Il quesito:
Tizio procede alla guida della propria autovettura, perde il controllo della stessa e
precipita nella scarpata sottostante.
Soccorso e trasportato all'ospedale,
Tizio, apparentemente in buone condizioni, viene sottoposto da Caio, medico di
guardia, ad esame clinico, nel corso del quale gli viene suturata una ferita
lacero - contusa all'emitorace sinistro. Subito dopo Tizio viene dimesso.
Nel
corso della notte le condizioni si salute di Tizio peggiorano bruscamente, tanto
che il giorno seguente egli decede.
Dall'esame autoptico, disposto
dall'autorità giudiziari, risulta che la causa della morte è attribuibile a
lesioni interne e che, seppure non poteva affermarsi che un immediato intervento
chirurgico avrebbe evitato la morte di Tizio, nondimeno detto intervento avrebbe
sicuramente aumentato le possibilità di successo terapeutico.
Caio si rivolge
ad un legale.
Il candidato, assunte le vesti del legale di Caio, rediga
motivato parere nel quale illustrate le problematiche sottese alla fattispecie
in esame, prospetti adeguata linea difensiva.
Svolgimento:
La valutazione della condotta di Caio, può essere correttamente valutata effettuando una preventiva disamina del nesso di causalità.
Il nesso di causalità rappresenta l’anello di congiunzione tra la condotta tenuta dal soggetto agente (che lo ricordiamo, può anche essere una condotta omissiva) e l’evento concretamente verificatosi; esso trova puntuale definizione nell’art. 40 c.p. che afferma “nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l’evento dannoso o pericoloso da cui dipende l’esistenza del reato non è conseguenza della sua azione o omissione”. La dottrina, nel corso degli anni, ha elaborato numerose teorie relative al nesso di causalità, ma l’articolo appena citato, non ci permette di cogliere con certezza un modello ben definito e univoco di causalità, da applicare nel caso concreto.
La teoria condizionalistica (cioè della causalità) più tradizionale è rappresentata dalla teoria del procedimento di eliminazione mentale, detta anche formula della condicio sine qua non, secondo la quale un’azione è condicio sine qua non di un evento, se non può essere mentalmente eliminata senza che l’evento stesso venga meno: in altre parole, se viene meno l’azione, viene meno anche l’evento dannoso o pericoloso. L’applicazione rigorosa di questa teoria, ha portato in alcuni casi a dei risultati a dir poco aberranti, come ad esempio nel caso del regresso all’infinito, della causalità alternativa ipotetica o della causalità addizionale. Nonostante i numerosi correttivi applicati, la detta teoria rimane inapplicabile in una serie di casi molto consistente: il metodo dell’eliminazione mentale infatti, non funziona ove non si sappia in anticipo se in generale sussistono rapporti di derivazione tra determinati antecedenti e determinati conseguenti. Questo problema può essere risolto, utilizzando il modello della sussunzione sotto leggi scientifiche: secondo questo modello, un antecedente può essere configurato come condizione necessaria solo a patto che esso rientri nel novero di quegli antecedenti che, sulla base di una successione regolare conforme ad una legge dotata di validità scientifica (cd legge generale di copertura), portano ad eventi del tipo di quello verificatosi in concreto. Occorre insomma che l’accadimento concretamente avvenuto possa essere spiegato sulla base di una legge generale di copertura, la quale permette di sussumere in se stessa il rapporto azione – evento concepiti non come fenomeni singolari e irripetibili, bensì come accadimenti riproducibili in presenza del ricorrere di determinate condizioni. Le leggi scientifiche atte a spiegare le relazioni tra accadimenti possono essere di due diversi tipi: universali e statistiche. Le prime sono in grado di affermare che la verificazione di un evento è sempre e invariabilmente accompagnata dalla verificazione di un altro evento: questo tipo di leggi stabiliscono un rapporto di regolarità tra fenomeni non smentito da alcuna eccezione e soddisfano dunque al massimo esigenze di rigore scientifico e di certezza. Le leggi statistiche invece, si limitano ad affermare che il verificarsi di un evento è accompagnato dal verificarsi di un altro evento soltanto in una certa percentuale di casi: tali leggi sono tanto più dotate di validità scientifica, quanto più sono suscettive di trovare applicazione in un numero sufficientemente alto di casi e di ricevere una conferma attraverso il ricorso a metodi di prova razionali e controllabili.
Ovviamente l’ideale sarebbe poter ricorrere sempre alle leggi universali, dato che il loro grado di certezza è assoluto, ma nella realtà raramente questo può avvenire: in sede di accertamento giudiziale della causalità è necessario dunque accontentarsi di una misura di certezza inferiore a quella garantita dall’applicazione delle leggi universali.
Il Giudice dunque, nel corso dell’accertamento del nesso di causalità potrà ricorrere a delle leggi di carattere statistico, ma purché l’evento risulti attribuibile all’agente sulla base di una legge statistica è necessario dimostrare che senza la condotta dell’agente (dunque attiva od omissiva) l’evento dannoso o pericoloso, con un alto grado di probabilità, non si sarebbe verificato. Il modello di teoria condizionalistica appena esplicato, è quello che trova il maggior numero di consensi nella giurisprudenza italiana.
Nel caso di specie, Caio, medico di guardia del pronto soccorso, accoglieva nella struttura ospedaliera, Tizio, vittima di un incidente stradale. Nel corso dell’esame clinico che veniva prontamente effettuato al ferito, il medico trovando Tizio in buone condizione generali, si limitava a saturargli una ferita lacero – contusa all’emitorace sinistro e lo dimetteva. Il giorno dopo l’uomo decedeva e l’esame autopitico disposto dall’autorità giudiziaria affermava che la morte era stata cagionata da lesioni interne, e che un intervento di riduzione della lesione prontamente eseguito, non avrebbe con certezza evitato la morte di Tizio. Alla luce di quanto affermato dal medico – patologo che ha eseguito l’autopsia sul corpo di Tizio, nessuna responsabilità penale può essere attribuita al medico Caio per assoluta mancanza del nesso di causalità: non è possibile affermare infatti che la condotta omissiva di Caio abbia cagionato l’evento morte di Tizio o che (capovolgendo il discorso) se Caio avesse effettuato l’intervento di riduzione della lesione interna patita da Tizio, l’uomo sarebbe, con un alto grado di certezza, sopravvissuto. In tal senso la giurisprudenza recente che afferma “ nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, sicchè esso è configurabile solo se si accerti che, ipotizzando come avvenuta l’azione che sarebbe stata doverosa, la condotta omissiva è stata condizione necessaria dell’evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo o avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva (cass. Pen. Sez. Unite 02/222138). In tal senso anche la giurisprudenza più recente che afferma “nei reati omissivi impropri, la sussistenza del nesso di causalità non può essere affermata sulla base di una valutazione di probabilità statistica risultando invece necessaria la formulazione di un giudizio di probabilità logica cge consenta di ritenere l’evento specifico riconducibile all’omissione dell’agente al di là di ogni ragionevole dubbio (Cass. Civ. sez IV 07/237876).
E’doveroso ricordare inoltre, che nessun rimprovero può essere mosso a Caio, neppure sul piano di un’eventuale colpevolezza in quanto il medico ha svolto la sua attività con perizia e diligenza, sottoponendo Tizio ad un esame clinico adeguato alla situazione concreta, caratterizzata da un paziente in buone condizioni.
Caio dunque, non potrà ritenersi responsabile della morte di Tizio, in quando la condotta da lui tenuta, non ha causato l’evento morte.