Il lavoro di colf e badanti
Avv. Valeria Zeppilli - Alcuni lavoratori sono assunti per soddisfare le necessità della vita familiare del datore di lavoro: si tratta dei cd. lavoratori domestici, tra i quali rientrano principalmente colf e badanti, ovverosia le lavoratrici o i lavoratori che, rispettivamente, curano l'igiene e l'ordine di una casa o assistono continuativamente una persona non completamente autosufficiente presso la sua abitazione.
Tuttavia, l'elenco dei soggetti che possono essere qualificati lavoratori domestici non si esaurisce qui: vi rientrano infatti anche altri lavoratori come baby sitter, governanti, cuochi, camerieri e così via.
Rientrano nella
macrocategoria in esame, peraltro, anche quei soggetti che svolgono i servizi
necessari per le esigenze di vita di altre persone non solo facenti parte di
una famiglia, ma anche facenti parte di una comunità religiosa, una caserma,
un comando militare, una comunità senza fini di lucro e con scopi
assistenziali.
| Instaurazione del rapporto | La categoria di lavoratore domestico | Estinzione del rapporto di lavoro domestico | Giurisprudenza |
Instaurazione del rapporto
Il rapporto di lavoro domestico è instaurato mediante la stipula di un contratto per il quale non sono richiesti particolari requisiti di forma. Ciò vuol dire che, benché la forma scritta sia sempre consigliabile, esso può essere concluso anche oralmente.
In ogni caso, dopo la stipula del contratto di lavoro domestico, il datore di lavoro è tenuto a comunicare all'Inps, anche online o tramite call center, l'avvio del rapporto entro la mezzanotte del giorno (non importa se festivo) precedente quello in cui esso ha inizio.
Si segnala a tal proposito che l'onere di effettuare la comunicazione all'istituto di previdenza torna attuale ogni qual volta datore di lavoro e lavoratore modifichino in parte il loro contratto (ad esempio prorogandone la durata o trasformandolo da contratto a tempo determinato a contratto a tempo indeterminato).
Il rapporto di lavoro domestico così instaurato è un normale rapporto di lavoro subordinato, per il quale vigono le norme previste dal nostro ordinamento con riferimento ad esso.
Talvolta, tuttavia, accade che il datore di lavoro decida di avvalersi di collaboratori domestici utilizzando le forme del lavoro occasionale accessorio, con conseguente applicabilità della relativa disciplina.
La categoria di lavoratore domestico
La legge richiede dei requisiti specifici per poter essere assunto come lavoratore domestico. O meglio: li richiede ai cittadini che non sono italiani.
I lavoratori domestici comunitari, in particolare, ai fini dell'instaurazione del rapporto devono possedere il codice fiscale, il tesserino sanitario e il documento di identità in corso di validità.
I lavoratori domestici extracomunitari, invece, devono possedere un permesso di soggiorno valido ai fini dello svolgimento dell'attività lavorativa se già soggiornanti in Italia.
Qualora non siano ancora soggiornanti nella penisola, invece, i lavoratori extracomunitari possono essere assunti solo dopo che il datore di lavoro abbia ottenuto dal Ministero dell'interno un apposito nulla osta per l'avvio del rapporto. È peraltro necessario anche l'impegno da parte del datore di lavoro a pagare le spese di viaggio per il rientro del lavoratore nel suo paese e ad offrirgli un alloggio adeguato.
Ma l'iter per far sì che un cittadino extracomunitario non soggiornante in Italia possa divenire collaboratore domestico nel nostro paese non si arresta qui.
Il datore di lavoro che abbia ottenuto il nulla osta deve anche trasmetterlo alle autorità consolari italiane del paese di provenienza del lavoratore che intende assumere: è proprio qui, infatti, che quest'ultimo deve recarsi per recuperare il visto di ingresso in Italia.
Arrivato in Italia, poi, il lavoratore deve presentarsi entro otto giorni in Prefettura, precisamente presso lo Sportello Unico per l'Immigrazione, dove sottoscrive il contratto di soggiorno e la richiesta di permesso di soggiorno.
Resta da segnalare, infine, l'obbligo del datore di lavoro di comunicare alle autorità competenti tutte le variazioni inerenti il rapporto.
Estinzione del rapporto di lavoro domestico
Così come ogni altro rapporto di lavoro subordinato, il rapporto di lavoro domestico può estinguersi per dimissioni del lavoratore, per risoluzione consensuale su comune accordo di lavoratore e datore di lavoro e per licenziamento.
Dalla data di cessazione del rapporto, il datore di lavoro ha cinque giorni di tempo per dare comunicazione della stessa all'Inps.
Giurisprudenza
Ecco alcune sentenze rilevanti sul lavoro domestico.
"Ai sensi del D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 62, comma 1 - ove ancora applicabile - alle lavoratici addette ai servizi domestici e familiari si applicano le norme relative al congedo per maternità e le disposizioni di cui all'art. 6, comma 3, artt. 16 e 17 e art. 22, commi 3 e 6, ivi compreso il relativo trattamento economico e normativo, con esclusione - dunque - del divieto di licenziamento (dall'inizio della gestazione fino al compimento di un anno d'età del bambino) previsto - invece - dall'art. 54 stesso D.Lgs.. Analoga era anche la disciplina contenuta nella L. n. 1204 del 1971 (cfr. art. 1, comma 3). Dunque, non essendo per legge vietato licenziare - in ambito di lavoro domestico - la lavoratrice in stato di gravidanza, detto recesso non può essere illecito o comunque discriminatorio." (Cass. n. 17433/2015)
"In tema di lavoro domestico, la qualificazione giuridica del rapporto di lavoro effettuata dal giudice di merito è censurabile in sede di legittimità soltanto limitatamente alla scelta dei parametri normativi di individuazione della natura subordinata o autonoma del rapporto, mentre l'accertamento degli elementi, che rivelano l'effettiva presenza del parametro stesso nel caso concreto attraverso la valutazione delle risultanze processuali e che sono idonei a ricondurre le prestazioni ad uno dei modelli, costituisce apprezzamento di fatto che, se immune da vizi giuridici e adeguatamente motivato, resta insindacabile in Cassazione" (Cass. n. 14160/2014)
"In tema di accertamento della sussistenza di lavoro domestico, il presupposto della stabilità reale del rapporto va verificato avendo riguardo al concreto atteggiarsi del rapporto stesso e alla configurazione che di esso danno le parti nell'attualità del suo svolgimento, dipendendo da ciò l'esistenza o meno di un'effettiva situazione psicologica di metus del lavoratore, e non già alla stregua della diversa normativa garantistica che avrebbe dovuto astrattamente regolare il rapporto ove questo fosse sorto fin dall'inizio con le modalità e con la disciplina che il Giudice, con un giudizio necessariamente ex post, riconosce applicabili nella specie con effetto retroattivo per il lavoratore" (Trib. Varese 8/4/2011)
Data pubblicazione: Settembre 2016