Testo dell'articolo 650 cpp
1. Salvo che sia diversamente disposto, le sentenze e i decreti penali hanno forza esecutiva quando sono divenuti irrevocabili.
2. Le sentenze di non luogo a procedere hanno forza esecutiva quando non sono piu' soggette a impugnazione.
Fonti
Codice di procedura penale – Libro Decimo – Esecuzione – Titolo I – Giudicato (artt. 648-654)
Contenuto e applicazione dell'articolo 650
La norma evidenzia il rapporto di “consequenzialità” diretta tra
l’irrevocabilità della sentenza e dei decreti penali di condanna e la loro forza esecutiva.
In particolare, il primo comma introduce la
nozione di “esecutività”, ossia la
capacità (astratta) dei provvedimenti (e dei precetti negli stessi contenuti)
di essere concretamente eseguiti, agganciandola,
in ossequio al principio di non colpevolezza sino alla condanna definitiva
costituzionalmente sancito, a quella di
“irrevocabilità”, ovvero al passaggio in giudicato della sentenza; per cui
l’efficacia esecutiva diventa “una caratteristica intrinseca” del provvedimento
divenuto irrevocabile (Cass. n. 1230/1999).
Il concetto di irrevocabilità è affermato
dall'art. 648 c.p.p. secondo il quale “sono irrevocabili le sentenze pronunciate in giudizio contro le quali non
è ammessa impugnazione diversa dalla revisione” (ovvero, se l’impugnazione è
ammessa, quando è decorso inutilmente il termine per proporla o quello per
impugnare l’ordinanza che l’ha dichiarata inammissibile, o, ancora, se vi è
stato ricorso per cassazione, l’irrevocabilità decorre dal giorno in cui è
pronunciata l’ordinanza o la sentenza che dichiara inammissibile o rigetta il
ricorso), e i decreti penali di condanna quando è “inutilmente decorso il
termine per proporre opposizione o quello per impugnare l’ordinanza che la
dichiara inammissibile”.
Pur statuendo che
ogni provvedimento irrevocabile è esecutivo, il legislatore inserisce tuttavia
una sorta di “clausola di salvezza”, prevedendo, nello
stesso comma 1, che ciò avviene “salvo
che sia diversamente disposto”, ammettendo così la possibilità di una “disgiunzione”
tra l’irrevocabilità e l’esecutività dei provvedimenti e, dunque disponendo, quale
eccezione alla regola generale, che anche alcuni provvedimenti
revocabili possano essere resi esecutivi.
Una di queste
eccezioni è rappresentata proprio dalle sentenze di non luogo a procedere di cui al comma 2
dell’art. 650 c.p.p. che acquistano, ex lege, forza esecutiva, nel momento
stesso in cui non sono più soggette ad impugnazione.
Ai fini pratici, considerato
che tali sentenze si limitano ad accertare
che non sussistono i presupposti per l’applicazione della legge penale, il
precetto di cui al comma 2 dell’art. 650 c.p.p. ha un carattere “residuale”,
comportando soltanto la cessazione delle
eventuali misure di sicurezza anticipatamente disposte che perderebbero la
loro efficacia in seguito alla pronuncia di non luogo a procedere.
Cassazione penale, sentenza 19/06/2013 n. 32477
Il principio secondo cui la sentenza di condanna per la parte divenuta irrevocabile deve essere posta in esecuzione anche in caso di rinvio parziale disposto dalla Corte di cassazione per ipotesi di reato in continuazione con la prima, ricollegabile alla regola della formazione progressiva del giudicato, trova applicazione solo se è stata determinata la pena minima che il condannato deve comunque espiare. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato l'ordinanza del giudice dell'esecuzione, che aveva determinato la pena in concreto da espiare sebbene il giudizio di rinvio avrebbe potuto individuare un diverso reato più grave e, conseguentemente, calcolare la pena in modo diverso).
Cassazione
penale, sentenza 05/06/2012 n. 23592
La formazione del giudicato parziale, per essere la decisione di condanna divenuta irrevocabile in relazione all'affermazione di responsabilità per uno o per alcuni dei reati contestati con indicazione della pena che il condannato deve comunque espiare, impone che la condanna sia messa in esecuzione, a nulla rilevando l'annullamento con rinvio per gli altri autonomi capi.
Cassazione
penale, sentenza 02/07/2004 n. 2541
In materia di esecutività delle sentenze, quando la
decisione divenga irrevocabile in relazione alla affermazione di
responsabilità, anche per uno solo o per alcuni dei reati contestati e contenga
già l'indicazione della pena minima che il condannato deve comunque espiare,
questa deve essere messa in esecuzione in quanto l'eventuale rinvio disposto
dalla Corte di cassazione relativamente ad altri reati non incide
sull'immediata eseguibilità delle statuizioni residue aventi propria autonomia
(affermando il principio, la Corte ha rigettato il ricorso - proposto contro
l'ordinanza del giudice dell'esecuzione reiettiva della richiesta di immediata
scarcerazione -, fondato sul presupposto della non eseguibilità della condanna
per essere stata essa parzialmente annullata con rinvio dalla Cassazione in relazione
ad una delle imputazioni, in accoglimento della richiesta di applicazione della
disciplina del reato continuato. Ha ritenuto la Corte che il parziale
annullamento con rinvio pronunziato in sede di legittimità, ed afferente al
solo reato di detenzione di armi, non incide sull'irrevocabilità della condanna
definitivamente pronunziata per le altre imputazioni, tra cui l'associazione
mafiosa, atteso che anche l'eventuale più favorevole pronunzia rescissoria - in
ipotesi di riconoscimento della continuazione - non produrrebbe effetto sulla
pena in concreto irrogata).
Cassazione
penale, sentenza 20/08/1997, n. 3216
Attesa la possibilità di formazione
progressiva del giudicato penale, e considerato che l'irrevocabilità, ai sensi
dell'art. 650 c.p.p., dà luogo, di
regola, all'esecutività della
decisione, deve ritenersi che, in presenza di capi di sentenza divenuti
definitivi tanto con riguardo all'affermazione di responsabilità quanto con
riguardo alla determinazione della relativa pena, legittimamente quest'ultima
possa essere messa in esecuzione. (Nella specie, in applicazione di tale
principio, la S.C. ha ritenuto che legittimamente, in un caso in cui si era
proceduto per più reati uniti per continuazione, si fosse messa in esecuzione
la pena relativa al reato base, in pendenza del giudizio di rinvio avente ad
oggetto unicamente il reato satellite).
Cassazione
penale, sez. I, sentenza 12/02/1993
L'irrevocabilità e la conseguente
esecutività della sentenza penale di condanna, ai sensi del combinato disposto
degli art. 648 e 650 c.p.p., debbono necessariamente riguardare il capo
d'imputazione nella sua interezza, nulla rilevando in contrario la possibilità
di formazione di un giudicato parziale prevista, nel caso di annullamento con
rinvio, dall'art. 624 comma 1 c.p.p., giacché, in tale ultima ipotesi, si
tratta di una irrevocabilità connessa allo sviluppo del rapporto processuale e
limitata ad una o più statuizioni aventi un'autonomia giuridico-concettuale
anche nell'ambito di un singolo capo d'imputazione, senza che però ciò incida
sulla concreta realizzabilità della pretesa punitiva dello Stato, richiedendo
questa pur sempre la formazione di un giudicato di condanna che non può dirsi
realizzato finché il soggetto rivesta comunque la qualifica di imputato. (Nella
specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha escluso che potesse
darsi esecuzione, sia pur limitatamente alla parte di pena che sarebbe
residuata in caso di applicazione nella massima possibile estensione delle
attenuanti generiche, ad una sentenza di condanna che era stata annullata con
rinvio unicamente sul punto attinente la concedibilità o meno di dette
attenuanti).