Pronunciandosi ancora una volta in materia di immissioni di rumore la Corte di Cassazione (sentenza 2 dicembre 2013, n. 47830) ha ricordato che la responsabilità sotto il profilo penale non sussiste per il semplice fatto di aver arrecato disturbo al sonno di un vicino.
Come spiega la Corte perché si possa configurare il reato previsto dall'articolo 659 del codice penale (Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone) non basta che i rumori disturbino i soli abitanti degli appartamenti di un condominio che si trovano ai piani immediatamente superiori o inferiori da quello in cui si propaga il rumore. E' necessario piuttosto che il disturbo riguardi una quantità indeterminata di soggetti.
La suprema Corte ha così annullato una sentenza di condanna inflitta dai giudici di merito ad un uomo che era finito sotto processo per la sua abitudine di suonare ad alto volume la chitarra elettrica anche nelle ore notturne.
Perché sussista il reato, spiega la Corte, è necessario che l'attività rumorosa sia idonea a disturbare un numero considerevole di soggetti e quindi che il disturbo riguardi tutti i condomini o quelli degli stabili che si trovano nelle vicinanze.
Insomma la norma di riferimento (che è l'articolo 659 del codice penale) prevede come requisito per la configurabilità del reato che vi sia un disturbo nei confronti di una pluralità indeterminata di persone e che sia pertanto turbata e compromessa la quiete pubblica.
Vale la pena ricordare però che le persone che subiscono immissioni di rumore intollerabili hanno sempre la possibilità di richiedere una tutela dinanzi al giudice civile ai sensi degli articoli 844 e 2043 del codice civile.
Testo sentenza Corte di Cassazione - 2 dicembre 2013, n. 47830