Imprenditore agricolo e imprenditore commerciale
- Imprenditore agricolo
- Imprenditore commerciale
- Il problema della configurabilità dell'imprenditore civile
Imprenditore agricolo
Un imprenditore è definito agricolo quando la sua attività si estrinseca nella coltivazione di un fondo, nella selvicoltura, nell'allevamento di animali e in tutte le operazioni a queste connesse. Ad esso è equiparato l'imprenditore ittico.
Sulla base di tale definizione, sostanzialmente, è possibile dividere le attività compiute dall'imprenditore agricolo in due categorie: le attività agricole essenziali e le attività agricole per connessione.
Esaminando nel dettaglio le attività agricole essenziali, nella coltivazione del fondo possono farsi rientrare, oltre a quella tradizionalmente intesa, anche l'orticoltura, la floricoltura, le coltivazioni in serra e in vivai, le coltivazioni di funghi e quelle fuori terra in generale. Con riferimento alla selvicoltura occorre precisare che essa prevede necessariamente la cura del bosco, mentre l'allevamento di animali si riferisce, oltre che agli animali allevati sul fondo, anche agli animali da cortile, ai cavalli da corsa, agli animali da pelliccia, alle api e persino ai cani e ai gatti con riguardo alla loro selezione e al loro addestramento.
Venendo alle attività agricole per connessione, esse sono da rinvenirsi in quelle dirette alla manipolazione, alla conservazione, alla trasformazione, alla commercializzazione e alla valorizzazione di prodotti che derivano prevalentemente da un'attività agricola essenziale e in quelle volte a fornire beni o servizi attraverso l'utilizzo prevalente delle risorse e delle attrezzature in queste ultime impiegate. Benché si tratti di attività oggettivamente commerciali, la connessione soggettiva e oggettiva con le attività agricole essenziali rende anche esse, nei fatti, attività agricole.
Imprenditore commerciale
La nozione di imprenditore commerciale assume carattere residuale rispetto a quella di imprenditore agricolo, dovendosi intendere commerciali tutte le attività che non sono ricomprese tra quelle agricole.
In ogni caso, l'art. 2195 c.c. elenca una serie di attività il cui esercizio qualifica un imprenditore come commerciale. Si tratta delle attività industriali dirette alla produzione di beni o servizi, di quelle di intermediazione nella circolazione dei beni, di quelle di trasporto per terra, per acqua o per aria, di quelle bancarie o assicurative e di tutte le attività ausiliarie alle precedenti.
Il problema della configurabilità dell'imprenditore civile
Non è chiaro, in dottrina, se oltre all'imprenditore agricolo e a quello commerciale, dall'oggetto dell'impresa possa farsi discendere anche una terza categoria di imprenditore, ovverosia quello civile, assoggettato, come l'imprenditore agricolo, esclusivamente alla disciplina generale.
La dottrina a favore della tripartizione ritiene che non possano considerarsi commerciali e debbano piuttosto essere configurati come civili, gli imprenditori che producono beni e servizi senza trasformare materie prime e quelli che alienano beni propri dietro corrispettivo. Si tratta di una posizione che prende le mosse da un'interpretazione delle nozioni di attività industriale e attività di intermediazione, utilizzate nella definizione di imprenditore commerciale, secondo la quale il carattere di industrialità non può prescindere dall'utilizzo di materie prime e la nozione di intermediazione deve necessariamente prevedere, oltre alla vendita di beni, anche il loro precedente acquisto.
La dottrina a favore dell'imprenditore civile, tuttavia, è ad oggi decisamente minoritaria rispetto a quella contraria, che qualifica come industriale tutta l'attività non agricola e come intermediazione lo scambio in generale e di conseguenza non ricerca una terza categoria di imprenditore al di fuori delle definizioni codicistiche.