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La discrezionalità amministrativa
Secondo quanto dichiara parte della dottrina (come il Virga), la discrezionalità può definirsi coma quella facoltà di scelta che residua tra più comportamenti leciti per il soddisfacimento dell'interesse pubblico. Il Giannini, invece, definisce la discrezionalità come quella ponderazione comparativa di più interessi secondari in ordine all'interesse primario.
Contrariamente, la discrezionalità viene a mancare in caso di attività vincolata e quando cioè quello spazio di scelta residuale non esiste perché il legislatore ha deciso precedentemente il modo d'azione della P.A. In generale si può affermare che è la legge che determina il fine dell'azione della P.A. e, a seconda che venga lasciato un certo margine di spazio nella scelta del "modus operandi", avremo o meno attività vincolata o attività discrezionale. Anche nel caso di attività discrezionale, ci sono dei limiti invalicabili rappresentati dall'interesse pubblico, come interesse della collettività, causa del potere e cioè la discrezionalità deve sempre perseguire un fine che risponda alla causa del potere che si esercita. Non si può, ovviamente, prescindere dai principi di logica, imparzialità e ragionevolezza e infine, dal principio di esatta e completa informazione.