Un condizionatore posto all'esterno della facciata condominiale potrebbe costituire un'innovazione lesiva del decoro architettonico.
È quanto afferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 20985/2014 della seconda sezione civile, evidenziando che non assume rilievo neppure il fatto che siano alterate le linee architettoniche essendo sufficiente che l'innovazione si rifletta negativamente sull'aspetto armonico del fabbricato anche a prescindere dal pregio estetico che possa avere l'edificio.
Già in primo grado, i proprietari dell'appartamento in cui erano stati istallati i condizionatori, erano stati condannati a rimuoverli. La sentenza era stata confermata anche dalla Corte d'Appello.
Nel corso del giudizio di appello i ricorrenti avevano sostenuto che il primo giudice avrebbe applicato in maniera erronea l'articolo 1102 del codice civile non avendo tenuto conto del fatto che, nel caso di specie, sarebbe risultata impraticabile una diversa soluzione tecnica per dotare l'appartamento di riscaldamento autonomo, e che comunque non ci sarebbe stata violazione del decoro architettonico.
Il caso finiva quindi in Cassazione dove i ricorrenti contestavano la violazione o falsa applicazione dell'articolo 1120 del codice civile perché sarebbe stato erroneamente considerato come alterato il decoro tettonico del fabbricato senza valutare l'effettiva gravità ed incidenza delle innovazioni e la loro idoneità produrre un pregiudizio economicamente apprezzabile.
Sostenevano i ricorrenti che oltretutto vi era stata una sanatoria in via amministrativa delle opere realizzate.
La Corte di Cassazione nel respingere il ricorso ha evidenziato come il fabbricato fosse inserito in un ambito paesaggistico protetto e che i giudici di merito avevano anche preso in considerazione le dimensioni delle apparecchiature che erano state fissate sulla gronda del tetto condominiale.
Secondo la Cassazione "costituisce innovazione lesiva del decoro architettonico del fabbricato condominiale, come tale vietata, non solo quella che ne alteri le linee architettoniche, ma anche quella che comunque si rifletta negativamente sull'aspetto armonico di esso, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l'edificio".
Una valutazione del genere spetta in ogni caso "al giudice di merito, ed è insindacabile in sede di legittimità ove non presenti vizi di motivazione".
La Corte, da ultimo, fa notare che "i rapporti tra l'esecutore delle opere e la pubblica autorità investita della tutela urbanistica non possono interferire negativamente sulle posizioni soggettive attribuite agli altri condomini" dall'articolo 1120, secondo comma, codice civile, per la preservazione del decoro architettonico dell'edificio. È irrilevante quindi che detta autorità abbia autorizzato l'opera.
Testo sentenza Cassazione 20985/2014