L'articolo 18
L'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori è una delle norme che prevedono le tutele da applicare in caso di licenziamenti illegittimi. La veste che assume oggi è quella che deriva dalla riforma Fornero del 2012
- L'articolo 18 è stato abrogato?
- L'articolo 18 dopo la riforma
- Art. 18 Statuto dei lavoratori vecchio testo
- Il rito Fornero
L'articolo 18 è stato abrogato?
Prima di analizzarne gli attuali contenuti, occorre rispondere a una domanda che, negli ultimi anni, molti (lavoratori e non) si stanno ponendo: l'articolo 18 statuto dei lavoratori è stato abrogato?
La risposta è no.
L'articolo 18 non è stato abrogato ma, a seguito dell'introduzione del cd. contratto a tutele crescenti, ha intrapreso la strada del "pensionamento", in quanto si applica solo ai rapporti di lavoro instaurati prima del 7 marzo 2015.
Articolo 18 e Jobs Act
Il Jobs Act, infatti, ha previsto che, in presenza dei requisiti dimensionali prescritti, in tutti i casi in cui il licenziamento riguardi lavoratori assunti a partire dalla predetta data, la norma di riferimento per le tutele in caso di recesso illegittimo è da rinvenire nel decreto legislativo numero 23/2015, ovverosia nella disciplina del contratto a tutele crescenti (sul quale vai alla guida Il contratto a tutele crescenti).
Peraltro, la disciplina del contratto a tutele crescenti si applica anche ai lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015 quando, in conseguenza di nuove assunzioni, il datore di lavoro raggiunga le soglie dimensionali previste dall'articolo 18 (ovverosia l'unità produttiva arrivi a contare più di 15 lavoratori, o più di 5 in caso di impresa agricola, o i dipendenti totali diventino più di 60) dopo l'entrata in vigore del decreto legislativo 23.
Il contratto a tutele crescenti si applica anche ai casi di conversione in contratto a tempo indeterminato, a partire dal 7 marzo 2015, di un rapporto a tempo determinato o di un contratto di apprendistato instaurati prima di tale data.
L'articolo 18 dopo la riforma
Fatte queste opportune premesse circa l'attuale campo di applicazione dell'articolo 18, vediamo ora cosa prevede tale norma nella sua ultima formulazione, frutto della riforma del 2012 e attualmente vigente nei limiti sopra visti.
In particolare, i regimi di tutela contemplati dall'articolo 18 a seguito della Legge Fornero sono quattro.
Articolo 18: la tutela reale piena
Il primo, generalmente denominato tutela reale piena, si applica:
- nei casi di nullità del licenziamento in quanto discriminatorio o intimato in concomitanza col matrimonio o in violazione dei divieti di licenziamento posti a tutela e sostegno della maternità e della paternità;
- nei casi in cui il licenziamento è riconducibile ad altre ipotesi di nullità previste dalla legge o è sorretto da un motivo illecito determinante;
- nei casi in cui il licenziamento è inefficace perché intimato in forma orale.
Tale prima forma di tutela (a differenza delle altre) prescinde dai requisiti dimensionali sopra visti e vale anche per i dirigenti.
Essa, sostanzialmente, comporta:
- la reintegra del lavoratore nel posto di lavoro,
- il risarcimento del danno da questi subito per il periodo successivo al licenziamento e sino alla reintegra
- il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per tutto tale periodo.
Il risarcimento, in particolare, è rappresentato da un'indennità commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento al giorno della reintegra, in ogni caso non inferiore alle cinque mensilità e calcolata deducendo quando il lavoratore abbia eventualmente percepito nel medesimo periodo per lo svolgimento di altre attività lavorative (aliunde perceptum).
In sostituzione alla reintegra, entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza, il lavoratore può anche optare per la risoluzione del rapporto di lavoro dietro corresponsione di un'indennità pari a 15 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto.
Articolo 18: la tutela reale attenuata
Il secondo regime di tutela previsto dall'articolo 18 è quello della tutela reale attenuata.
Esso riguarda i casi di:
- licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo illegittimo perché il fatto contestato non sussiste o è punito dal contratto collettivo di riferimento con una sanzione conservativa;
- licenziamento per giustificato motivo oggettivo illegittimo in quanto il fatto alla base è manifestamente infondato;
- difetto di giustificazione del licenziamento intimato per motivo oggettivo consistente nell'inidoneità fisica o psichica del lavoratore;
- licenziamento intimato in violazione dell'articolo 2110, secondo comma, del codice civile.
La tutela reale attenuata comporta:
- la reintegra del lavoratore nel posto di lavoro;
- il risarcimento del danno dallo stesso subito;
- il versamento dei contributi previdenziali.
L'indennità risarcitoria è anche in questo caso commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegra, dedotto però sia l'aliunde perceptum che quanto il lavoratore avrebbe potuto percepire se si fosse dedicato diligentemente alla ricerca di un'occupazione (aliunde percipiendum).
Il risarcimento, in ogni caso, non può superare le dodici mensilità della retribuzione globale di fatto.
Anche in questo caso il lavoratore può decidere di sostituire la reintegra con un'indennità.
Articolo 18: la tutela obbligatoria piena
Nei casi residuali in cui non ricorrono gli estremi della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo od oggettivo ad applicarsi è la tutela obbligatoria piena.
Essa comporta la condanna del datore di lavoro a risarcire il lavoratore, corrispondendogli un'indennità omnicomprensiva il cui importo è di minimo dodici e di massimo ventiquattro mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, calcolato tenendo conto dell'anzianità del lavoratore, del numero di dipendenti, delle dimensioni dell'attività economica e del comportamento e delle condizioni delle parti.
Articolo 18: la tutela obbligatoria attenuata
L'ultima tutela prevista dall'articolo 18 è la cd. tutela obbligatoria attenuata.
Essa si applica alle ipotesi di illegittimità del licenziamento per assenza di motivazione o per inosservanza degli obblighi procedurali che la legge prevede per il licenziamento disciplinare o per il licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Sostanzialmente in simili ipotesi si prevede la condanna del datore di lavoro al pagamento in favore del lavoratore di un'indennità compresa tra le sei e le dodici mensilità della retribuzione globale di fatto, valutata tenendo conto della gravità della violazione commessa.
Art. 18 Statuto dei lavoratori vecchio testo
Prima della riforma Fornero, il testo dell'articolo 18 era molto più semplice e la tutela prevista era unica.
In particolare, la vecchia formulazione della norma prevedeva che per tutti i casi di licenziamento discriminatorio o comunque nullo e di licenziamento intimato senza giusta causa o senza giustificato motivo soggetti od oggettivo, intimati da imprese con più di 15 dipendenti nell'unità produttiva (o più di 60 nel territorio nazionale), erano sempre previsti:
- la reintegra nel posto di lavoro
- il risarcimento del danno per un importo pari alla retribuzione globale di fatto non goduta dal giorno del licenziamento a quello dell'effettiva reintegra.
Al lavoratore era comunque data la possibilità di sostituire la reintegra con un'indennità pari a quindici mensilità.
Il rito Fornero
A seguito dell'entrata in vigore della legge numero 92/2012, l'impugnazione del licenziamento ai sensi dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori è assoggettata anche a una procedura particolare (che il Jobs Act non ha replicato), nota con il nome di rito Fornero.
Tale rito prevede l'impugnazione dell'atto di licenziamento con ricorso dinanzi al giudice del lavoro, redatto nel rispetto dell'articolo 125 del codice di procedura civile.
Con decreto, il giudice fissa l'udienza entro quaranta giorni dal giorno del deposito del ricorso e il termine entro il quale il ricorso e il decreto vanno notificati. Tale termine non deve essere inferiore a venticinque giorni prima dell'udienza fissata e della notifica si fa carico il ricorrente/lavoratore anche utilizzando la pec.
Per la costituzione, invece, al resistente/datore di lavoro va assegnato dal giudice un termine non inferiore a cinque giorni prima dell'udienza.
Svolgimento del rito Fornero
Con il rito Fornero si è voluto introdurre un processo celere per i licenziamenti, prevedendo che il giudice, sentite le parti e omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede agli atti di istruzione indispensabili richiesti dalle parti o disposti d'ufficio nel modo che ritiene più opportuno. Quindi provvede all'accoglimento o al rigetto della domanda con ordinanza immediatamente esecutiva.
Contro tale ordinanza è poi possibile proporre opposizione con ricorso da depositare entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento opposto o dalla sua comunicazione se anteriore dinanzi al medesimo tribunale che la ha emessa. Esso deve contenere quanto previsto dall'articolo 414 del codice di procedura civile.
Mediante opposizione, tuttavia, non è possibile proporre domande diverse dall'impugnazione del licenziamento o dalla qualificazione del rapporto a meno che esse non siano fondate sui medesimi fatti costitutivi o siano svolte nei confronti di soggetti rispetto ai quali la causa è comune o dai quali si intende essere garantiti.
Aggiornamento: febbraio 2020