Affido condiviso
L'affido condiviso (legge 54/2006) è la regola che disciplina l'affidamento dei figli quando cessa la relazione affettiva e la convivenza tra i genitori
- Cos'è l'affido condiviso e cosa dice la legge
- Collocamento del minore
- Ascolto dei minori
- Affido condiviso e assegni familiari
- Affido esclusivo
- Revisione delle disposizioni sull'affidamento dei figli
- Poteri del giudice e limiti decisionali
Cos'è l'affido condiviso e cosa dice la legge
L'affidamento condiviso è la regola che disciplina l'affidamento dei figli a seguito della cessazione della relazione affettiva e quindi della convivenza tra i genitori.
Attraverso il modello dell'affidamento condiviso, viene garantito:
- l'esercizio effettivo della responsabilità genitoriale da parte di entrambi i genitori;
- La partecipazione di entrambi i genitori alla cura e all'educazione dei figli.
- La necessità di prendere insieme le decisioni di maggiore interesse per i minori (ad esempio quelle relative come quelle relative alla scuola, alla salute e alle scelte educative)
Nel caso in cui vi sia un disaccordo sulle questioni di maggiore interesse, le parti dovranno rivolgersi al giudice. Mentre per le questioni di ordinaria amministrazione il giudice può anche disporre che i genitori possano prendere decisioni separatamente.
La legge 54/2006
L'istituto dell'affidamento condiviso è stato introdotto nel nostro ordinamento giuridico con la legge n. 54 del 2006 al fine di dettare nuove regole per l'esercizio di quella che oggi viene definita la responsabilità genitoriale introducendo nel nostro ordinamento il cd. "principio della bigenitorialità".
La principale novità introdotta dalla legge n. 54/2006 è il completo ribaltamento del rapporto regola/eccezione in materia di affidamento: l'affido prima definito "congiunto", da mera opzione, peraltro scarsamente adottata in concreto, è divenuta la regola, al punto che è oggi necessaria una specifica motivazione, da riportare nel provvedimento giurisdizionale, per stabilire l'affidamento esclusivo.
L'art. 337-ter del codice civile impone oggi al giudice di valutare "prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori", in modo da realizzare al meglio il diritto della prole a "mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi".
Collocamento del minore
Disporre l'affidamento condiviso, se da un lato consente di esercitare insieme la responsabilità genitoriale, dall'altro lascia aperta la questione della residenza del minore.
Nella maggior parte dei casi, i figli vengono materialmente collocati presso la madre a cui, in genere, viene anche assegnata la casa familiare.
Questa "preferenza" per la madre deriva dal fatto che il suo ruolo viene considerato centrale e maggiormente adatto all'educazione dei figli.
In ogni caso, a differenza di quanto accadeva in passato, oggi con l'affidamento condiviso si vuole garantire ai figli il diritto a mantenere un rapporto equilibrato con entrambi i genitori. Per questo quando il giudice decide sulla residenza dei figli, determina anche tempi e modalità per garantire la presenza dei figli presso il genitore non collocatario.
Le linee guida dei tribunali sul collocamento dei minori
Sulla questione della residenza del minore e del suo collocamento prevalente, negli ultimi tempi alcuni tribunali stanno assumendo delle posizioni diametralmente opposte alla prassi consolidata. Si tenta di interpretare l'affidamento condiviso nel senso di escludere il collocamento prevalente del figlio.
A formalizzare per primo tale orientamento è stato il Tribunale di Brindisi, che nelle linee guida per la sezione famiglia diffuse a inizio 2017 ha decretato la necessità di un coinvolgimento quotidiano sia della mamma che del papà nella crescita e nell'educazione dei figli.
A tal fine si è previsto, quindi, che la residenza dei minori assume una rilevanza meramente anagrafica e che gli stessi devono essere domiciliati presso entrambi i genitori, con pari possibilità di frequentarli e senza un'imposizione definita a priori dei tempi da trascorrere con ciascuno.
L'addio al collocamento prevalente decretato dal Tribunale di Brindisi si riflette, peraltro, su diversi altri aspetti, tra i quali quelli inerenti l'assegnazione della casa familiare che, vista la frequentazione equilibrata dei minori con tutti e due i genitori, resta al proprietario senza alcuna possibilità di contestazione in argomento (Leggi: "Affido condiviso: addio al collocamento prevalente"
Il Tribunale di Milano, resta invece ancorato all'applicabilità del collocamento prevalente ma fa notare che il principio di bigenitorialità e quello della parità genitoriale deve portare all'abbandono del criterio della "maternal preference" in favore del criterio di "neutralità del genitore affidatario". In tal senso sia il padre, sia la madre possono essere genitori collocatari "in base al solo preminente interesse del minore... non potendo essere il solo genere a determinare una preferenza per l'uno o l'altro ramo genitoriale"
Ascolto del minore
Con espresso riferimento all'affidamento dei minori, il codice civile prevede che i figli devono essere ascoltati in tutte le questioni e le procedure che li riguardano, quindi, ovviamente, anche quando si discuta del loro affidamento.
Tale previsione è contenuta nell'articolo 315-bis, inserito dalla legge n. 219/2012 e con il quale viene riconosciuta una maggior centralità al ruolo rivestito dai minori nei processi.
L'esistenza del diritto all'ascolto del minore è ribadita dall'articolo 366-bis, introdotto dal decreto legislativo n. 54/2013, il cui primo comma così dispone: "Il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento è ascoltato dal presidente del tribunale o dal giudice delegato nell'ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano. Se l'ascolto è in contrasto con l'interesse del minore, o manifestamente superfluo, il giudice non procede all'adempimento dandone atto con provvedimento motivato".
La norma prosegue precisando che è il giudice che conduce l'ascolto, anche con l'aiuto di esperti o altri ausiliari mentre la partecipazione di genitori, difensori delle parti, curatore speciale del minore e P.M. è possibile solo previa autorizzazione del giudice.
Affido condiviso e assegni familiari
Quando viene disposto l'affidamento condiviso, entrambi i genitori hanno diritto a richiedere gli assegni familiari, con la conseguenza che diviene indispensabile un accordo tra gli stessi sul punto. Se questo manca, tuttavia, a prevalere è il diritto del genitore collocatario. Peraltro, al genitore collocatario può essere corrisposto l'assegno familiare anche nel caso in cui egli non sia titolare di un autonomo diritto a richiedere tale prestazione (in quanto non lavoratore né titolare di pensione): se tale ipotesi si verifica, l'assegno viene corrisposto sulla base della posizione tutelata dell'altro coniuge.
Affido esclusivo
Secondo quanto dispone l'art. 337-quater "Il giudice può disporre l'affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l'affidamento all'altro sia contrario all'interesse del minore."
Viene per questo riconosciuta a ciascun genitore la possibilità di opporsi all'affidamento condiviso e di richiedere l'affidamento esclusivo.
Al fine di scongiurare il rischio che vengano esperite azioni giudiziarie prive di fondamento, l'art. 337-bis del codice civile prevede però che, qualora la domanda risulti manifestamente infondata, il giudice può valutare negativamente il comportamento del genitore istante, ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell'interesse dei figli.
In caso di affidamento esclusivo, il genitore affidatario esercita la responsabilità genitoriale sui figli attenendosi alle condizioni determinate dal giudice. Ma, salvo diversa disposizione, restano ad entrambi i genitori le decisioni di maggiore interesse per i figli.
Attenzione però: anche laddove sia disposto l'affidamento esclusivo in capo a un genitore, il ruolo dell'altro non viene meno ma quest'ultimo conserva comunque il diritto ed anche il dovere di vigilare sulla istruzione dei figli e sulla loro educazione. Può persino ricorrere al giudice se ritiene che siano state assunte decisioni sui figli "pregiudizievoli al loro interesse".
Revisione disposizioni sull'affidamento dei figli
Più in generale va precisato che in ogni caso, qualunque sia stata la forma delle decisioni sull'affidamento dei figli, i genitori hanno sempre diritto di chiedere la revisione delle relative disposizioni nel caso in cui si modifichino le situazioni che le hanno determinate in un senso oppure in un altro.
Poteri del giudice e limiti decisionali
Dopo aver ribadito il principio dell'assoluta preminenza dell'interesse morale e materiale dei figli, la legge sull'affidamento condiviso, affida al giudice il compito di determinare "i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione dei figli".
Il potere del giudice in argomento, quindi, risulta oggi molto forte e non è più limitato alla determinazione del solo diritto di visita. Esso, tuttavia, trova un limite importante nell'obbligo giudiziale di "prendere atto" degli accordi intervenuti tra i genitori.
Il dovere di "prendere atto" degli accordi dei genitori, viene in ogni caso meno se l'organo giudicante rileva un contrasto con l'interesse dei figli.
Per approfondimenti: