La Cassazione ricorda che ai fini del reato di maltrattamenti in famiglia c'è una totale equiparazione del convivente al coniuge

di Mara M. - Ecco un'altra sentenza della Cassazione - questa volta penale - che riconosce natura familiare ai legami 'di fatto'. Ai fini dell'integrazione del reato di maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.), i Giudici di Piazza Cavour hanno operato in questa pronuncia una totale equiparazione del convivente al coniuge.

Il ricorrente, condannato in Tribunale per il delitto di cui all'art. 572 c.p. in danno della convivente, chiedeva giustizia alla Suprema Corte facendo valere l'inesistenza di alcuna relazione di tipo familiare con la vittima. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 31121/2014, ha però confermato la decisione di merito impugnata, motivando che: "sussiste il delitto di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. tutte le volte che la relazione presenti intensità e caratteristiche tali da generare un rapporto stabile di affidamento e solidarietà".

Secondo questa interpretazione, la fattispecie delittuosa in questione sarebbe stata dunque concepita dal Legislatore non solo come presidio dell'istituto della famiglia, ma - in senso più lato - come una tutela nei confronti di coloro che si trovano ad essere "soggetti deboli" all'interno di un nucleo sociale organizzato, indipendentemente dalla sussistenza di un vincolo matrimoniale o parentale.


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