Studio Cataldi e LIA Law in Action, per ...stare sul pezzo per i foschi scenari che si addensano sul capo di chi, gravemente colpito nel fisico o nella psiche, è in attesa di un equo risarcimento che gli consenta di campare la vita residua con dignità, hanno richiesto all'Avv. Angelo Massimo PERRINI del Foro di Torino, grande esperto della materia, di dire la sua sull'imminente varo delle tabelle governative per la liquidazione dei risarcimenti dei danni di non lieve entità compresi nel range 10%-100%; cosa stanno combinando al Governo tra uova di Pasqua e ...pesci di aprile? L'intervento di Massimo, segretario commissione RC Organismo Unitario dell'Avvocatura, può costituire una utile bussola per orientarsi nella complessa materia.
Lo ringraziamo con una stretta di mano riconoscente per avere sottratto alla sua famiglia qualche ora del ponte pasquale 2013 per intervenire, a tutela della collettività e per una corretta ed equilibrata informazione, in questa delicatissima tematica che ho cercato di compendiare a braccio nel pezzullo pubblicato il 30 marzo 2013, in cui ho trascurato di ricordare che le tabelle milanesi, da cui il dibattito deve ripartire, già 'certificate' da Cass. Civ. 12408/2011 (scaricabile da questa Rivista dell'8 giugno 2011 con un abborracciato mio commento a prima lettura), costituiscono il punto fermo di approdo e di sintesi non soltanto delle sentenze gemelle n. 26972/2008 e seguenti di San Martino di Tours (di ronda nel cuore dell'inverno dell'anno 338, spezzò il suo mantello per riscaldare un povero seminudo e la notte seguente vide in sogno Gesù Cristo che, avvolto in quella metà di mantello, gli sorrideva riconoscente; donde l'estate di San Martino). Già nelle due pronunce 8827-8828/2003, nonché nella Corte Cost. 233/2003 (Relatore il mio professore di diritto privato Annibale Marini) affioravano i crismi tematici che risalgono anche a Corte Cost. 184/1986, famosissima sentenza capostipite di Renato Dell'Andro; infine, come ricorda Marco Bona, nel lontano 1992 il Capo dello Stato Francesco Cossiga, con il messaggio del 29 febbraio 1992, rinviò alle Camere una legge di delega al Governo per l'indicazione dei criteri di liquidazione del danno biologico affermando la sovranità del Parlamento in ordine alla "formulazione positiva di criteri di liquidazione dei danni"; il messaggio suonava così: "il risarcimento del danno rappresenta il risvolto patrimoniale di diritti fondamentali, quali il diritto alla vita e il diritto alla salute. E' proprio nella tutela efficace di diritti di tal fatta che continuano a trovare il loro maggior significato di garanzia dei cittadini istituti costituzionali quali la riserva di legge o principi generali, certo costituzionalizzati, quali quello di legalità sostanziale, basilari dello Stato di diritto"; buona lettura! (Paolo M. Storani).
Circola in queste ore la notizia dell'imminente promulgazione del DPR di attuazione dell'art. 138 Cod. Ass., norma che disciplina il risarcimento del danno alla persona di non lieve entità in tema di circolazione stradale e, da ultimo, applicabile anche in tema di responsabilità medica. Con l'emanando DPR l'esecutivo procederebbe a un taglio netto dei valori risarcitori e alla promulgazione di barèmes medico legali altrettanto discussi e discutibili in quanto penalizzanti per la valutazione dei danni alla persona dei danneggiati.
Il "decreto": una scelta grave di un Governo privo di delega e di legittimità politica. Va subito detto con chiarezza che questo Governo, qualora effettivamente proceda a promulgare il DPR, si assume la responsabilità di disattendere la volontà del Parlamento che il 26 ottobre 2011, con la mozione Pisicchio (approvata con 428 voti a favore e 6 contrari) aveva dato la indicazione chiara di utilizzare quale parametro di riferimento nazionale per il risarcimento del danno alla persona la tabella del Tribunale di Milano. Quella governativa sarebbe una scelta grave, e per certi versi provocatoria, atteso che arriverebbe contemporaneamente all'aggiornamento dei valori delle Tabelle milanesi e a pochi giorni dalla consacrazione, da parte della accademia medico legale italiana, di nuovi parametri unitari per la valutazione del danno alla persona. I "tecnici" così facendo sceglierebbero di schierarsi contro i danneggiati e a favore delle imprese di assicurazione promulgando un provvedimento illegittimo nella forma e nella sostanza dal momento che il Governo è comunque decaduto dalla delega conferitagli in materia del Parlamento fin dal 1 gennaio 2009.
La premessa logica: stabilire un "criterio unico", già esistente, o abbattere i risarcimenti? Nel merito il "decreto" sarebbe comunque privo della propria principale ragion d'essere così come formulata nella relazione illustrativa al DPR a suo tempo inviata al Consiglio di Stato. La necessità dell'intervento regolamentare sarebbe infatti correlata allo scopo di individuare un criterio unico a livello nazionale per la monetizzazione dei danni alla persona (ma solo da circolazione stradale, e in ultimo, per la colpa medica!) ma un criterio uniforme è già di fatto esistente. Tutti sanno che la Cassazione a far data dalla sentenza 12408 del 2011 seguita dalle conformi 14402 e 18461 ha oramai consolidato il principio che il livello della equità nel risarcimento del danno alla persona è costituito dai valori patrimoniali contenuti nelle Tabelle Milanesi, tabelle di fatto in uso nella gran maggioranza delle corti di merito divenute nei fatti vincolanti per le stesse. Quindi se i valori portati dalle emanande tabelle fossero inferiori a quelli dell'Osservatorio per la Giustizia civile di Milano, l'unica ragione che giustificherebbe un simile intervento regolamentare è quella di abbattere i valori attualmente in vigore. Sul punto ciascuno è in grado di fare le proprie riflessioni.
Il vizio di fondo: la incostituzionalità della norma presupposta. Il regolamento di attuazione dell'art. 138 in quanto atto amministrativo privo di forza di legge, non è evidentemente atto soggetto a scrutinio di costituzionalità, come invece, dopo la promulgazione del regolamento, divenendo operativa la norma di legge, lo sarà l'art. 138.
Tale illegittimità appare evidente, poiché la norma discrimina tra situazioni eguali (medesime lesioni) a seconda della loro genesi: difatti il medesimo danno alla persona viene pagato in maniera differente a seconda dell'evento che lo ha causato.
Nella ipotesi di lesioni da circolazione stradale si verificherà per il danneggiato la meno favorevole liquidazione rispetto a eventi con diversa eziologia per i quali si farà invece riferimento ai criteri equitativi ex 2056 e 1226 c.c., che hanno trovato la loro sintesi nelle tabelle milanesi, la cui valenza equitativa è stata appunto riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimità.
Non si contesta il diritto del legislatore di indicare dei valori di riferimento, ma si contesta la possibilità per l'esecutivo, attesa anche la delega contenuta nell'art. 4 legge delega 229/2003 di intervenire, per di più con atto amministrativo, nella delicata materia del danno alla persona con un provvedimento che incide tra l'altro sull'art. 3 della Costituzione, limitando di fatto le garanzie dell'art. 24, dal momento che la norma regolamentare, ove emanata, fungerà inammissibilmente da limite al potere equitativo che ogni giudice di merito ha per provvedere all'integrale risarcimento del danno alla persona.
Sul punto si rammenta che la Corte costituzionale (sent. 356/91) ha ribadito "che l'art. 32 primo comma della Costituzione tutela la salute come diritto fondamentale del privato e, se è vero che tale diritto è primario e pienamente operante anche nei rapporti tra privati, non sono configurabili limiti alla risarcibilità in ogni caso del danno biologico per se considerato."
Di tali questioni, anche se relative all'art. 139 in tema di cosiddette micropermanenti, è già stata investita la Corte costituzionale, che a breve dovrà necessariamente fissare l'udienza per decidere le tre questioni pendenti (Ord. 95/2012 del GdP di Torino, Ord. 272/2012 del Tribunale di Brindisi, Ord. 60/2013 del Tribunale di Tivoli).
Pende inoltre nella medesima materia una questione pregiudiziale (C-371/12) avanti la Corte di giustizia ove è stato richiesto se, alla luce delle direttive 72/166/CEE (1), 84/5/CEE (2), 90/232/CEE (3) e 2009/103/CE (4) che regolano l'assicurazione obbligatoria in materia di responsabilità civile derivante dalla circolazione di autoveicoli, sia consentito alla legislazione interna di uno Stato membro di prevedere - attraverso la quantificazione obbligatoria ex lege dei soli danni derivanti da sinistri stradali - una limitazione di fatto (sotto il profilo della quantificazione) della responsabilità per danni non patrimoniali posti a carico dei soggetti (le compagnie assicuratrici) obbligati, ai sensi delle medesime direttive, a garantire l'assicurazione obbligatoria per i danni da circolazione stradale. Risulta peraltro che la Commissione, costituita nel procedimento, abbia espresso parere favorevole all'accoglimento della questione preliminare.
La valenza della norma regolamentare.
Nel merito inoltre occorre rilevare come l'emanando DPR sia, ovviamente, un atto amministrativo e come tale privo della forza di legge. Se da un lato ciò rende evidentemente la norma non soggetta al controllo di legittimità costituzionale è peraltro evidente che tale norma è priva di cogenza dal momento che vi è la possibilità per il magistrato di disapplicare l'atto amministrativo illegittimo in forza dei noti principi risalenti all'allegato E legge 20.03.1865 n. 2248. Visti i criteri riduzionistici adottati dalla norma, appare evidente come la emanazione del contestato DPR avrà come unico effetto quello di far lievitare esponenzialmente il contenzioso.
Il precedente: la legge Amabile e il rinvio alle camere.
E' doveroso rammentare, nella parte che qui rileva, il contenuto del messaggio ex art. 74 Cost. con il quale il Presidente della Repubblica il 28 febbraio 1992 rinviò alle Camere la legge che gli era stata sottoposta per la firma: "La legge, al comma 3 dell'art. 19, stabilisce che i criteri per il risarcimento dei danni siano determinati con decreto del Ministro dell'industria, sentito l'ISVAP e le competenti Commissioni parlamentari. Innanzi tutto non può non sorprendere che il parlamento abdichi alla formulazione positiva di criteri di liquidazione dei danni, riservandosi unicamente un limitato spazio consultivo, nei confronti di un Ministro di settore. Il risarcimento del danno rappresenta il risvolto patrimoniale di diritti fondamentali, quali il diritto alla vita e il diritto alla salute. E' proprio nella tutela efficace di diritti di tal fatta che continuano a trovare il loro maggior significato di garanzia di cittadini istituti costituzionali quali la riserva di legge o principi generali, certo costituzionalizzati, quali quello di legalità sostanziale, basilari dello Stato di diritto. Non sembra, dunque, che la legge del Parlamento, soprattutto in materia di tale rilievo costituzionale, possa prescindere dall'offrire agli organi di governo quantomeno i principi della loro attività di settore, normativa o amministrativa, perché questa sia legale e possa essere apprezzata dagli organi giurisdizionali in sede di contenzioso amministrativo o ordinario."
I vizi della norma regolamentare: coefficienti di moltiplicazione, scelta del valore pecuniario del "punto" (fermo al 2005 e non rivalutato), differenza tra uomini e donne.
Anche alla luce di quanto sopra esposto la tabella ministeriale che era stata inviata a suo tempo al Consiglio di Stato per il parere appariva in ogni caso affetta da vizi di illogicità ed eccesso di potere. Non sappiamo se quella che l'esecutivo si appresta ad emanare avrà le stesse caratteristiche, ma è facile immaginare che l'impianto non potrà risultare stravolto perché in difetto avrebbe dovuto essere nuovamente sottoposta al parere del Consiglio di Stato.
Le criticità della tabella governativa erano infatti evidenti: il valore del punto adottato era il medesimo del 139, peraltro non rivalutato, risultando irragionevole, in assenza di qualsiasi richiamo normativo, ritenere che il legislatore avesse inteso indicare il medesimo valore base del punto sia per le micro permanenti che per le invalidità dal 10 al 100% di IP, trattandosi di situazioni tra loro non assimilabili.
Tuttavia anche ritenendo, in via di ipotesi, applicabili alle macro permanenti i medesimi criteri offerti dalla norma di legge, previsti all'art. 139 Cod. Ass. il regolamento non ne rispettava affatto i criteri. Lo stesso estensore del DPR aveva infatti ammesso, nella relazione illustrativa trasmessa al Consiglio di Stato, di avere arbitrariamente scelto di modificare i coefficienti di moltiplicazione del punto, in quanto, se mantenuti quelli attualmente in essere per la curva di incremento sui valori da 1 a 9 "si avrebbero tassi contenuti che porterebbero a risarcimenti molto più bassi da quelli applicati da qualsiasi tribunale, soprattutto per le invalidità gravi."
Già tale osservazione lasciava ritenere la scorrettezza di una eventuale applicazione, come valore per le invalidità gravi, del medesimo valore del punto previsto per le invalidità "lievi" che, incidentalmente, nella prima tabella trasmessa al Consiglio di Stato, non risultava neanche rivalutato ma appariva fermo ai valori del 2005.
La illogicità e la arbitrarietà della scelta si evinceva poi proprio dal seguito della relazione esplicativa laddove veniva sostenuto che, a fronte dei valori troppo bassi che verrebbero a determinarsi mediante la applicazione dei moltiplicatori già in uso per le micro permanenti, si sarebbe reso necessario modificare tali criteri poiché solo in tal modo potrebbero "determinarsi valori coerenti con la prassi liquidativa e giudiziaria".
Si trattava e si tratta di un ragionamento tautologico volto a piegare i numeri alla esigenza di pervenire a un risultato che, arbitrariamente e a posteriori, nella relazione era definito "coerente con la prassi liquidativa". Al contrario è di solare evidenza che i valori che conseguono alla applicazione della tabella erano di gran lunga inferiori a quelli portati dalle tabelle milanesi ora consacrate dalla giurisprudenza di legittimità come valore dell'equità..
In buona sostanza il redattore della tabella ministeriale inviata al Consiglio di Stato aveva provveduto a modificare arbitrariamente i criteri del 139, letteralmente inventando dal nulla tre "curve delle interpolazioni", cioè tre media dei coefficienti di moltiplicazione del punto, partendo come si è visto da una base arbitraria, che dovrebbero valere rispettivamente la prima per individuare i coefficienti moltiplicatori per le invalidità da 10 a 36 punti di IP, la seconda per i coefficienti da 37 a 45 e la terza per i coefficienti moltiplicatori per le invalidità dal 45 al 100 di IP.
In tal modo era stato peraltro esplicitamente disatteso il dato normativo che prevedeva al contrario incrementi più che proporzionali del valore del punto. Infine si rileva come nulla nella norma di legge aveva autorizzato a differenziare i valori risarcitori tra maschi e femmine, così come fatto, portando a liquidazioni inferiori per le donne rispetto agli uomini di pari età.
Il mancato coordinamento tra la tabellazione delle invalidità sotto il profilo medico legale e il valore del punto. Quanto sopra esposto di per se già chiarisce che quella del DPR, quanto ai valori pecuniari, era il frutto di una scelta assolutamente arbitraria e priva di riferimenti legislativi, poiché se l'unico criterio che in essa è dato scorgere è quello di ottenere "valori coerenti con la prassi liquidativa e giudiziari", tale obiettivo non è stato certamente raggiunto dal momento che, pacificamente, i valori patrimoniali della tabella ministeriale sostanzialmente dimezzavano quelli della "prassi liquidativa e giudiziaria". In ogni caso nel DPR è totalmente assente ogni riferimento a concreti parametri medico legali clinici di raccordo con la tabella dei valori patrimoniali, in forza dei quali sia possibile ritenere ragionevole la modifica dei parametri di incremento dei valori effettuata, a questo punto arbitrariamente, sui tre scaglioni sopra indicati.
Le contestazioni delle vittime della strada e le misteriose riflessioni governative: quali tabelle e quali valori in arrivo?
Come noto la scorsa estate, nel mese di giugno e luglio, ci sono stati diversi incontri al MSE tra le Associazione delle vittime della strada e il Sottosegretario competente. All'esito di tali incontri era emerso che le osservazioni critiche dei danneggiati nel merito della tabella, che sostanzialmente erano quelle sopra riportate, sarebbero state "in parte" accolte dal Governo, ma la volontà dell'esecutivo era quella di promulgare "comunque" la tabella. In particolare era stato promesso che i valori sarebbero stati rivisti provvedendo quantomeno al loro adeguamento alla svalutazione, anche se sarebbero comunque rimasti sempre sotto i livelli milanesi. Nessun dato concreto era stato fornito perché "riservato" e sulla questione del danno morale era stato promesso che la nota esplicativa allegata alle tabelle avrebbe chiarito che lo stesso non era compreso nei valori monetari tabellati. Ora invece dopo otto mesi di silenzio pare che, salvo auspicabili ripensamenti dell'ultima ora, il governo tecnico stia per promulgare tabelle che secondo l'allarme autorevolmente lanciato dalla associazione Valore Uomo porterebbero riduzioni degli importi risarcitori di circa il 60% .
Se l'incauto legislatore delegato (sia pur con delega scaduta) ha pensato così operando di fare un favore a qualcuno, tralasciando le leggi di Cipolla, dovrà comunque ricredersi. Una limitazione risarcitoria per atto amministrativo, per di più illegittimo sia sotto il profilo formale (delega scaduta) che sostanziale, è una norma inapplicabile, il cui unico risultato sarà nell'immediato un incremento esponenziale del contenzioso.
A medio termine non è invece difficile prevedere che questo intervento, ove portato a termine, comporterà per reazione una spinta decisiva a far crollare la fragile architettura giuridica che governa il risarcimento del danno alla persona in RC auto, oramai trasformato di fatto e illegittimamente in un sistema di indennizzo.
Angelo Massimo Perrini, segretario commissione RC Organismo Unitario dell'Avvocatura
Vedi anche:
» RISARCIMENTI per i MACRO DANNI in RCA e MALPRACTICE - In extremis la scure del Governo Monti
» Tabella TAGLIA RISARCIMENTI per i MACRO DANNI - La protesta dell'Associazione Familiari Vittime Strada
Lo ringraziamo con una stretta di mano riconoscente per avere sottratto alla sua famiglia qualche ora del ponte pasquale 2013 per intervenire, a tutela della collettività e per una corretta ed equilibrata informazione, in questa delicatissima tematica che ho cercato di compendiare a braccio nel pezzullo pubblicato il 30 marzo 2013, in cui ho trascurato di ricordare che le tabelle milanesi, da cui il dibattito deve ripartire, già 'certificate' da Cass. Civ. 12408/2011 (scaricabile da questa Rivista dell'8 giugno 2011 con un abborracciato mio commento a prima lettura), costituiscono il punto fermo di approdo e di sintesi non soltanto delle sentenze gemelle n. 26972/2008 e seguenti di San Martino di Tours (di ronda nel cuore dell'inverno dell'anno 338, spezzò il suo mantello per riscaldare un povero seminudo e la notte seguente vide in sogno Gesù Cristo che, avvolto in quella metà di mantello, gli sorrideva riconoscente; donde l'estate di San Martino). Già nelle due pronunce 8827-8828/2003, nonché nella Corte Cost. 233/2003 (Relatore il mio professore di diritto privato Annibale Marini) affioravano i crismi tematici che risalgono anche a Corte Cost. 184/1986, famosissima sentenza capostipite di Renato Dell'Andro; infine, come ricorda Marco Bona, nel lontano 1992 il Capo dello Stato Francesco Cossiga, con il messaggio del 29 febbraio 1992, rinviò alle Camere una legge di delega al Governo per l'indicazione dei criteri di liquidazione del danno biologico affermando la sovranità del Parlamento in ordine alla "formulazione positiva di criteri di liquidazione dei danni"; il messaggio suonava così: "il risarcimento del danno rappresenta il risvolto patrimoniale di diritti fondamentali, quali il diritto alla vita e il diritto alla salute. E' proprio nella tutela efficace di diritti di tal fatta che continuano a trovare il loro maggior significato di garanzia dei cittadini istituti costituzionali quali la riserva di legge o principi generali, certo costituzionalizzati, quali quello di legalità sostanziale, basilari dello Stato di diritto"; buona lettura! (Paolo M. Storani).
Circola in queste ore la notizia dell'imminente promulgazione del DPR di attuazione dell'art. 138 Cod. Ass., norma che disciplina il risarcimento del danno alla persona di non lieve entità in tema di circolazione stradale e, da ultimo, applicabile anche in tema di responsabilità medica. Con l'emanando DPR l'esecutivo procederebbe a un taglio netto dei valori risarcitori e alla promulgazione di barèmes medico legali altrettanto discussi e discutibili in quanto penalizzanti per la valutazione dei danni alla persona dei danneggiati.
Il "decreto": una scelta grave di un Governo privo di delega e di legittimità politica. Va subito detto con chiarezza che questo Governo, qualora effettivamente proceda a promulgare il DPR, si assume la responsabilità di disattendere la volontà del Parlamento che il 26 ottobre 2011, con la mozione Pisicchio (approvata con 428 voti a favore e 6 contrari) aveva dato la indicazione chiara di utilizzare quale parametro di riferimento nazionale per il risarcimento del danno alla persona la tabella del Tribunale di Milano. Quella governativa sarebbe una scelta grave, e per certi versi provocatoria, atteso che arriverebbe contemporaneamente all'aggiornamento dei valori delle Tabelle milanesi e a pochi giorni dalla consacrazione, da parte della accademia medico legale italiana, di nuovi parametri unitari per la valutazione del danno alla persona. I "tecnici" così facendo sceglierebbero di schierarsi contro i danneggiati e a favore delle imprese di assicurazione promulgando un provvedimento illegittimo nella forma e nella sostanza dal momento che il Governo è comunque decaduto dalla delega conferitagli in materia del Parlamento fin dal 1 gennaio 2009.
La premessa logica: stabilire un "criterio unico", già esistente, o abbattere i risarcimenti? Nel merito il "decreto" sarebbe comunque privo della propria principale ragion d'essere così come formulata nella relazione illustrativa al DPR a suo tempo inviata al Consiglio di Stato. La necessità dell'intervento regolamentare sarebbe infatti correlata allo scopo di individuare un criterio unico a livello nazionale per la monetizzazione dei danni alla persona (ma solo da circolazione stradale, e in ultimo, per la colpa medica!) ma un criterio uniforme è già di fatto esistente. Tutti sanno che la Cassazione a far data dalla sentenza 12408 del 2011 seguita dalle conformi 14402 e 18461 ha oramai consolidato il principio che il livello della equità nel risarcimento del danno alla persona è costituito dai valori patrimoniali contenuti nelle Tabelle Milanesi, tabelle di fatto in uso nella gran maggioranza delle corti di merito divenute nei fatti vincolanti per le stesse. Quindi se i valori portati dalle emanande tabelle fossero inferiori a quelli dell'Osservatorio per la Giustizia civile di Milano, l'unica ragione che giustificherebbe un simile intervento regolamentare è quella di abbattere i valori attualmente in vigore. Sul punto ciascuno è in grado di fare le proprie riflessioni.
Il vizio di fondo: la incostituzionalità della norma presupposta. Il regolamento di attuazione dell'art. 138 in quanto atto amministrativo privo di forza di legge, non è evidentemente atto soggetto a scrutinio di costituzionalità, come invece, dopo la promulgazione del regolamento, divenendo operativa la norma di legge, lo sarà l'art. 138.
Tale illegittimità appare evidente, poiché la norma discrimina tra situazioni eguali (medesime lesioni) a seconda della loro genesi: difatti il medesimo danno alla persona viene pagato in maniera differente a seconda dell'evento che lo ha causato.
Nella ipotesi di lesioni da circolazione stradale si verificherà per il danneggiato la meno favorevole liquidazione rispetto a eventi con diversa eziologia per i quali si farà invece riferimento ai criteri equitativi ex 2056 e 1226 c.c., che hanno trovato la loro sintesi nelle tabelle milanesi, la cui valenza equitativa è stata appunto riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimità.
Non si contesta il diritto del legislatore di indicare dei valori di riferimento, ma si contesta la possibilità per l'esecutivo, attesa anche la delega contenuta nell'art. 4 legge delega 229/2003 di intervenire, per di più con atto amministrativo, nella delicata materia del danno alla persona con un provvedimento che incide tra l'altro sull'art. 3 della Costituzione, limitando di fatto le garanzie dell'art. 24, dal momento che la norma regolamentare, ove emanata, fungerà inammissibilmente da limite al potere equitativo che ogni giudice di merito ha per provvedere all'integrale risarcimento del danno alla persona.
Sul punto si rammenta che la Corte costituzionale (sent. 356/91) ha ribadito "che l'art. 32 primo comma della Costituzione tutela la salute come diritto fondamentale del privato e, se è vero che tale diritto è primario e pienamente operante anche nei rapporti tra privati, non sono configurabili limiti alla risarcibilità in ogni caso del danno biologico per se considerato."
Di tali questioni, anche se relative all'art. 139 in tema di cosiddette micropermanenti, è già stata investita la Corte costituzionale, che a breve dovrà necessariamente fissare l'udienza per decidere le tre questioni pendenti (Ord. 95/2012 del GdP di Torino, Ord. 272/2012 del Tribunale di Brindisi, Ord. 60/2013 del Tribunale di Tivoli).
Pende inoltre nella medesima materia una questione pregiudiziale (C-371/12) avanti la Corte di giustizia ove è stato richiesto se, alla luce delle direttive 72/166/CEE (1), 84/5/CEE (2), 90/232/CEE (3) e 2009/103/CE (4) che regolano l'assicurazione obbligatoria in materia di responsabilità civile derivante dalla circolazione di autoveicoli, sia consentito alla legislazione interna di uno Stato membro di prevedere - attraverso la quantificazione obbligatoria ex lege dei soli danni derivanti da sinistri stradali - una limitazione di fatto (sotto il profilo della quantificazione) della responsabilità per danni non patrimoniali posti a carico dei soggetti (le compagnie assicuratrici) obbligati, ai sensi delle medesime direttive, a garantire l'assicurazione obbligatoria per i danni da circolazione stradale. Risulta peraltro che la Commissione, costituita nel procedimento, abbia espresso parere favorevole all'accoglimento della questione preliminare.
La valenza della norma regolamentare.
Nel merito inoltre occorre rilevare come l'emanando DPR sia, ovviamente, un atto amministrativo e come tale privo della forza di legge. Se da un lato ciò rende evidentemente la norma non soggetta al controllo di legittimità costituzionale è peraltro evidente che tale norma è priva di cogenza dal momento che vi è la possibilità per il magistrato di disapplicare l'atto amministrativo illegittimo in forza dei noti principi risalenti all'allegato E legge 20.03.1865 n. 2248. Visti i criteri riduzionistici adottati dalla norma, appare evidente come la emanazione del contestato DPR avrà come unico effetto quello di far lievitare esponenzialmente il contenzioso.
Il precedente: la legge Amabile e il rinvio alle camere.
E' doveroso rammentare, nella parte che qui rileva, il contenuto del messaggio ex art. 74 Cost. con il quale il Presidente della Repubblica il 28 febbraio 1992 rinviò alle Camere la legge che gli era stata sottoposta per la firma: "La legge, al comma 3 dell'art. 19, stabilisce che i criteri per il risarcimento dei danni siano determinati con decreto del Ministro dell'industria, sentito l'ISVAP e le competenti Commissioni parlamentari. Innanzi tutto non può non sorprendere che il parlamento abdichi alla formulazione positiva di criteri di liquidazione dei danni, riservandosi unicamente un limitato spazio consultivo, nei confronti di un Ministro di settore. Il risarcimento del danno rappresenta il risvolto patrimoniale di diritti fondamentali, quali il diritto alla vita e il diritto alla salute. E' proprio nella tutela efficace di diritti di tal fatta che continuano a trovare il loro maggior significato di garanzia di cittadini istituti costituzionali quali la riserva di legge o principi generali, certo costituzionalizzati, quali quello di legalità sostanziale, basilari dello Stato di diritto. Non sembra, dunque, che la legge del Parlamento, soprattutto in materia di tale rilievo costituzionale, possa prescindere dall'offrire agli organi di governo quantomeno i principi della loro attività di settore, normativa o amministrativa, perché questa sia legale e possa essere apprezzata dagli organi giurisdizionali in sede di contenzioso amministrativo o ordinario."
I vizi della norma regolamentare: coefficienti di moltiplicazione, scelta del valore pecuniario del "punto" (fermo al 2005 e non rivalutato), differenza tra uomini e donne.
Anche alla luce di quanto sopra esposto la tabella ministeriale che era stata inviata a suo tempo al Consiglio di Stato per il parere appariva in ogni caso affetta da vizi di illogicità ed eccesso di potere. Non sappiamo se quella che l'esecutivo si appresta ad emanare avrà le stesse caratteristiche, ma è facile immaginare che l'impianto non potrà risultare stravolto perché in difetto avrebbe dovuto essere nuovamente sottoposta al parere del Consiglio di Stato.
Le criticità della tabella governativa erano infatti evidenti: il valore del punto adottato era il medesimo del 139, peraltro non rivalutato, risultando irragionevole, in assenza di qualsiasi richiamo normativo, ritenere che il legislatore avesse inteso indicare il medesimo valore base del punto sia per le micro permanenti che per le invalidità dal 10 al 100% di IP, trattandosi di situazioni tra loro non assimilabili.
Tuttavia anche ritenendo, in via di ipotesi, applicabili alle macro permanenti i medesimi criteri offerti dalla norma di legge, previsti all'art. 139 Cod. Ass. il regolamento non ne rispettava affatto i criteri. Lo stesso estensore del DPR aveva infatti ammesso, nella relazione illustrativa trasmessa al Consiglio di Stato, di avere arbitrariamente scelto di modificare i coefficienti di moltiplicazione del punto, in quanto, se mantenuti quelli attualmente in essere per la curva di incremento sui valori da 1 a 9 "si avrebbero tassi contenuti che porterebbero a risarcimenti molto più bassi da quelli applicati da qualsiasi tribunale, soprattutto per le invalidità gravi."
Già tale osservazione lasciava ritenere la scorrettezza di una eventuale applicazione, come valore per le invalidità gravi, del medesimo valore del punto previsto per le invalidità "lievi" che, incidentalmente, nella prima tabella trasmessa al Consiglio di Stato, non risultava neanche rivalutato ma appariva fermo ai valori del 2005.
La illogicità e la arbitrarietà della scelta si evinceva poi proprio dal seguito della relazione esplicativa laddove veniva sostenuto che, a fronte dei valori troppo bassi che verrebbero a determinarsi mediante la applicazione dei moltiplicatori già in uso per le micro permanenti, si sarebbe reso necessario modificare tali criteri poiché solo in tal modo potrebbero "determinarsi valori coerenti con la prassi liquidativa e giudiziaria".
Si trattava e si tratta di un ragionamento tautologico volto a piegare i numeri alla esigenza di pervenire a un risultato che, arbitrariamente e a posteriori, nella relazione era definito "coerente con la prassi liquidativa". Al contrario è di solare evidenza che i valori che conseguono alla applicazione della tabella erano di gran lunga inferiori a quelli portati dalle tabelle milanesi ora consacrate dalla giurisprudenza di legittimità come valore dell'equità..
In buona sostanza il redattore della tabella ministeriale inviata al Consiglio di Stato aveva provveduto a modificare arbitrariamente i criteri del 139, letteralmente inventando dal nulla tre "curve delle interpolazioni", cioè tre media dei coefficienti di moltiplicazione del punto, partendo come si è visto da una base arbitraria, che dovrebbero valere rispettivamente la prima per individuare i coefficienti moltiplicatori per le invalidità da 10 a 36 punti di IP, la seconda per i coefficienti da 37 a 45 e la terza per i coefficienti moltiplicatori per le invalidità dal 45 al 100 di IP.
In tal modo era stato peraltro esplicitamente disatteso il dato normativo che prevedeva al contrario incrementi più che proporzionali del valore del punto. Infine si rileva come nulla nella norma di legge aveva autorizzato a differenziare i valori risarcitori tra maschi e femmine, così come fatto, portando a liquidazioni inferiori per le donne rispetto agli uomini di pari età.
Il mancato coordinamento tra la tabellazione delle invalidità sotto il profilo medico legale e il valore del punto. Quanto sopra esposto di per se già chiarisce che quella del DPR, quanto ai valori pecuniari, era il frutto di una scelta assolutamente arbitraria e priva di riferimenti legislativi, poiché se l'unico criterio che in essa è dato scorgere è quello di ottenere "valori coerenti con la prassi liquidativa e giudiziari", tale obiettivo non è stato certamente raggiunto dal momento che, pacificamente, i valori patrimoniali della tabella ministeriale sostanzialmente dimezzavano quelli della "prassi liquidativa e giudiziaria". In ogni caso nel DPR è totalmente assente ogni riferimento a concreti parametri medico legali clinici di raccordo con la tabella dei valori patrimoniali, in forza dei quali sia possibile ritenere ragionevole la modifica dei parametri di incremento dei valori effettuata, a questo punto arbitrariamente, sui tre scaglioni sopra indicati.
Le contestazioni delle vittime della strada e le misteriose riflessioni governative: quali tabelle e quali valori in arrivo?
Come noto la scorsa estate, nel mese di giugno e luglio, ci sono stati diversi incontri al MSE tra le Associazione delle vittime della strada e il Sottosegretario competente. All'esito di tali incontri era emerso che le osservazioni critiche dei danneggiati nel merito della tabella, che sostanzialmente erano quelle sopra riportate, sarebbero state "in parte" accolte dal Governo, ma la volontà dell'esecutivo era quella di promulgare "comunque" la tabella. In particolare era stato promesso che i valori sarebbero stati rivisti provvedendo quantomeno al loro adeguamento alla svalutazione, anche se sarebbero comunque rimasti sempre sotto i livelli milanesi. Nessun dato concreto era stato fornito perché "riservato" e sulla questione del danno morale era stato promesso che la nota esplicativa allegata alle tabelle avrebbe chiarito che lo stesso non era compreso nei valori monetari tabellati. Ora invece dopo otto mesi di silenzio pare che, salvo auspicabili ripensamenti dell'ultima ora, il governo tecnico stia per promulgare tabelle che secondo l'allarme autorevolmente lanciato dalla associazione Valore Uomo porterebbero riduzioni degli importi risarcitori di circa il 60% .
Se l'incauto legislatore delegato (sia pur con delega scaduta) ha pensato così operando di fare un favore a qualcuno, tralasciando le leggi di Cipolla, dovrà comunque ricredersi. Una limitazione risarcitoria per atto amministrativo, per di più illegittimo sia sotto il profilo formale (delega scaduta) che sostanziale, è una norma inapplicabile, il cui unico risultato sarà nell'immediato un incremento esponenziale del contenzioso.
A medio termine non è invece difficile prevedere che questo intervento, ove portato a termine, comporterà per reazione una spinta decisiva a far crollare la fragile architettura giuridica che governa il risarcimento del danno alla persona in RC auto, oramai trasformato di fatto e illegittimamente in un sistema di indennizzo.
Angelo Massimo Perrini, segretario commissione RC Organismo Unitario dell'Avvocatura
Vedi anche:
» RISARCIMENTI per i MACRO DANNI in RCA e MALPRACTICE - In extremis la scure del Governo Monti
» Tabella TAGLIA RISARCIMENTI per i MACRO DANNI - La protesta dell'Associazione Familiari Vittime Strada
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