Il reato di molestie
Il reato di molestie è previsto dall'art. 660 del codice penale e fa parte delle contravvenzioni concernenti l'ordine pubblico e la tranquillità pubblica
- Reato di molestie: cosa si intende
- Bene giuridico tutelato
- Soggetti attivi e passivi
- Elemento oggettivo
- Elemento soggettivo
- La procedibilità
- La Cassazione sul reato di molestie
Reato di molestie: cosa si intende
In base alla previsione codicistica, il reato di molestie è quello commesso da "chiunque in luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo". La pena prevista è quella dell'arresto fino a sei mesi o dell'ammenda fino a 516 euro.
Bene giuridico tutelato
Il bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice, secondo l'orientamento tradizionale, sarebbe l'ordine pubblico, inteso in generale come pubblica tranquillità (cfr., ex multis, Cass. n. 22055/2013).
In base a tale orientamento, il legislatore, attraverso la previsione di un fatto recante molestia alla quiete privata, ha inteso tutelare infatti "la tranquillità pubblica per l'incidenza che il suo turbamento ha sull'ordine pubblico, data l'astratta possibilità di reazione".
La sfera intima di quiete e libertà della persona offesa, dunque, riceve una protezione "soltanto riflessa cosicché la tutela penale viene accordata anche senza e pur contro la volontà delle persone molestate o disturbate" (cfr., ex multis, Cass. n. 10983/2011; Trib. Milano n. 8118/2008).
Soggetti attivi e passivi
Trattandosi di reato comune, sul piano del soggetto agente può essere commesso da chiunque e in forma libera che si perfeziona col verificarsi dell'evento dannoso.
Quanto al soggetto passivo, invece, molestia e disturbo devono raggiungere una persona determinata e non il pubblico in genere o una parte di esso (cfr., tra le altre, Cass. n. 12002/1985).
Non è necessario che la condotta sia tenuta in presenza della persona offesa (come ad es. nell'ipotesi del reato commesso con l'uso del telefono) e il reato può sussistere altresì se l'agente arreca molestia o disturbo a persona diversa da quella presa di mira (cfr., Cass. 27.4.1994; Cass. 17.2.1965), salvo che nel caso di specificità della persona effettivamente presa di mira dall'agente. In tal caso, infatti, il mutamento imprevisto del soggetto passivo esclude la sussistenza dell'elemento psicologico in capo all'agente stesso (Cass. n. 36225/2007).
Elemento oggettivo
Il reato consiste in qualsiasi condotta oggettivamente idonea a molestare e a disturbare terze persone, interferendo nell'altrui vita privata e nell'altrui vita relazionale (Cass. n. 8198/2006).
È importante sottolineare come la molestia o il disturbo debbano essere valutati con riferimento alla psicologia normale media, in relazione cioè al modo di sentire e di vivere comune (Cass. n. 7355/1984).
Il reato contravvenzionale ex art. 660 c.p. non ha natura di reato necessariamente abituale, sicché può essere realizzato anche con una sola azione (Cass. n. 43439/2010).
La petulanza
Quanto alla petulanza, la stessa è intesa come "atteggiamento di arrogante invadenza e di intromissione continua e inopportuna nell'altrui sfera di libertà, con la conseguenza che la pluralità di azioni di disturbo integra l'elemento materiale costitutivo del reato e non è, quindi, riconducibile all'ipotesi del reato continuato" (Cass. n. 6908/2011; Cass. n. 17308/2008).
Il biasimevole motivo
Il biasimevole motivo, invece, indica in via residuale ogni altro movente riprovevole in se stesso o in relazione alle qualità o condizioni della persona molestata e che abbia su quest'ultima gli stessi effetti della petulanza (Cass. n. 12251/1986).
La pubblicità del luogo
L'art. 660 c.p. esige inoltre il requisito della "pubblicità del luogo", il quale sussiste "tanto nel caso in cui l'agente si trovi in luogo pubblico o aperto al pubblico ed il soggetto passivo in un luogo privato, tanto nell'ipotesi in cui la molestia venga arrecata da un luogo privato nei riguardi di chi si trovi in un luogo pubblico o aperto al pubblico" (Cass. n. 11524/1986).
La disposizione, infine, punisce le molestie commesse col mezzo del telefono, e quindi anche quelle poste in essere attraverso l'invio di "short messages system" (Sms) trasmessi tramite sistemi telefonici mobili o fissi (Cass. n. 30294/2011; Cass. n. 10983/2011).
Elemento soggettivo
Ai fini della sussistenza dell'elemento soggettivo del reato contravvenzionale della molestia o del disturbo alle persone, di cui all'art. 660 c.p., è sufficiente la coscienza e volontà della condotta, accompagnata dalla consapevolezza dell'oggettiva idoneità a molestare o disturbare, senza valida ragione, il soggetto che la subisce (Cass. n. 19071/2004; Cass. n. 11855/1995).
Sono del tutto irrilevanti gli intenti perseguiti dall'agente, una volta che si sia accertato comunque che, a prescindere dalle motivazioni alla base del comportamento, esso è connotato da un modo di agire pressante, ripetitivo, insistente, indiscreto che finisce, per interferire sgradevolmente nella sfera della quiete e della libertà delle persone (Cass. n. 13555/1998; Trib. Trento, n. 863/2011).
Deve ritenersi configurato il reato anche quando l'agente esercita, o crede di esercitare, un proprio diritto, in modo tale, però, da rivelare l'esistenza di uno specifico malanimo che si traduce in un mero dispetto arrecato per un qualsiasi biasimevole motivo" (Cass. n. 2314/1992; Cass. n. 9619/2004).
La procedibilità
Il reato in esame è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a 516 euro.
È procedibile d'ufficio e di conseguenza, quando il fatto sia perseguibile anche per minaccia (o altri illeciti a querela), secondo lo schema del c.d. reato complesso, l'assenza della querela o la relativa remissione "non influiscono sulla procedibilità dell'azione per il reato contravvenzionale; mentre quest'ultimo, nel caso di contestuale perseguimento del delitto punibile a querela, resta invece assorbito nella fattispecie più grave" (Cass. n. 25045/2002).
Dalla giurisprudenza è stato ritenuto inoltre legittimo il sequestro preventivo: il caso specifico riguardava un'utenza telefonica, utilizzata continuativamente ed esclusivamente per commettere il reato di molestie (Cass. n. 5148/1997).
Vedi anche: Il reato di stalking