1. L'imputato e il pubblico ministero possono chiedere al giudice l'applicazione, nella specie e nella misura indicata, di una sanzione sostitutiva o di una pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo, ovvero di una pena detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino a un terzo, non supera cinque anni soli o congiunti a pena pecuniaria.
1-bis. Sono esclusi dall'applicazione del comma 1 i procedimenti per i delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, i procedimenti per i delitti di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, primo, secondo, terzo e quinto comma, 600-quater, secondo comma, 600-quater.1, relativamente alla condotta di produzione o commercio di materiale pornografico, 600-quinquies, nonche' 609-bis, 609-ter, 609-quater e 609-octies del codice penale, nonche' quelli contro coloro che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali e per tendenza, o recidivi ai sensi dell'articolo 99, quarto comma, del codice penale, qualora la pena superi due anni soli o congiunti a pena pecuniaria.
1-ter. Nei procedimenti per i delitti previsti dagli articoli 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater e 322-bis del codice penale, l'ammissibilita' della richiesta di cui al comma 1 e' subordinata alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato.
2. Se vi e' il consenso anche della parte che non ha formulato la richiesta e non deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell'articolo 129, il giudice, sulla base degli atti, se ritiene corrette la qualificazione giuridica del fatto, l'applicazione e la comparazione delle circostanze prospettate dalle parti, nonche' congrua la pena indicata, ne dispone con sentenza l'applicazione enunciando nel dispositivo che vi e' stata la richiesta delle parti. Se vi e' costituzione di parte civile, il giudice non decide sulla relativa domanda; l'imputato e' tuttavia condannato al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile, salvo che ricorrano giusti motivi per la compensazione totale o parziale. Non si applica la disposizione dell'articolo 75, comma 3. ((Si applica l'articolo 537-bis)).
3. La parte, nel formulare la richiesta, puo' subordinarne l'efficacia alla concessione della sospensione condizionale della pena. In questo caso il giudice, se ritiene che la sospensione condizionale non puo' essere concessa, rigetta la richiesta.
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AGGIORNAMENTO (9)
La Corte costituzionale, con sentenza 26 giugno - 2 luglio 1990, n. 313 (in G.U. 1°a s.s. 04/07/1990, n. 27), ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 444, secondo comma, del codice di procedura penale 1988, nella parte in cui non prevede che, ai fini e nei limiti di cui all'art. 27, terzo comma, della Costituzione, il giudice possa valutare la congruita' della pena indicata dalle parti, rigettando la richiesta in ipotesi di sfavorevole valutazione".
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AGGIORNAMENTO (11)
La Corte costituzionale, con sentenza 26 settembre - 12 ottobre 1990, n. 443 (in G.U. 1a s.s. 17/10/1990, n. 41), ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 444, secondo comma, secondo periodo, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice condanni l'imputato al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, salvo che ritenga di disporne, per giusti motivi, la compensazione totale o parziale".
La norma tratta
del c.d. “patteggiamento”, ovvero il
procedimento speciale, di carattere
“premiale”, concepito con il fine di snellire il corso del processo, che
consente all’imputato di evitare l’approdo dibattimentale concordando con il
pubblico ministero una pena ridotta (fino a un terzo rispetto a quella
applicabile).
Il procedimento non è sempre esperibile, essendo
espressamente escluso per i reati di cui al comma 1-bis dell’art. 444 c.p.p.
(introdotto dalla l. n. 134/2003 e modificato da ultimo ad opera della l. n.
172/2012); inoltre, al fine di mitigarne l’estensione applicativa, il
legislatore ha previsto che si possa ricorrere al patteggiamento soltanto
laddove la pena detentiva, da sola o congiunta a quella pecuniaria, diminuita
fino ad un terzo, non ecceda i cinque
anni di reclusione (in luogo dei precedenti due, ante riforma della l. n.
134/2003).
La richiesta può
essere presentata unilateralmente
dall’imputato (personalmente o a mezzo procuratore speciale), con il
consenso del pm, o congiuntamente dalle parti, e va formulata per iscritto (è
consentita la richiesta orale soltanto in udienza).
In caso di
richiesta unilaterale, la parte non richiedente potrà dare il proprio consenso
o esprimere il proprio dissenso; laddove il pm, non acconsentisse al
patteggiamento è tenuto a motivarne le ragioni e il giudice, qualora le ritenga
ingiustificate potrà comunque concedere la riduzione della pena. Ad ogni modo,
anche nell’ipotesi di rigetto, l’imputato potrà rinnovare al giudice la
richiesta in dibattimento (cfr. art. 448 c.p.p.).
Il patteggiamento
può essere richiesto nel corso dello
svolgimento delle indagini preliminari
o fino alla presentazione delle conclusioni all’udienza preliminare, nonché in
caso di giudizio direttissimo o immediato, entro, rispettivamente, l’udienza di
apertura del dibattimento di primo grado e il termine, stabilito dall’art. 458,
comma , c.p.p., di quindici giorni dalla notifica del decreto di giudizio
immediato.
Prima di
pronunciarsi, il giudice dovrà
verificare l’ammissibilità della richiesta, appurando la correttezza della
qualificazione giuridica del reato, le circostanze prospettate dalle parti e la
congruità della riduzione della pena indicata.
Superato il
vaglio di ammissibilità, sempre che non debba essere pronunciata sentenza di
proscioglimento dell’imputato, il giudice potrà emettere sentenza di accoglimento sulla base delle indicazioni
delle parti enunciandolo nel dispositivo.
L’efficacia del patteggiamento,
infine, può essere subordinata dall’imputato alla concessione della sospensione condizionale della pena. In tal caso,
laddove il giudice ritenga insussistenti i presupposti per la concessione di
tale beneficio ciò comporta il rigetto anche della richiesta di riduzione della
pena, pur in presenza degli altri elementi per accoglierla.
» Il patteggiamento: l'applicazione della pena su richiesta delle parti
» Cassazione: Il patteggiamento come elemento di prova nel giudizio civile
Giurisprudenza essenziale:
Cassazione civile, sentenza 22/10/2014, n. 22384
Il giudice civile può utilizzare e valutare in autonomia ai fini della formazione del proprio convincimento ogni elemento dotato di efficacia probatoria, comprese le prove raccolte in un processo penale e, segnatamente, le risultanze della relazione di una consulenza tecnica esperita nell'ambito delle indagini preliminari, soprattutto quando la relazione abbia ad oggetto una situazione di fatto rilevante in entrambi i giudizi, e le dichiarazioni verbalizzate dagli organi di polizia giudiziaria in sede di sommarie informazioni testimoniali. Ciò anche se è mancato il vaglio critico del dibattimento in quanto il procedimento penale è stato definito ai sensi dell'art.444 c.p.p., potendo la parte, del resto, contestare, nell'ambito del giudizio civile, i fatti così acquisiti in sede penale.
Cassazione penale, sentenza 15/10/2014, n. 44368
Ai fini della determinazione della pena nella sentenza di patteggiamento, relativa a più fatti unificati per la cd. continuazione, è necessario individuare la violazione più grave, desumibile dalla pena da irrogare per i singoli reati, tenendo conto della eventuale applicazione di circostanze aggravanti o attenuanti, dell'eventuale giudizio di comparazione tra circostanze di segno opposto, e di ogni altro elemento di valutazione; una volta determinata la pena per il reato base, la stessa deve essere poi aumentata per la continuazione ed infine ridotta fino ad un terzo, ai sensi dell'art. 444, comma 1, c.p.p..
Cassazione penale, sentenza 07/10/2014, n. 49204
È inammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza che, su richiesta delle parti, abbia applicato la pena della reclusione in misura superiore a due anni in ordine ad un reato per il quale l'art. 444, comma 1 bis, c.p.p. esclude il patteggiamento "allargato", qualora l'imputato ometta di indicare nell'atto di impugnazione la ricorrenza di uno specifico e concreto interesse ad ottenere l'annullamento della sentenza patteggiata.
Corte Costituzionale, sentenza 25/06/2014, n. 184
È costituzionalmente illegittimo, per violazione degli art. 3 e 24, comma 2, costituzione, l'art. 517 c.p.p., nella parte in cui non prevede la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento l'applicazione di pena, a norma dell'art. 444 c.p.p., in seguito alla contestazione nel dibattimento di una circostanza aggravante che già risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale.
Cassazione civile, sentenza 16/06/2014, n. 13669
L'art. 445 comma 1 bis c.p.p., nel disporre che salvo quanto previsto dall'art. 653, la sentenza prevista dall'art. 444, comma 2 non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi, si riferisce al contenuto della sentenza. L'inefficacia, peraltro, non si spinge fino alla finzione di considerare tamquam non esset la sentenza stessa, ai fini dell'art. 2947, comma 3, c.c., altro essendo l'effetto della sentenza, altro la considerazione della stessa come termine a quo della prescrizione.
Cassazione penale, sentenza 29/04/2014, n. 23595
La contestazione di un reato concorrente, in sede di istruttoria dibattimentale, legittima l'imputato all'esercizio della facoltà di richiedere l'applicazione della pena, ex art. 444 c.p.p., esclusivamente con riguardo al nuovo reato contestato, con la conseguenza che il cd. patteggiamento non può essere esteso ai reati precedentemente e correttamente contestati e per i quali l'imputato non abbia tempestivamente richiesto i riti alternativi, accettando il dibattimento.
Cassazione penale, sentenza 11/02/2014, n. 12253
La facoltà dell'imputato di accedere al patteggiamento può essere esercitata, nel caso di imputazione alternativa fino al momento in cui il p.m., facendo venir meno l'incertezza determinata dalla duplicità di contestazioni, proceda a formulare l'imputazione definitiva.
Cassazione penale, sentenza 26/11/2013, n. 49461
Con la sentenza emessa ai sensi dell'art. 444 c.p.p. devono essere sempre applicate le sanzioni amministrative accessorie che ne conseguono di diritto, anche se non oggetto di accordo tra le parti.
Cassazione
penale, sentenza 27/11/2012, n. 15009
In tema di
patteggiamento, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l'erronea
qualificazione del fatto contenuto in sentenza deve essere limitata ai casi di
errore manifesto, ossia ai casi in cui sussiste l'eventualità che l'accordo
sulla pena si trasformi in un accordo sui reati, mentre deve essere esclusa
tutte le volte in cui la diversa qualificazione presenti margini di
opinabilità.