I prestiti tra coniugi
In cosa consistono e come sono regolati i prestiti tra coniugi, in ragione del particolare
legame che unisce i soggetti interessati. Guida alla disciplina giuridica del prestito
tra coniugi
- Il ricorso al prestito tra familiari
- Prestiti tra coniugi: nessuna restituzione
- Ricognizione di debito tra coniugi
- Prestiti tra coniugi: il patrimonio personale
- La prova dei prestiti tra coniugi
Il ricorso al prestito tra familiari
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Il ricorso a prestiti tra familiari, parenti e amici è una forma ormai sempre più
frequente di sostegno, alla quale si ricorre per far fronte a particolari necessità
o a situazioni contingenti (dalle bollette impreviste, all'acquisto di un'autovettura
o di un immobile, ecc.).
Sebbene spesso non siano formalizzati (in ragione del rapporto in essere tra le
parti) ma rappresentino più che altro degli impegni "morali", laddove regolarizzati,
anche con scrittura privata, i prestiti tra familiari sono consentiti e tutelati
dalla legge (a condizione che non si ravvisino condizioni di sistematicità o professionalità),
assumendo la forma prevista dall'art. 1813 c.c. per il mutuo e consentendo di escludere
che l'elargizione possa essere interpretata come una donazione o che il concedente
possa maturare interessi (c.d. prestiti infruttiferi).
Prestiti tra coniugi: nessuna restituzione
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Una formula particolare di prestito tra familiari è quello che avviene tra coniugi,
che è regolarmente ammesso dalla legge e dalla giurisprudenza, ma senza diritto
alla restituzione. Esso, infatti, non viene considerato come un finanziamento, bensì
come una modalità per far fronte al dovere di solidarietà reciproca, o di mutuo
soccorso, che è elemento imprescindibile del rapporto di coniugio e che avviene
generalmente "nella riservatezza della vita familiare" (Cass. n.
12251/2009).
Ne consegue, pertanto, che, anche in caso di separazione, non se ne potrà richiedere
la restituzione, la quale potrà avvenire solamente su base volontaria ma non giudiziale.
Ricognizione di debito tra coniugi
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Pur essendo pacifico che i prestiti e gli scambi di denaro tra marito e moglie in
costanza di matrimonio non facciano sorgere l'obbligo della restituzione, la giurisprudenza
ha, tuttavia, affermato che non esiste nessuna norma imperativa che impedisce ai
coniugi, prima o durante il matrimonio, di riconoscere l'esistenza di un debito
verso l'altro e di subordinarne la restituzione all'eventualità, futura e incerta,
della separazione coniugale (Cass. n. 23713/2012).
In presenza di uno specifico accordo scritto, perfezionato tra i coniugi durante
il matrimonio, in forza del quale il coniuge che riceve una somma di denaro dall'altro
si impegna a restituirla nell'eventualità della separazione personale, si è di fronte,
per la giurisprudenza, a un contratto di mutuo (gratuito), che è valido ed efficace poiché
non viola i principi di cui agli "artt. 143 e 160 c.c. riguardanti l'inderogabilità
dei diritti e dei doveri che scaturiscono dal matrimonio" né influenza,
in maniera rilevante, l'intendimento di separarsi (Cass. n. 19304/2013).
Prestiti tra coniugi: il patrimonio personale
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Non rientrano, invece, negli oneri di reciproca assistenza, solidarietà e contribuzione
alle spese del ménage familiare, incombenti sui coniugi a norma degli artt. 143
e seguenti c.c., le somme di denaro appartenenti al patrimonio personale di uno
dei due coniugi ed utilizzate per sostenere spese e investimenti relativi al patrimonio
comune. In tali casi, lo scioglimento della comunione legale per effetto della separazione,
autorizza, secondo quanto disposto dall'art. 192, 3° comma, c.c., ciascuno dei due
coniugi a "richiedere la restituzione delle somme prelevate dal patrimonio personale
ed impiegate in spese ed investimenti del patrimonio comune. I rimborsi e le restituzioni
si effettuano al momento dello scioglimento della comunione; tuttavia il giudice
può autorizzarli in un momento anteriore se l'interesse della famiglia lo esige
o lo consente".
La giurisprudenza ha chiarito, tuttavia, che l'art. 192 c.c. individua un procedimento liquidatorio finalizzato alla divisione del patrimonio comune e che si tratta di norma che va interpretata in maniera restrittiva, per non minare la stessa essenza del regime di comunione legale che rende ciascun coniuge partecipe delle vicende economiche dell'altro sulla base della visione solidaristica della famiglia.
L'opinione maggioritaria, sia in giurisprudenza che in dottrina, ritiene, pertanto, che le "spese" e gli "investimenti", idonei a far sorgere il diritto alla ripetizione delle somme prelevate dal patrimonio personale, possano essere inquadrati, rispettivamente, negli "esborsi finalizzati alla manutenzione ordinaria e straordinaria dei beni comuni" e nelle "somme impiegate in funzione del miglioramento e dell'accrescimento dei beni comuni" (Cass. n. 20878/2011; n. 19454/2012).
Aggiornamento: settembre 2019
La giurisprudenza ha chiarito, tuttavia, che l'art. 192 c.c. individua un procedimento liquidatorio finalizzato alla divisione del patrimonio comune e che si tratta di norma che va interpretata in maniera restrittiva, per non minare la stessa essenza del regime di comunione legale che rende ciascun coniuge partecipe delle vicende economiche dell'altro sulla base della visione solidaristica della famiglia.
L'opinione maggioritaria, sia in giurisprudenza che in dottrina, ritiene, pertanto, che le "spese" e gli "investimenti", idonei a far sorgere il diritto alla ripetizione delle somme prelevate dal patrimonio personale, possano essere inquadrati, rispettivamente, negli "esborsi finalizzati alla manutenzione ordinaria e straordinaria dei beni comuni" e nelle "somme impiegate in funzione del miglioramento e dell'accrescimento dei beni comuni" (Cass. n. 20878/2011; n. 19454/2012).
La prova dei prestiti tra coniugi
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Come precisato anche dalla Corte di cassazione nella sentenza numero 11766/2018,
le attribuzioni patrimoniali a favore del coniuge, e quelle a favore del convivente
more uxorio, rappresentano innegabilmente l'adempimento di un'obbligazione
naturale ex articolo 2034 c.c.
A tal fine è però condizione indispensabile il rispetto dei principi di proporzionalità
e di adeguatezza.
In giudizio, nel caso in cui sia reclamata la restituzione di tali prestiti, è indispensabile
dimostrare che gli importi reclamati corrispondano ad attribuzioni compiute
in adempimento degli obblighi nascenti dal rapporto di coniugio (o convivenza) che
lega le parti.