Fallimento delle società

Il r.d. n. 267/1942 dedica l'intero capo X del titolo sul fallimento alla procedura fallimentare delle società, prevedendo diverse regole sulla base del tipo specifico di società, in ordine all'estensione del fallimento ai soci e all'esercizio di azioni di responsabilità nei confronti di uno o più organi della società medesima.

La nuova formulazione dell'art. 146 L.F., in proposito, dispone che gli amministratori e i liquidatori della società sono tenuti ai medesimi obblighi imposti al fallito dall'art. 49 (ovvero, a fornire informazioni o chiarimenti ove necessari, a comunicare ogni cambiamento della propria residenza o del proprio domicilio, ai fini della gestione della procedura) e che gli stessi debbano essere sentiti in tutti i casi in cui la legge richiede che sia sentito il fallito.

La disposizione (art. 146, 2° comma, L.F.) attribuisce al curatore, previa autorizzazione del giudice delegato e sentito il comitato dei creditori, il compito di esercitare non solo le azioni di responsabilità contro gli amministratori, i componenti degli organi di controllo, i direttori generali e i liquidatori, ma anche l'azione di responsabilità contro i soci della società a responsabilità limitata, nei casi previsti dall'articolo 2476, comma 7, del codice civile.

L'aspetto più interessante delle disposizioni sul fallimento delle società, nel nuovo quadro delineato dal legislatore della riforma, riguarda la posizione dei singoli soci e del c.d. "fallimento per estensione", ovvero il fallimento dei soci illimitatamente irresponsabili quale conseguenza automatica del fallimento della società.

Norma fondamentale in materia è l'art. 147 L.F. che tratta del fallimento delle società con soci a responsabilità illimitata.

Tale disposizione, secondo le innovazioni apportate dal legislatore riformista che hanno delineato i tipi di società e i soci cui sono applicabili le regole in essa contenute, si applica prevalentemente alle società di persone, ed in particolare alle società in nome collettivo e a quelle in accomandita, semplice e per azioni, come si desume dallo stesso tenore letterale del primo comma: "la sentenza che dichiara il fallimento di una società appartenente ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile, produce anche il fallimento dei soci, pur se non persone fisiche, illimitatamente responsabili".

La dottrina non ha mancato di sottolineare come il d.lgs. n. 5/2006 abbia inserito l'inciso "pur se non persone fisiche", al fine di estendere il fallimento anche a società di capitali che abbiano acquistato partecipazioni in una società con soci illimitatamente responsabili, divenendone soci. La novella in questione è da ritenersi strettamente correlata al nuovo testo dell'art. 2361 c.c., il quale prevede che le società per azioni possano acquistare la qualità di socio di società con soci a responsabilità illimitata assumendo, quindi, siffatta posizione, pur nel rispetto di specifiche cautele, quali la deliberazione assembleare di autorizzazione agli amministratori e l'evidenza espressa della specificità di siffatta partecipazione nei bilanci. Da ciò deriva, oggi in modo indiscutibile, che la società di capitali può essere dichiarata fallita "in estensione" ex art. 147 L.F.

Secondo il disposto di cui all'art. 147, 2° comma, L.F., il fallimento dei soci non può essere dichiarato decorso un anno dallo scioglimento del rapporto sociale o dalla cessazione della responsabilità illimitata anche in caso di trasformazione, fusione o scissione, se sono state osservate le formalità per rendere noti ai terzi i fatti indicati.

La dichiarazione di fallimento è possibile solo se l'insolvenza della società attenga, in tutto o in parte, a debiti esistenti alla data della cessazione della responsabilità illimitata.

Analogamente al diritto di audizione spettante al singolo imprenditore, anche ai soci falliti viene assicurato il diritto alla difesa. Ex art. 147, 3 comma, L.F., infatti, è previsto che il tribunale, "prima di dichiarare il fallimento dei soci illimitatamente responsabili, deve disporne la convocazione a norma dell'articolo 15".

Inoltre, al penultimo comma dell'art. 147 L.F., è stabilito che contro la sentenza del tribunale è ammesso reclamo a norma dell'art. 18. In caso di rigetto della domanda, avverso il decreto del tribunale, l'istante può reclamare innanzi alla corte d'appello a norma dell'art. 22.

Sotto il profilo procedurale, l'art. 148 prevede che, nei casi previsti dall'art. 147, il tribunale nomina, sia per il fallimento della società, sia per quello dei soci, un solo giudice delegato e un solo curatore, pur rimanendo distinte le diverse procedure. Possono essere nominati, invece, più comitati dei creditori, ferma restando la distinzione tra il patrimonio della società e quello dei singoli soci.

L'art. 148 L.F., poi, si occupa di regolare i rispettivi diritti dei creditori sociali, il cui credito si intende dichiarato per l'intero e con il medesimo privilegio generale anche nel fallimento dei singoli soci, e dei creditori particolari dei singoli soci, che possono partecipare soltanto al fallimento dei soci loro debitori.

Il successivo art. 149 L.F. precisa che il fallimento di uno o più soci illimitatamente responsabili non produce il fallimento della società.

Passando alla posizione dei soci a responsabilità limitata, il fallimento della società non comporta, quale conseguenza automatica, il pedissequo fallimento degli stessi.

Nel nuovo art. 150 L.F., aggiunto dal legislatore della riforma, è disposto che il giudice delegato, nei fallimenti delle società con soci a responsabilità limitata, possa, su proposta del curatore, ingiungere, con decreto, ai singoli soci (e ai precedenti titolari di quote o azioni), di eseguire i versamenti ancora dovuti, anche laddove non sia scaduto il termine fissato per il pagamento. Il decreto, sulla base del secondo comma, è opponibile ai sensi dell'art. 645 c.p.c.

L'art. 151 L.F. statuisce, inoltre, che nei fallimenti delle società a responsabilità limitata, il giudice, ricorrendone i presupposti può autorizzare il curatore ad escutere la polizza assicurativa e la fideiussione bancaria rilasciata ai sensi dell'art. 2464, 4° e 6°

Novità del disegno di legge 2681/2017

In materia di crisi delle società, il disegno di legge, oltre a disporre tutta una serie di modifiche al codice civile sulle quali pare opportuno dilungarsi in questa sede, prevede delle novità in fase di chiusura della liquidazione giudiziale, che andrà a sostituire il fallimento. Ai sensi dell'art. 7, lettera c, punto 10, è previsto che:“Al fine di accelerare la chiusura della procedura di cui al presente articolo, sono adottate misure dirette a: “prevedere che, alla chiusura della procedura relativa a società di capitali, nei casi di cui ai numeri 1) e 2) del primo comma dell'articolo 118 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, il curatore convochi l'assemblea ordinaria dei soci per le deliberazioni necessarie ai fini della ripresa dell'attività o della sua cessazione, ovvero per la trattazione di argomenti sollecitati, con richiesta scritta, da un numero di soci che rappresenti una percentuale significativa del capitale sociale�.

« La chiusura del fallimento Estensione del fallimento »