Articolo 331 del codice di procedura
penale
Denuncia da parte di pubblici
ufficiali e incaricati di un pubblico servizio
Testo della norma
1. Salvo quanto stabilito dall'articolo 347, i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio che, nell'esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno notizia di un reato perseguibile di ufficio, devono farne denuncia per iscritto, anche quando non sia individuata la persona alla quale il reato e' attribuito.
2. La denuncia e' presentata o trasmessa senza ritardo al pubblico ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria.
3. Quando piu' persone sono obbligate alla denuncia per il medesimo fatto, esse possono anche redigere e sottoscrivere un unico atto.
4. Se, nel corso di un procedimento civile o amministrativo, emerge un fatto nel quale si puo' configurare un reato perseguibile di ufficio, l'autorita' che procede redige e trasmette senza ritardo la denuncia al pubblico ministero.
Collocazione
Contenuto e applicazione
Se il privato cittadino ha una mera facoltà
(salvo determinati casi specifici) di denunciare un reato di cui abbia avuto
notizia all’autorità giudiziaria, sui soggetti che rivestono qualifiche
pubbliche (pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio) incombe invece
l’obbligo della denuncia,
relativamente ai reati perseguibili d’ufficio di cui abbiano avuto notizia nell’esercizio
o a causa, rispettivamente, delle loro funzioni o del loro servizio.
Salvo
che non si tratti di reati punibili a querela della persona offesa, il mancato
esercizio di tale obbligo, e cioè l’omissione
di denuncia, fa scattare conseguenze penali, anche aggravate qualora si
tratti di delitti contro la personalità dello Stato (ex art. 363 c.p.p.).
Affinchè sorga l’obbligo suddetto, la cui ratio è quella di consentire all’autorità
giudiziaria di promuovere l’azione penale, è necessario che la conoscenza del
fatto criminoso avvenga nell’esercizio o
a causa delle funzioni o del servizio e quindi “in concomitanza o a cagione delle funzioni
espletate” (Cass. n. 8937/2015; Cass. n. 26081/2008) e comunque “in dipendenza
dell’attività svolta” (Pret. Ragusa, 7.10.1996). Se però il pubblico ufficiale
o incaricato d ipubblico servizio “abbia notizia del reato in situazioni
differenti, l’obbligo cessa e al suo posto sorge la facoltà di denunciare
propria di qualsiasi cittadino” (Cass. n. 3534/2008).
La notizia di reato può essere acquisita anche in modo indiretto,
ossia non basato sulla percezione immediata del fatto ma derivante da dichiarazioni
di altri soggetti o da documenti. Secondo la giurisprudenza, anche una denuncia
contenuta in uno scritto anonimo,
pur se non può essere utilizzata probatoriamente, può e deve, in virtù del
principio di obbligatorietà dell’azione penale “costituire spunti per l’investigazione
del pubblico ministero o della polizia giudiziaria al fine di assumere dati
conoscitivi diretti a verificare se dall’anonimo possano ricavarsi gli estremi
utili per l’individuazione di una valida notizia criminis” (Cass. n. 4329/2008).
Allo stesso modo una “denuncia irrituale”,
considerata perciò alla stregua di una denuncia anonima, anche se scritto di per
sé inutilizzabile, è tuttavia “idonea a stimolare l'attività del
p.m. o della polizia giudiziaria al fine dell'assunzione di dati conoscitivi
atti a verificare se da essa possano ricavarsi indicazioni utili per
l'enucleazione di una notitia criminis suscettibile di essere approfondita con
gli strumenti legali” (Cass. n. 25932/2008).
Perché possa sorgere l’obbligo di
comunicazione è sufficiente che il pubblico ufficiale ravvisi nel fatto il fumus di un reato.
Ciò che conta, in sostanza, è la conoscenza
di un fatto storico, il quale, delineato nei suoi elementi essenziali, sulla
base delle nozioni proprie del soggetto qualificato, integri, anche secondo una
valutazione approssimativa, gli estremi di un reato, mentre non compete al
soggetto qualificato venuto a conoscenza del fatto, il compito di decidere se
lo stesso è punibile o meno o si riveli infondato: purché “presenti gli
elementi essenziali di un reato” deve denunciarlo “non essendo indispensabile
che la notizia di reato si riveli anche fondata nel successivo sviluppo
procedimentale” (Cass. n. 8937/2015). Presupposto del concretizzarsi dell’obbligo
di riferire è, dunque, “l’esistenza di
una notizia di reato che, pur non necessitando la certezza o anche il
dubbio circa l’esistenza dello stesso, deve essere riconducibile ad una
fattispecie illecita – mentre - i giudizi di valore complementari al ‘fatto
tipico’, vale a dire antigiuridicità e dolo, competono in via esclusiva all’autorità
giudiziaria” (Cass. n. 12021/2014). Ciò non toglie che, laddove il pubblico
ufficiale o incaricato di pubblico servizio, di fronte alla segnalazione di un
fatto avente connotazioni di possibile rilievo penale, “disponga i necessari approfondimenti all’interno del proprio
ufficio, al fine di verificare l’effettiva sussistenza di una ‘notitia criminis’
e non di elementi di mero sospetto”, non è integrato il reato di cui all’art. 361
c.p. (Cass. n. 12021/2014; Cass. n. 37756/2014).
Allo stesso modo, l’obbligo sorge allorquando
una pluralità di pubblici ufficiali e
incaricati di pubblico servizio venga a conoscenza contemporaneamente (o in
tempi diversi) della notizia di reato. Il dovere della denuncia grava
autonomamente su ciascuno di loro, salva la facoltà concessa dal terzo comma
della disposizione in esame, di redigere e sottoscrivere un unico atto.
Quanto alla condotta punibile, l’omissione
di denuncia si consuma anche con il semplice
ritardo. Il secondo comma dell’art. 331 c.p.p. richiede, infatti, che la
notizia venga trasmessa “senza ritardo”: criterio generico da intendersi
verificato, integrando il delitto di omessa denuncia, allorquando la dilazione
nella comunicazione della notizia di reato, fondata o meno che sia, incida
negativamente sulla pronta persecuzione del reato, non consentendo al pubblico
ministero qualsiasi iniziativa a lui spettante (Cass. n. 14465/2011).
La denuncia va presentata direttamente all’autorità
giudiziaria o, con effetto liberatorio, “ad
un’altra autorità che a quella abbia obbligo di riferirne” (cfr. art. 361
c.p.), intendendosi per tale “oltre a quella di polizia giudiziaria, un’autorità
che abbia col soggetto un rapporto in virtù del quale l’informativa ricevuta
valga a farle assumere l’obbligo medesimo in via primaria ed esclusiva”, come
nel caso delle organizzazioni di tipo gerarchico, “che vincolano all’informativa
interna, riservando a livelli superiori i rapporti esterni” (Cass. n.
11597/1995).
Articoli e guide:
Giurisprudenza essenziale:
Cassazione
penale, sentenza 13.1.2015, n. 8937
Integra
il delitto di omessa denuncia previsto dall'art. 362 c.p. la
condotta dell'incaricato di pubblico servizio che ometta di denunciare un
fatto di cui sia venuto a conoscenza, in concomitanza o a cagione delle
funzioni espletate, che presenti gli elementi essenziali di un reato, non essendo poi indispensabile che la
notizia di reato si riveli anche fondata nel successivo
sviluppo procedimentale.
Cassazione
penale, sentenza 3.6.2014, n. 36635
La disposizione
con la quale il giudice, ai sensi dell'art. 331, comma 1, c.p.p., ordina
trasmettersi gli atti al pubblico ministero per l'eventuale esercizio
dell'azione penale in ordine ad un fatto-reato, diverso e ulteriore rispetto a quello
oggetto del giudizio, non è impugnabile, trattandosi di provvedimento avente
carattere puramente ordinatorio e non decisorio, la cui adozione non pregiudica
posizioni soggettive, comunque tutelabili in diversa sede. (In motivazione, la
suprema Corte ha escluso che l'ordine di trasmissione possa essere affetto da
abnormità strutturale, essendo conseguente all'adempimento di un dovere
derivante da una specifica previsione normativa, ovvero da abnormità
funzionale, non determinando alcuna stasi o indebita regressione del processo).
Cassazione
penale, sentenza 6.2.2014, n. 12021
Non
integra il reato di cui all'art. 361 c.p. la condotta
del pubblico ufficiale che, dinanzi alla segnalazione di un fatto avente
connotazioni di possibile rilievo penale, disponga i necessari approfondimenti
all'interno del proprio ufficio, al fine di verificare l'effettiva sussistenza
di una "notitia criminis", e non di elementi di mero sospetto.
Cassazione
penale, sentenza 4.4.2008, n. 26081
L'omissione o il
ritardo del pubblico ufficiale nel denunciare i fatti di reato idonei ad
integrare il delitto di cui all'art. 361 c.p. si verifica solo quando il p.u.
sia in grado di individuare, con sicurezza, gli elementi di un reato, mentre,
qualora egli abbia il semplice sospetto di una possibile futura attività
illecita, deve, ricorrendone le condizioni, semplicemente adoperarsi per
impedire l'eventuale commissione del reato ma non è tenuto a presentare
denuncia.