Il diritto alla "doggy bag", ovvero l'usanza di portare via dai tavoli di ristoranti e pizzerie il cibo avanzato per darlo al proprio cane (ma anche le portate e le bevande non consumate per assaporarle in un altro momento), è stato sancito nei giorni scorsi dalla Cassazione.
Con la sentenza n. 29942 dell'8 luglio, la quinta sezione penale della Suprema Corte ha accolto il ricorso del cliente di un albergo condannato per il reato di ingiuria commesso nel corso di un diverbio con il gestore originato dal divieto alla doggy bag e al riempimento della borraccia con l'acqua servita a tavola e rimasta inutilizzata.
Dopo la condanna in primo grado per ingiuria e diffamazione a mezzo stampa, per aver anche rilasciato un'intervista sui disservizi dell'hotel a un quotidiano locale, la Corte d'Appello di Trento in parziale riforma aveva assolto l'imputato dal reato di diffamazione, ritenendo legittimo l'"esercizio del diritto di critica", e confermato il reato di ingiuria.
Considerando che la condotta ingiuriosa addebitata costituisse l'effettiva e sostanzialmente immediata reazione ai disservizi subiti e "all'imposizione di regole (divieto di asportare i residui del cibo per costituire il c.d. "doggy bag", riempire la propria borraccia dalla bottiglia servita a tavola) non irragionevolmente ritenute pretestuose ed ingiuste dall'imputato", la S.C., invece, ha ritenuto che all'uomo andasse riconosciuta "l'esimente della provocazione", per aver agito "nello stato d'ira determinato dal fatto ingiusto altrui".
Annullando, pertanto, la sentenza con rinvio, ha dichiarato l'uomo non punibile, affermando che il diritto alla doggy bag fa ormai parte "di regole comunemente accettate dalla civile convivenza".