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Il pubblico impiego è il rapporto di lavoro che si instaura tra un lavoratore e una PA, disciplinato in maniera peculiare rispetto all'impiego privato.
- Quali sono le pubbliche amministrazioni
- Pubblico impiego: la disciplina
- La privatizzazione del pubblico impiego
- La riforma Madia del pubblico impiego
Quali sono le pubbliche amministrazioni
Prima di esaminare le caratteristiche del pubblico impiego, occorre chiarire quali sono le pubbliche amministrazioni che, in qualità di datore di lavoro, sono parte di tale peculiare forma di lavoro subordinato.
Esse sono, sostanzialmente:
- le amministrazioni statali,
- le regioni, le province e i comuni,
- le comunità montane e i loro consorzi e associazioni,
- le istituzioni universitarie,
- gli istituti autonomi case popolari,
- le camere di commercio, industria, artigianato, agricoltura e le loro associazioni,
- gli enti pubblici non economici nazionali,
- le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale,
- gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali,
- l'agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni,
- le agenzie pubbliche.
Pubblico impiego: la disciplina
Per lungo tempo, il pubblico impiego era disciplinato esclusivamente attraverso norme di diritto pubblico. A seguito della cd. privatizzazione, tuttavia, questo tipo di rapporto di lavoro è oggi regolato, in prevalenza, dalle norme del codice civile e da tutte le norme sul lavoro subordinato, con qualche eccezione, come ad esempio quelle in tema di mobilità e mutamento di mansioni previste dal decreto legislativo numero 165/2001.
Ma la principale differenza tra i due tipi di rapporto è rappresentata dalle modalità di accesso al lavoro: per espressa previsione costituzionale, infatti, ancora oggi al pubblico impiego si accede esclusivamente mediante concorso (art. 97 Cost.).
Le caratteristiche del rapporto
In ogni caso, il rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione si configura come un rapporto volontario, in quanto per la sua costituzione è richiesta la volontà dei due soggetti coinvolti: la pubblica amministrazione e il dipendente.
Si tratta, inoltre, di un rapporto strettamente personale, in ragione delle capacità intellettive e delle abilità tecniche richieste al lavoratore e della fiducia che l'ente deve avere nei confronti del proprio dipendente. Si tratta, insomma, di un rapporto costituito "intuitu personae".
Il rapporto, poi, deve basarsi su un nesso sinallagmatico: la prestazione lavorativa e la retribuzione devono essere legate far loro da un rapporto di reciprocità.
La circostanza che la prestazione lavorativa sia svolta alle dipendenze della pubblica amministrazione, fa sì che un'ulteriore caratteristica del rapporto sia quella della subordinazione.
La privatizzazione del pubblico impiego
Si è detto che nel corso degli anni il pubblico impiego ha subito delle sostanziali modifiche che ne hanno determinato la cd. privatizzazione.
La prima tappa rilevante in tal senso è rappresentata dal d.lgs. n. 29/1993, che ha ricondotto il lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione nell'ambito del modello applicato al lavoro privato, stabilendo che i rapporti lavorativi fossero disciplinati dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa.
Il secondo passaggio fondamentale si è avuto, poi, con la legge delega numero 59/1997, attuata con il d.lgs. n. 20/1998 e il d.lgs. n. 387/1998 e alla quale ha fatto seguito, pochi anni dopo, il d.lgs. n. 165/2001 che, tuttora, detta le norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
Anche successivamente al 2001, numerosi altri interventi legislativi hanno modificato il lavoro pubblico, cristallizzandone la privatizzazione. Tra di essi merita in particolare di essere menzionata la legge delega n. 15/2009, che ha trovato attuazione con il cd. decreto Brunetta (d.lgs. n. 150/2009).
Le eccezioni
Ancora oggi, tuttavia, alcuni pubblici dipendenti restano estranei alla privatizzazione. Si tratta delle seguenti categorie: "magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e delle Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia", come si legge dal testo dell'art. 3 del d.lgs. n. 165/2001, nonché i dipendenti degli enti che svolgono la loro attività in materia di risparmio, funzione creditizia e valutaria, tutela del risparmio, valore immobiliare e tutela della concorrenza e del mercato (materie contemplate dall'articolo 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n.691, e dalle leggi 4 giugno 1985, n.281, e successive modificazioni ed integrazioni, e 10 ottobre 1990, n.287).
Il contratto di lavoro dei professori e i ricercatori universitari, "resta disciplinato dalle disposizioni rispettivamente vigenti, in attesa della specifica disciplina che la regoli in modo organico ed in conformità ai principi della autonomia universitaria di cui all'articolo 33 della Costituzione ed agli articoli 6 e seguenti della legge 9 maggio 1989, n.168, e successive modificazioni ed integrazioni, tenuto conto dei principi di cui all'articolo 2, comma 1, della legge 23 ottobre 1992. n.421" (art. 3).
La riforma Madia del pubblico impiego
Negli ultimi anni, il pubblico impiego ha conosciuto una nuova stagione di cambiamenti, inaugurata dalla cd. riforma Madia.
Proprio in attuazione di tale riforma, il Consiglio dei ministri ha infatti emanato, tra gli altri, due importanti decreti legislativi che hanno comportato delle significative novità nell'ambito del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni: il d.lgs. n. 74/2017 e il d.lgs. n. 75/2017.
Essi rilevano in particolare per aver modificato la disciplina della valutazione delle performance, delle assunzioni (attraverso l'introduzione del piano triennale dei fabbisogni), delle azioni disciplinari, della valorizzazione dell'esperienza professionale, dell'integrazione dei disabili e dell'indennizzo in caso di licenziamento illegittimo.
Data: 11 febbraio 2021