Società in accomandita semplice
- Come funziona la S.a.s.
- La ragione sociale
- L'amministrazione della società
- La S.a.s. irregolare
- Lo scioglimento della S.a.s.
- Diritti dei creditori sociali dopo la liquidazione
Come funziona la S.a.s.
Atto costitutivo
Il capitale sociale della società in accomandita semplice è costituito da quote e le quote di partecipazione dei soci non possono mai essere rappresentate da azioni.
Differenza tra soci accomandatari e soci accomandanti
La caratteristica peculiare della S.a.s. è la presenza di due categorie di soci: i soci accomandatari, cui spetta l'amministrazione della società e i soci accomandanti. Secondo l'art. 2318 c.c., i soci accomandatari hanno i diritti e gli obblighi dei soci della società in nome collettivo e ad essi soltanto spetta l'amministrazione della società. Secondo l'art. 2320 c.c., i soci accomandanti non possono compiere atti di amministrazione, nè trattare o concludere affari in nome della società, se non in forza di procura speciale per singoli affari.
Il socio che contravviene a tale divieto (divieto di immistione, come si vedrà più avanti) assume responsabilità illimitata e solidale verso i terzi per tutte le obbligazioni sociali e può essere escluso a norma dell'art. 2286 c.c.
La ragione sociale
Il Codice Civile prevede una specifica regolamentazione per la ragione sociale della S.a.s. E' infatti necessario che quest'ultima indichi il nome di almeno un socio accomandatario e la tipologia di rapporto sociale (ad es.: Mario Rossi S.a.s.).
I soci accomandatari, pertanto, sono i soli il cui nome può essere liberamente inserito nella ragione sociale, mentre per poter inserire il nome di un accomandante è necessario il suo consenso anche tacito.
Ciò perchè l'art. 2314 c.c. prevede che dall'inserimento del nome nella ragione sociale della società deriva anche per tale tipologia di socio l'obbligo di rispondere illimitatamente e solidalmente di tutte le obbligazioni sociali, anche pregresse rispetto alla spendita del nome.
La perdita del beneficio della responsabilità limitata dell'accomandante non lo trasforma in socio accomandatario, con la conseguenza che egli continua a non poter partecipare all'amministrazione della società.
Essa inoltre vale soltanto nei rapporti con i terzi e non nei rapporti interni alla società e comporta l'eventuale fallimento anche dell'accomandante in caso di fallimento della società.
L'amministrazione della società
La distinzione tra soci accomandanti e soci accomandatari (e il diverso grado della loro responsabilità) comporta, dunque, che l'amministrazione della società spetti solo ai soci accomandatari, poichè essi rispondono illimitatamente per le obbligazioni sociali.
L'amministrazione può essere esercitata in via disgiuntiva o congiuntiva, a seconda di quanto previsto dall'atto costitutivo, e comprende tutti gli atti, ordinari e straordinari, necessari per il conseguimento dell'oggetto sociale. A meno che l'atto costitutivo non stabilisca diversamente, inoltre, l'amministrazione della società ne comporta la rappresentanza anche giudiziale.
La nomina e la revoca degli amministratori avviene con il consenso unanime degli accomandatari e della maggioranza degli accomandanti, il cui peso nella votazione sarà proporzionale alla quota di capitale sottoscritta.
Il divieto di immistione degli accomandanti
Per i soci accomandanti è previsto un divieto di immistione nella gestione della società, in base al quale essi possono compiere atti di amministrazione e trattare o concludere affari in nome della società solo in via eccezionale e dietro procura speciale per singoli affari.
Tale procura speciale conferisce all'accomandante quel margine di operatività proprio del mandato con rappresentanza, ma resta preclusa la possibilità di agire come institore o procuratore generale nei confronti dei terzi.
Il divieto di immistione è più o meno rigido a seconda che si sia in presenza di attività di amministrazione, rispettivamente, interna o esterna.
Se l'accomandante viola il divieto di immistione decade dal beneficio della responsabilità limitata, benchè solo nei confronti dei terzi e non nei rapporti interni alla società, ed è chiamato a rispondere di tutte le obbligazioni sociali, anche passate. Da ciò deriva che in caso di fallimento della società, oltre che l'accomandatario, eccezionalmente fallisce anche l'accomandante.
La violazione del divieto di immistione può, infine, comportare l'esclusione del socio dalla società, a meno che gli amministratori abbiano autorizzato o ratificato l'atto di ingerenza.
In ogni caso i soci accomandanti possono autorizzare determinate operazioni o esprimere pareri a riguardo senza violare il divieto di immistione. Quest'ultimo, peraltro, è temperato dal fatto che anche gli accomandanti hanno diritto alla comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite e di controllarne l'esattezza.
Essi, infine, se sono in buona fede, non sono tenuti a restituire gli utili fittizi, che abbiano eventualmente riscosso, purchè questi risultino da un bilancio regolarmente approvato.
La S.a.s. irregolare
In generale, alla s.a.s. irregolare, ovverosia non iscritta nel registro delle imprese, si applicano le norme previste per la società in nome collettivo irregolare.
Tuttavia bisogna mettere in evidenza il fatto che anche nella società in accomandita irregolare resta ferma la distinzione tra soci accomandatari e soci accomandanti, con conseguente limitazione di responsabilità di questi ultimi, ma in questo caso il divieto di immistione degli accomandanti si estende rispetto alla società regolarmente registrata e ha carattere assoluto, senza che possa essere aggirato attraverso il rilascio di una procura speciale per specifici affari.
Lo scioglimento della S.a.s.
La società in accomandita semplice, innanzitutto, si scioglie al verificarsi dei presupposti che determinano lo scioglimento della società in nome collettivo, ovverosia: decorso del termine, conseguimento dell'oggetto sociale o impossibilità di conseguirlo, volontà di tutti i soci, venir meno della pluralità dei soci senza che essa sia ricostituita nel termine di sei mesi, casi ulteriori previsti dal contratto sociale, dichiarazione di fallimento e provvedimento dell'autorità amministrativa.
La S.a.s., poi, si scioglie al ricorrere di una condizione specifica, ovverosia nel caso in cui non vi sia più la coesistenza di soci accomandanti e soci accomandatari, ma rimangano solo gli uni o gli altri, a meno che nel termine di sei mesi non sia ricostituita la categoria dei soci mancanti.
Durante tale periodo la continuazione dell'attività sociale si configura in maniera diversa a seconda che siano venuti meno i soci accomandanti o quelli accomandatari: nel primo caso la società prosegue normalmente la sua attività, mentre nel secondo caso è necessario nominare un amministratore provvisorio che compia atti di ordinaria amministrazione.
Allo spirare del termine di sei mesi, se non è stata ricostituita la categoria di soci venuta meno, ma permangono almeno due soci, la società si trasforma in una S.n.c. irregolare.
Diritti dei creditori sociali dopo la liquidazione
Come stabilito dall’art. 2324 c.c., salvo il diritto previsto dal secondo comma dell’articolo 2312 nei confronti degli accomandatari e dei liquidatori, "i creditori sociali che non sono stati soddisfatti nella liquidazione della società possono far valere i loro crediti anche nei confronti degli accomandanti", questo però limitatamente alla quota che questi ultimi hanno percepito in seguito alla liquidazione.
Data aggiornamento: 24 marzo 2022