Di assoluta creazione giurisprudenziale (anche in ambito giuslavoristico) è la figura della c.d. perdita di chance",utilizzata dai giudici anche per il ristoro da esclusione illegittima dai concorsi interni dei prestatori di lavoro.
Il c.d. danno da perdita di chance si produce nel momento in cui il soggetto leso, a causa del verificarsi dell'inadempimento e dell'illecito, abbia perso la possibilità, concretamente esistente, di conseguire un vantaggio economico, o più in generale una utilità , consistente nel mancato conseguimento di un determinato bene o risultato positivo.
Rispetto alla problematica suesposta, il dubbio posto all'attenzione dei giudicanti è stato molte volte quello della mancata prova del c.d. "lucro cessante
Da tali speculazioni, si è enucleata ad opera di una parte della giurisprudenza di legittimitá, la figura autonoma del bene "chance" e la sua autonoma lesione da risarcire, quale danno emergente.
Solo apparentemente simile alla lesione dell'aspettativa di diritto, è in realtá diversa nella struttura e nella "ratio", poichè il bene "chance" appare quale concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene e non mera aspettativa è piuttosto un' entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione.
Ciò stante, affinchè la perdita di chance acquisisca una propria autonomia risarcitoria, nella folta nomenclatura dei danni risarcibili di matrice dottrinale e giurisprudenziale, ci si rimette esclusivamente alla possibilità che si individui una precisa conseguenza dannosa per la lesione di interessi variegati, di tal guisa, potrebbe risultare risarcibile il danno provocato dall'illecita condotta del datore di lavoro foriera di "perdita di chance"riguardante un futuro avanzamento di carriera del lavoratore.
La chance è, come affermato dalla giurisprudenza, essa stessa un bene, un'entità giuridicamente ed economicamente valutabile, la cui perdita produce un danno attuale e risarcibile, purché ne sia provata la sussistenza anche secondo un calcolo probabilistico e basato su presunzioni (cfr. Cass. n. 6506/1985; Cass. n. 8458/2000)"; la lesione della chance è un danno attuale, che riguarda la possibilità di conseguire un vantaggio futuro (Cass., sent. n. 21619/2007).
Nell'ambito giuslavoristico la Suprema Corte ha evidenziato che l'avanzamento di carriera di un lavoratore a discapito di un altro, richiede obbligatoriamente che l'azienda motivi la propria scelta, altrimenti dovrá riconoscersi all' illegittimamente danneggiato, la risarcibilità del danno costituito dalla diminuita capacità lavorativa "pro futuro", giusta i principi che presiedono alla determinazione del nesso di causalità fra pregiudizio e condotta lesiva. Cass. civ., Sez. III, 29 novembre 2012, n. 21245
Il bene giuridico protetto è dato dalla mera possibilità del risultato finale e l'azione per il risarcimento del danno da "perdita di chances" può essere proposta dal lavoratore che non abbia maturato il diritto alla maggiore retribuzione per colpevole inadempimento del datore di lavoro. La parte ricorrente, creditrice, ha l'onere di provare, pur se solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita, della quale il danno risarcibile deve essere la conseguenza immediata e diretta. Cass. civ., Sez. III, 28 giugno 2011, n. 14278.
Il risarcimento da "lesione di chance",intesa come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene, presuppone allora l'onere di provare, sia pure presuntivamente o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto di alcuni presupposti per il raggiungimento del risultato sperato ed impedito dalla condotta illecita, della quale il danno risarcibile dev'essere conseguenza diretta e immediata (Cass. Sez. Un. n. 1850/2009, Cass. n. 23846/2008, Cass. n. 21544/2008, Cass. n. 16877/2008, Cass. n. 21014/2007, Cass. n. 17176/2007, Cass. n. 14820/2007, Cass. n. 12243/2007.
L'idoneità della chance a determinare presuntivamente o probabilmente la detta conseguenza è rilevante soltanto ai fini della concreta individuazione e quantificazione del danno, da effettuarsi eventualmente in via equitativa, il quale potrà anche essere escluso, all 'esito di una valutazione in concreto della prossimità della chance rispetto alla consecuzione del risultato e della sua idoneità ad assicurarla" (Cass. n. 23846/2008).
Recentemente anche con la sentenza n. 8443 del 5 aprile 2013, la Cassazione ha chiarito che qualora il dipendente risulti in possesso di tutti i requisiti necessari al fine di concorrere all'avanzamento di carriera, se l'azienda preferisce un altro dipendente, senza prendere in considerazione i requisiti dell'aspirante, dovrà farsi carico del ristoro del danno per "perdita di chance".
Il lavoratore avrá diritto al risarcimento da "perdita di chance" nell'ipotesi in cui il datore di lavoro non motivi adeguatamente il diniego alla richiesta di promozione, non consentendogli pertanto, la possibilità di contestare in seguito il provvedimento stesso.
Riassumendo; il danno alla carriera va risarcito e l'azione esperita nel termine prescrizionale di dieci anni ( per gli Ermellini trattasi di responsabilità di natura contrattuale), il datore di lavoro che nega la promozione ad un lavoratore per preferirne un altro, deve necessariamente fornire al primo le motivazioni della scelta e dovrá rendere palesi i criteri di selezione scelta utilizzati, ciò al fine di consentirgli la possibilità di controllare perché la scelta è ricaduta su di un altro collega e non su di lui.
Il "quantum" del risarcimento, potrá essere determinato anche in via equitativa, ma non si potrá utilizzare lo scarto tra il maggior reddito a seguito di promozione e reddito attuale, in mancanza di certezza in merito alla circostanza che se la procedura di selezione fosse stata corretta ed imparziale avrebbe potuto ottenere il posto .
Lo stesso Consiglio di Stato con sentenza 892/2013, ha statuito circa un rapporto di pubblico impiego, che relativamente ad un procedimento di assegnazione di un posto più alto in carriera, ogni dipendente "escluso" può chiedere di accedere agli atti amministrativi e verificare i criteri di valutazione (frutto di potere discrezionale) che hanno portato alla promozione del collega concorrente.
L'amministrazione può negare tale accesso solamente se dimostra di non esserne più in possesso, ma la relativa prova deve essere inerente a fatti specifici ed insuperabili, non potrebbe l'ente giustificarsi con il solo decorso prolungato del tempo o con la circostanza dello spostamento dei documenti richiesti in altro loco.
Avv. Gilda Summaria - Altri articoli di Gilda Summaria
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