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Il procedimento amministrativo si modernizza (di Valeria Zatti) |
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Il procedimento amministrativo di modernizza. Il 10 aprile 2003 il Senato
della Repubblica ha approvato un disegno di legge che, se confermato dal
voto positivo della Camera dei Deputati, segnerà una delle "rivoluzioni" cui
il diritto amministrativo italiano ci ha di recente sempre più abituato.
Oggetto principale della riforma è la disciplina del procedimento
amministrativo e, segnatamente, l'introduzione di significative modifiche
alla legge n. 241/1990, pietra miliare della materia. Le innovazioni
proposte hanno portata assai ampia e incidono su molteplici istituti, ma
pare possibile rintracciare, fin d'ora, alcune "chiavi di volta": le "parole
d'ordine" sembrano essere efficienza, celerità, pubblicità e adeguamento
alle evoluzioni registratesi tanto nel campo della tecnologia e della
telematica, quanto in ambito giuridico con riferimento sia alla crescente
esigenza di armonizzazione con la normativa comunitaria, sia alla riforma
costituzionale che ha investito il titolo V della nostra Carta fondamentale.
Quanto all'esaltazione dei principi generali del "buon andamento" e della
trasparenza, il legislatore è mosso dalla consapevolezza che il rapporto fra
pubblica amministrazione e cittadini è ormai lontano da quello stampo
autoritario e statalista che tendeva a piegare gli interessi dei privati
alle esigenze della "cosa pubblica". E' ormai maturata la coscienza della
collettività ed è fortemente cambiato il contesto sociale e culturale nel
quale la P.A. viene a operare: il cittadino oggi è in grado di pretendere
efficienza, rapidità e un'effettiva partecipazione e coinvolgimento nei
procedimenti che lo riguardano. Già con la legge n. 241/1990 si era avuta
una vera e propria svolta che, del resto, non faceva altro che
"ufficializzare" le tendenze, consolidatesi sia nella giurisprudenza
italiana che nella normativa comunitaria, volte a consacrare i principi del
cd. "giusto procedimento". Con il disegno di legge in esame, tuttavia, il
"buon andamento" della P.A., che la Costituzione da sempre proclama come uno
dei capisaldi dell'organizzazione amministrativa, pare davvero trovare
risposte puntuali nel diritto positivo. Iniziando ad analizzare più
dettagliatamente le innovazioni che si vorrebbero introdurre, è da
segnalare, innanzitutto, il comma 1-bis che viene aggiunto all'art. 1 della
legge n. 241/1990. La novella pare ribaltare il vecchio dogma in base al
quale le amministrazioni pubbliche devono agire tendenzialmente attraverso
atti unilaterali, espressione del potere d'imperio, sancendo, di converso,
che, in nome del migliore soddisfacimento dell'interesse pubblico, la P.A.
può utilizzare gli strumenti offerti dal diritto privato, anzi, deve
tendenzialmente preferirli ove si rivelino più efficienti. Tale previsione
si innesta nel solco che il nostro legislatore sta tracciando ormai da anni:
quello della privatizzazione. Basti pensare al processo di trasformazione
degli enti pubblici in S.p.a. o alla c.d. privatizzazione del pubblico
impiego, con tutte le conseguenze di cui è gravida tale riforma. Le logiche
aziendalistiche e gli schemi privatistici stanno dilagando sempre più anche
nel diritto amministrativo perché considerati maggiormente funzionali,
efficaci e dotati di quella "scioltezza" nelle forme che pare essere tra gli
obiettivi principali dell'amministrazione moderna. Di recente, peraltro, il
legislatore è intervenuto, in tale direzione, con la legge n. 145/2002 che
introduce meccanismi volti a incentivare lo scambio di esperienze e
l'interazione fra pubblico e privato, in particolare favorendo la mobilità e
l'attribuzione di incarichi dirigenziali anche a imprenditori; si mira, più
in generale, a intessere una rete di collegamenti con quel mondo
dell'iniziativa economica privata che funge, oggi, da modello di dinamismo
per la "macchina pubblica", troppo spesso "inceppata" in lacci burocratici
ed eccessivi formalismi. L'evoluzione che il Senato prospetta, d'altro
canto, non è solo una questione di accorgimenti tecnico-giuridici; come
illustra pure la Relazione al disegno di legge in questione, siamo di fronte
anche, e a monte, ad un radicale mutamento dell'assetto dei rapporti fra lo
Stato e i cittadini. E' stata ormai "abbattuta" quella piramide che vedeva
le pubbliche autorità al vertice e la comunità alla base ed è stata tessuta,
al suo posto, una trama dall'intreccio fitto di legami, contatti…un
groviglio di fili che si intersecano su una base omogenea. I rapporti si
sviluppano su piano paritario, di collaborazione, di interscambio fra la
P.A. e il singolo cittadino; quest'ultimo opera all'interno del "nuovo"
procedimento amministrativo come "protagonista", e non più come mero
spettatore o "vittima sacrificata all'altare della Patria". Simile ratio ha
la novella che, nel ribadire con forza il principio di legalità dell'azione
amministrativa (già da tempo enucleato dall'art. 97 Cost.), precisa che ove
un provvedimento produca limitazioni o, comunque, abbia effetti negativi
sulla sfera giuridica di privati e non sia ottemperato dal destinatario,
esso può essere eseguito coattivamente solo nei casi e con le modalità
previste dalla legge. La c.d. esecutorietà del provvedimento amministrativo,
dunque, è da ricondursi strettamente al principio di legalità, senza
possibilità di dar luogo ad abusi, accampando l'esercizio di presunti
"poteri impliciti", come troppo spesso la P.A. italiana era avvezza a fare.
Sempre nell'ottica di tutelare i cittadini da prevaricazioni e renderli
"parti attive" del procedimento, è stato potenziato il diritto di accesso ai
documenti amministrativi e gli strumenti atti a renderlo effettivo. La
disciplina di tale diritto (strettamente funzionale rispetto alle garanzie
di trasparenza e imparzialità) necessita, in effetti, di un adeguamento alle
innovazioni legislative e costituzionali che sono sopravvenute alla legge n.
241/1990. Quanto alle prime, è da segnalare l'istituzione del Garante per la
protezione dei dati personali; quanto alle seconde, la stessa lettera del
disegno di legge fa esplicito riferimento alla formulazione dell'art. 117
Cost., così come risultante dopo la legge costituzionale n. 3/2001. Più
precisamente, l'accessibilità ai documenti amministrativi viene innalzata a
principio generale dell'attività amministrativa e ricondotta a quei "livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali" che lo
Stato si deve impegnare a garantire su tutto il territorio, salve restando
le eventuali integrazioni di tutela che potranno mutare da Regione a
Regione. Continuando questa primissima analisi delle disposizioni del
disegno di legge approvato dal Senato, è da evidenziare come l'obiettivo
dell'efficienza sia perseguito anche attraverso una disciplina parzialmente
innovativa delle invalidità giuridiche degli atti amministrativi. In base a
una ratio che potremmo definire ispirata al principio di conservazione, si
stabilisce che le violazioni di carattere formale o procedimentale non danno
luogo ad annullabilità del provvedimento ove il contenuto dello stesso non
avrebbe subito modifiche dal punto di vista contenutistico. Dunque il motto
pare essere "sempre più rilevo alla sostanza e bando ai formalismi". Sempre
nell'ottica di esaltare le esigenze di rapidità sono da inquadrare le norme
che potenziano l'istituto della conferenza di servizi. Sono introdotte,
infatti, disposizioni volte ad accrescere il tasso di efficacia di tale
strumento, attraverso meccanismi deputati ad abbreviare i tempi dei lavori e
obbligando le amministrazioni interessate a esprimere in quella sede i loro
eventuali dissensi, prospettando, all'uopo, proposte alternative. Per
concludere, è opportuno segnalare che il disegno di legge in esame si è reso
necessario, oltre che per garantire una maggiore "scioltezza" operativa e,
quindi, un buon andamento in senso lato ai nostri apparati burocratici,
anche, come accennato, per le pressanti esigenze di adeguamento alle
innovazioni sopravvenute in campo tecnologico e normativo. Per quanto
riguarda il primo, si propone di inserire un nuovo art. 1-ter (nel testo
della legge n. 241/1990) che impone alle pubbliche amministrazioni di
incentivare "l'uso della telematica, nei rapporti interni, tra le diverse
amministrazioni e tra queste e i privati, nelle forme previste dal testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di
documentazione amministrativa di cui al decreto del Presidente della
Repubblica n. 445/2000, modificato dal decreto legislativo n. 10/2002". In
merito all'adeguamento nei confronti dell'evoluzione normativa, invece, il
riferimento è ad ordinamenti, da un lato, infranazionali e, dall'altro lato,
ultranazionali. Riguardo ai primi, è divenuto pressante il rispetto delle
prerogative regionali; la legge costituzionale n. 3/2001, difatti, nel
modificare il titolo V, parte II, della nostra Costituzione, ha notevolmente
ampliato le potestà di Regioni (potestà legislative, statutarie e
regolamentari) e di enti locali (soprattutto potestà statutaria e
regolamentare, tanto che si parla, oggi, di "municipalismo
dell'esecuzione"). Gli ultimi articoli del presente disegno di legge si
occupano, in modo esplicito e chiaro, proprio dell'esigenza del rispetto di
questo mutato assetto delle competenze degli enti territoriali, prevedendo
che le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze,
regoleranno le materie disciplinate dalla normativa in esame con propri atti
di autonomia. Le potestà legislative, regolamentari e statutarie, si
precisa, dovranno essere esercitate "nel rispetto del sistema costituzionale
e delle garanzie del cittadino nei riguardi dell'azione amministrativa, così
come definite dai principi stabiliti dalla presente legge". E' da chiedersi
subito, però, se la riserva che si prospetta a favore dello Stato, in merito
alla normazione "di principio" in materia, sia legittima, specie alla luce
della formulazione risultante dopo la modifica del titolo V della parte II
della Costituzione. Nella nostra Carta fondamentale, difatti, non esiste
nessuna norma che, almeno in via esplicita, contempli una tale riserva, a
differenza delle Costituzioni spagnola e tedesca che, di converso,
riconoscono una competenza generale ed esclusiva in capo allo Stato in tema
di azione e di procedimento amministrativo. La Relazione illustrativa del
disegno di legge, tuttavia, ritiene di poter rintracciare il fondamento
della suddetta potestà dello Stato in diverse norme della Costituzione,
nella formulazione risultante a seguito della novella. A tal fine, è
evidenziata, in particolare, la portata assai ampia della lettera m) del
secondo comma dell'articolo 117 Cost.; stando a tale disposizione, è di
competenza esclusiva dello Stato la determinazione dei "livelli essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali". Attraverso
l'esercizio di tale potestà, dunque, è possibile imporre a tutte le
amministrazioni dei vincoli di rispetto da un lato, di standards minimi di
quantità e qualità dei servizi e, dall'altro lato, di canoni comportamentali
dell'ente pubblico; e ciò vale anche riguardo a obblighi finalizzati a
rendere effettivi i diritti civili e sociali dei cittadini, quali, ad
esempio, la trasparenza e celerità del procedimento amministrativo. Resta,
comunque, salva la competenza delle regioni e degli enti locali a garantire
un grado di protezione più intenso e prestazioni integrative nell'assai
comprensiva "materia" dei diritti civili e sociali. Per quanto concerne,
invece, l'adeguamento alle innovazioni normative intervenute a livello
ultranazionale, sono da sottolineare le influenze apportate
dall'appartenenza dell'Italia all'Unione Europea. L'art. 1, comma 1 della
legge n. 241/1990, infatti, è stato integrato dall'inserimento, tra i
criteri generali cui l'azione amministrativa deve informarsi, dei principi
di proporzionalità e legittimo affidamento, di chiara origine comunitaria,
nonchè di un generico richiamo ai principi dell'ordinamento della stessa
U.E. In definitiva, non ci resta altro che aspettare l'esito dell'iter
legislativo del rivoluzionario disegno di legge appena commentato.
Concludendo, pare opportuno rilevare che i tempi per una tale "svolta" nella
disciplina del procedimento amministrativo sembrano essere già da tempo
maturi: il testo proposto, difatti, è, in più parti, analogo a quello
approvato dalla Camera dei Deputati nel 2000 (A.C. 6844) quasi all'unanimità
e decaduto solo per la circostanza congiunturale della fine della
legislatura.
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