- Anche i ricchi piangono! Il tenore di vita deve essere analogo a quello goduto durante il rapporto matrimoniale. Assegno di euro 20.000, per le figlie, e 6000 euro al mese alla moglie.
Anche i ricchi piangono! Questo è il titolo della telenovela messicana più famosa di tutti i tempi, che racconta la storia d'amore tra Mariana Villareal e il ricco Luis Antonio Salvatierra.
Molte storie d'amore sono delle vere e proprie telenovelas che spesso il matrimonio fa naufragare come il transatlantico del Titanic.
Quando finisce un matrimonio i conflitti più importanti si registrano, in particolar modo,sul tema del mantenimento dei figli e della moglie.
Quindi le battaglie legali sono decisamente agguerrite quando il patrimonio da spartire e' alquanto notevole.
In merito a ciò, recentemente la Cassazione, sez. I Civile, con la sentenza 30 settembre - 28 ottobre 2013, n. 24252, giudicando sulle conseguenze della cessazione degli effetti civili del matrimonio, ha stabilito che :" la moglie ha diritto di mantenere uno status analogo a quello goduto durante il rapporto matrimoniale. Assegno di euro 20.000, per le figlie, oltre all'onere delle spese mediche, sportive, ricreative e di istruzione. In più 6.000 al mese alla moglie".
Per chiarezza espositiva e' opportuno distinguere tra : assegno di mantenimento
ed assegno divorzile. L'obbligo di versare "l'assegno di mantenimento" è previsto in favore del coniuge a cui non sia addebitabile la separazione e che non disponga di redditi adeguati a un tenore di vita simile a quello che aveva durante il matrimonio. Questi presupposti dovranno essere valutati, caso per caso dal Tribunale che, nel determinare la cifra da versare per il mantenimento, dovrà tenere conto di: divario economico tra i redditi percepiti dai coniugi, tenore di vita durante il matrimonio, e di ogni altra circostanza rilevante. La finalità dell'assegno di mantenimento è, dunque, assistenziale. L'obbligo di versare l'assegno di mantenimento decorre dalla data della relativa domanda e permane sino al passaggio in giudicato della sentenza che pronuncia il divorzio e può essere previsto a cadenza periodica (generalmente mensile) o in un'unica tranche. L'assegno di mantenimento non va confuso con gli alimenti, i quali vengono corrisposti a favore del coniuge che si trovi in uno stato di indigenza o povertà, affinché gli venga garantito il minimo indispensabile per la propria sopravvivenza e ciò a prescindere dall'eventuale addebito della separazione. Di altra natura è, invece, l'assegno divorzile, il cui fondamento si ravvisa, infatti, nella rottura definitiva del rapporto coniugale e, dunque, nel venir meno di tutti gli effetti propri del vincolo matrimoniale. Anche l'assegno divorzile ha una finalità assistenziale/solidaristica serve cioè a impedire il deterioramento delle condizioni economiche del coniuge economicamente più debole. L'art. 5 della legge n. 898/70 prevede che il Tribunale, con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, riconosca l'assegno divorzile al coniuge che lo richiede quando quest'ultimo non disponga di mezzi adeguati o comunque non possa procurarseli per ragioni obiettive, tenendo conto delle condizioni reddituali di entrambi i coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e patrimoniale, e valutando questi elementi in rapporto alla durata del matrimonio. Nel caso dell'assegno divorzile, la legge richiede requisiti più rigidi al fine del suo riconoscimento. Non basta, infatti, che il coniuge beneficiario sia privo dei mezzi economici idonei ad assicuragli un tenore di vita tendenzialmente equiparabile a quella precedente, ma invece è necessario che egli sia oggettivamente nella condizione di non poterseli procurare (ad esempio, per inabilità fisica che impedisca lo svolgimento di un'attività lavorativa). L'assegno divorzile, analogamente a quello di mantenimento, può essere versato mensilmente oppure liquidato in un'unica soluzione, previo accertamento del Tribunale circa la congruità della somma offerta. Fatta questa breve ma necessaria premessa e' il caso di ritornare ad esaminare il caso di specie. Il marito proponeva ricorso in Cassazione sostenendo che l'assegno divorzile riconosciuto alla moglie si basava su argomentazioni illogiche e contraddittorie. I redditi del ricorrente avevano subito una sensibile diminuzione rispetto all'anno 2002, di cui non si era tenuto conto, e dovevano servire al mantenimento di altri suoi tre figli nati da una nuova relazione. Il secondo motivo denunciava il vizio di motivazione nella determinazione dell'assegno per le figlie in una entità (superiore a quella della separazione, pari a Euro 18.076,00), ritenuta abnorme rispetto alle esigenze di tre ragazze.La Suprema Corte esaminando il primo motivo ha ritenuto che il giudice di merito ha seguito un percorso argomentativo aderente alle indicazioni da tempo fornite dalla Cassazione, secondo cui: in tema di scioglimento del matrimonio "l'accertamento del diritto all'assegno di divorzio si articola in due fasi, nella prima il giudice è chiamato a verificare l'esistenza del diritto in astratto, in relazione all'inadeguatezza dei mezzi o all'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive; gli stessi devono essere raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio .
Nella seconda fase, il giudice deve poi procedere alla determinazione in concreto dell'assegno.
La corte territoriale, nel valutare l'adeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge richiedente l'assegno, ha effettuato una comparazione tra la situazione reddituale e patrimoniale attuale della M. con quella della famiglia all'epoca della cessazione della convivenza.
Ed è emerso che i mezzi economici complessivi della moglie, pur significativi e idonei a garantirle un tenore di vita agiato, tuttavia non erano adeguati a consentirle di conservare l'alto tenore di vita matrimoniale, tenuto conto delle eccezionali potenzialità economiche del marito, uno dei più affermati imprenditori italiani.
Inoltre, grande rilievo è stato dato al divario in negativo delle condizioni economiche della moglie, i cui redditi da lavoro accertati sono risultati modesti (Euro 14.000,00 nell'anno 2006) al confronto di quelli dichiarati dal marito (non inferiori a Euro 66.667,00 mensili netti nell'anno 2007) .
La corte ha anche evidenziato che la capacità lavorativa della richiedente l'assegno era ridotta, avendo dedicato le sue energie alla famiglia e non avendo avuto la possibilità di inserirsi pienamente nel mondo del lavoro.
Con riguardo all'assegno per le figlie, che è oggetto del secondo motivo del ricorso principale, la corte romana, tenendo conto del contesto socio-economico nel quale esse erano inserite e delle loro aumentate esigenze economiche, lo ha quantificato in un importo (di Euro 24.000,00 mensili, oltre alle spese mediche, sportive, ricreative e di istruzione) di poco superiore a quello (di L. 35.000.000, oltre alle spese) che lo stesso si era impegnato spontaneamente a corrispondere nel 1998, in occasione della separazione consensuale.
Il ricorso incidentale della moglie, invece, riguardava quella parte della sentenza impugnata che aveva eliminato il contributo "abitativo" di Euro 8.000 mensili per le figlie, posto dal tribunale a carico del padre in aggiunta all'assegno di mantenimento.
In conclusione, il ricorso principale veniva rigettato; quello incidentale dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di cassazione venivano compensate tenuto conto della soccombenza reciproca.
Qui di seguito la narrazione, in breve, della storia giudiziaria.
La Corte di appello di Roma, con sentenza 6 maggio 2009, in parziale riforma della sentenza impugnata, giudicando sulle conseguenze della cessazione degli effetti civili del matrimonio tra i sig.ri B.G. e F..M., ha adottato le seguenti disposizioni: ha confermato l'affidamento di due delle tre figlie (nate tra il ... e il ...) alla madre (la terza, nata nel ..., aveva già raggiunto la maggiore età) e l'assegno di mantenimento in loro favore e a carico del padre, pari a Euro 24.000,00 mensili, oltre all'onere delle spese mediche, sportive, ricreative e di istruzione; ha eliminato l'ulteriore contributo disposto dal tribunale di Euro 8.000,00 mensili per le spese abitative delle figlie ed ha attribuito alla M. un assegno mensile (che il tribunale aveva negato) di Euro 6.000,00, a decorrere dal gennaio 2007; ha compensato le spese processuali. Per quanto ancora interessa, la corte ha ritenuto che la M., benché titolare di un cospicuo patrimonio (costituito dalla proprietà pro-quota di fabbricati e terreni e da partecipazioni societarie) e di redditi propri che, nel loro complesso, le consentivano di condurre un tenore di vita agiato, non fosse nelle condizioni di mantenere uno status analogo a quello goduto durante il rapporto matrimoniale (durato circa quindici anni) o che avrebbe prevedibilmente goduto se questo non fosse terminato; notevole era il divario in negativo delle sue condizioni economiche (non a caso peggiorate dopo il divorzio) rispetto a quelle dell'ex marito, che era titolare di notevolissimi redditi, di un ingente patrimonio immobiliare e di multiformi partecipazioni e incarichi societari. La corte le ha quindi attribuito un assegno e, richiamati i parametri valutativi di cui all'art. 5, comma 6, della legge n. 898/1970, e succ. mod., lo ha quantificato nella misura sopra indicata. Con riguardo all'assegno per le figlie, la corte ha rigettato la richiesta di riduzione a Euro 18.076,00, ritenendo che l'importo di Euro 24.000,00 stabilito dal tribunale fosse adeguato alle loro aumentate esigenze di vita, nonché alle risorse economiche e alle potenzialità reddituali dei genitori, tenuto conto che già nel 1998 il B. si era impegnato spontaneamente a corrispondere l'importo di L. 35 milioni; la Corte ha eliminato, a decorrere dal dicembre 2005, l'ulteriore contributo di Euro 8.000,00 per le loro esigenze abitative in quanto già soddisfatte dall'assegno.
Avverso questa sentenza ricorre per cassazione il B. a mezzo di due motivi, cui resiste la M. che propone un ricorso incidentale a mezzo di quattro motivi, cui resiste l'altra parte con controricorso. Entrambe le parti hanno presentato memorie illustrative, a norma dell'art. 378 c.p.c..