Dott.ssa Alessandra Ferretti
a.ferretti@email.it
La Cassazione torna a trattare di responsabilità medica (Cass. sez III 23/05/2014 n.11522) con particolare riferimento al danno derivante dalla mancata diagnosi di un "male incurabile".
Il tema risulta particolarmente importante, anche alla luce del recente intervento legislativo della legge Balduzzi.
Nel caso di specie in particolare, la Suprema Corte si è occupata della responsabilità del medico che omette di diagnosticare al paziente un "processo morboso terminale", il quale abbia causato allo stesso un danno consistente nel dover sopportare le conseguenze del processo morboso e i dolori ad esso connessi, evitabili con un intervento non risolutivo della malattia ma sicuramente utile al fine di ridurre le sofferenze del paziente nel decorso della stessa.
Sulla questione emergono in particolare due aspetti: da un lato all'omessa diagnosi effettuata dal medico viene contestata la mancata specializzazione dello stesso che sarebbe stata idonea ad una corretta valutazione di quanto riscontrato dalle analisi.
Dall'altro il ritardo nella identificazione del "male incurabile" viene valutato rispetto alla qualità della vita che il paziente avrebbe potuto avere, se non fosse stato costretto a dover sopportare il decorso doloroso e degenerativo della malattia.
Per quanto riguarda il primo aspetto, il caso di specie ha avuto quale protagonista della mancata diagnosi un medico ortopedico, il quale al fine di eseguire un intervento al ginocchio del paziente lo aveva sottoposto ad una serie di esami di routine, tra i quali una radiografia toracica, dalla quale era emersa la presenza di una massa tumorale nei polmoni, la quale meritava di approfondimento diagnostico mediante TAC.
L'ortopedico non si preoccupava tuttavia di proseguire negli accertamenti del caso ed effettuava l'operazione al ginocchio del paziente, il quale pochi mesi dopo è deceduto.
Provata la mancata correlazione dell'intervento al ginocchio rispetto al decesso dello stesso poco tempo dopo, resta tuttavia il fatto che il medico non si sia preoccupato minimamente di approfondire o quantomeno consigliare il paziente rispetto alla patologia tumorale riscontrata nelle analisi.
In tal senso il rilievo della diversa specializzazione del medico ortopedico, rispetto alla patologia riscontrata, non esime lo stesso dalla necessità di prescrivere al paziente ulteriori approfondimenti in merito, rispetto ad un dovere deontologico del sanitario che non consiste solo nel salvare la vita al paziente ma anche nell'alleviare il più possibile le sue sofferenze.
Si potrebbe del resto anche dubitare della mancata correlazione dell'operazione svolta dal medico ortopedico, rispetto ad un'accelerazione della malattia tumorale.
Sul punto tuttavia la corte non si è espressa, concentrandosi in particolar modo sul secondo aspetto di rilievo ovvero il danno realizzatosi nei confronti del paziente.
Entra in gioco anche in questo caso l'istituto di creazione giurisprudenziale della "perdita di chance". Esclusa infatti la possibilità di sopravvivenza del paziente, resta tuttavia la perdita di una possibilità che lo stesso avrebbe avuto, per mezzo di un intervento non risolutivo ma paliativo della malattia, di godere nei mesi a seguire di una qualità della vita migliore rispetto a quella che gli si è poi prospettata.
La perdita di chance si inserisce nel "mancato ottenimento di un risultato positivo e migliore rispetto a quello effettivamente realizzatosi". Nel caso di specie quindi la cassazione correttamente individua per il paziente un danno da perdita di chance non rinvenibile nella sopravvivenza o guarigione dalla malattia ma quantomeno in una migliore qualità della vita dello stesso.
In conclusione secondo quanto osserva la Suprema Corte "la mancata osservanza di un elementare obbligo di diligenza da parte del dottor M emerge palesemente ex actis" ed è pertanto riscontrabile una responsabilità a carico del sanitario dalla quale è derivata una perdita di chance del paziente consistente nella perdita della possibilità dello stesso di condurre una vita migliore se sottoposto tempestivamente ad idoneo intervento.
Dott.ssa Alessandra Ferretti - Consulente legaleSpecializzata presso la SSPL Statale di Milano
Iscritta all'Ordine dei praticanti avvocati di Milano
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