Gli scopi delle società
Come abbiamo accennato, lo scopo per così dire “tipico” della società è quello delineato dall’art. 2247 c.c., solitamente detto “scopo di lucro” e consiste nel destinare ai soci gli utili ricavati dall'attività economica oggetto della società stessa. Nonostante questo fine sia molto diffuso nella prassi, è possibile individuarne altri due, che riscontrano notevole successo nel contesto socio-economico del nostro Paese. In primis, il riferimento è allo scopo mutualistico, caratteristico delle cooperative e delle mutue assicuratrici. Mancando una definizione chiara e completa del fenomeno in esame, autorevole dottrina, anche sulla base di quanto indicato nella Relazione al codice civile, ha enucleato lo scopo mutualistico come quello diretto a fornire ai soci beni, servizi od occasioni di lavoro a condizioni più vantaggiose di quelle che otterrebbero sul mercato. Il vantaggio economico si concreta, solitamente, in una diminuzione dei costi che i partecipanti sono tenuti ad accollarsi. A titolo esemplificativo, basti pensare al caso di alcune imprese agricole che si servono di un unico punto vendita al dettaglio, risparmiando, appunto, le spese che deriverebbero dal mantenimento di locali e commessi distinti oppure che effettuano periodicamente gli ordini presso uno o più fornitori in modo congiunto, in modo da “spuntare” condizioni di vendita decisamente più convenienti, rispetto a quelle che avrebbero ottenuto presentandosi sul mercato “uti singuli”. In situazioni differenti, invece, il vantaggio economico è rappresentato da un maggiore compenso, migliori condizioni contrattuali e/o da una prospettiva di stabilità e continuità per le proprie prestazioni lavorative, riservato, in particolare, agli aderenti alle cooperative di lavoro.
L’altro scopo, diverso tanto da quello di lucro quanto, seppur con sfumature solitamente meno accentuate, da quello mutualistico, è rappresentato dallo scopo “consortile”, che caratterizza i consorzi istituiti in forma di società (cfr. art. 2615ter c.c.). Esso consiste nell’offrire un sostegno alle imprese aderenti al consorzio nella disciplina e/o nello svolgimento in comune delle rispettive attività economiche oppure di specifiche fasi delle rispettive imprese. Si pensi, ad esempio, ai consorzi che hanno come scopo principale quello di incentivare lo sviluppo dell’export internazionale delle imprese consorziate. La forma giuridica di “consorzio” è stata prevista anche dalla riforma degli Enti Locali operata all’inizio degli Anni ‘90 (e attualmente recepita, seppur con considerevoli modifiche, nel Testo Unico degli Enti Locali, il D. Lgs. n. 267/2000), al fine di consentire a Province e Comuni, a certe condizioni e con determinate forme di garanzia di efficacia, efficienza, economicità imparzialità e trasparenza, la possibilità di costituire consorzi per l’esercizio di una o più attività di competenza dell’Ente medesimo. Si pensi, in proposito, ai consorzi di industrializzazione, ai consorzi di bonifica etc…,che, peraltro, spesso non hanno raggiunto i risultati sperati. Anche in conseguenza del parziale fallimento delle forme di gestione appena menzionate, la tendenza più recente è quella a costituire delle società per azioni a partecipazione in tutto o in parte pubblica. Per i casi in cui tale opzione è ammessa, sempre più di frequente nella prassi odierna si incontrano S.p.a. in cui il capitale proviene, in gran parte, da più Comuni (o Comuni e Provincia) che, al fine di assicurare una gestione più efficace ed efficiente di un certo servizio, di regola di tipo economico (si pensi alla raccolta differenziata e al riciclo dei rifiuti), si impegnano ad accollarsi in modo ripartito, sulla base dello statuto o dell’atto costitutivo del nuovo soggetto di diritto, le spese connesse al pieno raggiungimento dei risultati prefissi.