di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione prima, sentenza n. 20137 del 3 Settembre 2013. Importante pronuncia della Suprema Corte che conferma il proprio orientamento in materia di dovere genitoriale al mantenimento dei figli che hanno conseguito la maggiore età. Nel caso di specie una donna agisce avverso il proprio padre naturale, il quale all'epoca della nascita aveva declinato il riconoscimento. Il resistente viene riconosciuto dal Tribunale come padre naturale e condannato al pagamento di una quota mensile a favore della figlia a titolo di mantenimento, oltre a concedere alla stessa l'aggiunta del cognome paterno accanto al proprio. L'importo mensile, relativamente consistente, era stato calcolato dal giudice del merito sulla base della perdita di chance che la figlia avrebbe subito, poiché non inserita in uno sfondo familiare particolarmente agiato quale è quello del padre naturale. Tale sentenza veniva confermata anche in secondo grado.

Avverso tale pronuncia propone ricorso il soccombente, lamentando l'imputazione di tale importo mensile - a suo dire illegittimo poiché già da tempo la figlia, all'epoca dell'appello ventottenne, godeva di proprio reddito idoneo a renderla autonoma - alla sola circostanza di perdita di chance. Denuncia inoltre violazione di legge poiché il giudice d'appello avrebbe confermato l'onere della prova a suo esclusivo carico (il padre avrebbe dovuto provare l'inidoneità del reddito della figlia, e non viceversa).

 

La Suprema Corte accoglie il ricorso. Essa chiarisce infatti come domanda di risarcimento del danno e domanda di mantenimento siano sostanzialmente differenti ed indipendenti; il giudice del merito avrebbe errato nell'attribuire tale onere basandosi sul fatto che la figlia avrebbe dovuto rivestire posizione lavorativa di rango più elevato e maggiormente remunerativa, travisando l'interpretazione stessa dell'istituto del mantenimento. Ricorda infatti la Corte che "il dovere di mantenimento del figlio maggiorenne gravante, sotto forma di obbligo di corresponsione di un assegno, sul genitore non convivente, cessa all'atto del conseguimento, da parte del figlio, di uno "status" di autosufficienza economica consistente nella percezione di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita in relazione alle normali e concrete condizioni di mercato". Status nella specie raggiunto dalla controinteressata.

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