi di manutenzione per il gestore, i cui costi vengono in parte trasferiti in capo all’utente, al momento di acquisto dello skipass. Pertanto il corrispettivo pagato sarebbe compresivo anche dell’utilizzo delle piste da discesa. A favore di tale interpretazione si colloca la definizione delle aree sciabili ex. art. 2 della suddetta legge: “Sono aree sciabili attrezzate le superfici innevate, anche artificialmente, aperte al pubblico e comprendenti piste, impianti di risalita e di innevamento, abitualmente riservate alla pratica degli sport sulla neve”. Il legislatore sembra considerare le piste da sci come veri e propri impianti sportivi costruiti al fine di garantire una pratica sicura degli sport invernali. Il riferimento infine ad unica figura imprenditoriale evidenzia la volontà di far ricadere la responsabilità per danni, in capo a coloro che, dotati di copertura assicurativa, gestiscono un’attività di impresa lucrativa. Tuttavia occorrerà valutare caso per caso il concreto svolgimento del rapporto tra gestore e utente dal momento che, in certi casi, la prestazione del gestore si limita al mero trasferimento dell’utente sia a monte che a valle. Su tale problematica si sono registrate posizioni giurisprudenziali tra loro divergenti soprattutto per ciò che concerne il trasporto a mezzo sciovia: da un lato la S.C ha ritenuto che il contratto di utenza di sciovia non possa essere qualificato come contratto tipico di trasporto, in quanto la necessaria collaborazione attiva e funzionale dello sciatore configurerebbe piuttosto un autotrasporto e non opererebbe pertanto la presunzione di cui all’art. 1681 c.c ; diversamente, alcuni giudici di merito continuano ad inquadrare la fattispecie nell’ambito del contratto di trasporto e conseguentemente applicano la predetta disposizione, riconoscendo in capo al gestore una responsabilità per i sinistri subiti dagli utenti-viaggiatori, se non prova di aver adottato tutte le misure per evitare il danno. Dott.ssa Perrucci Sarah
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