di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione civile, sezione lavoro, sentenza n. 22154 del 20 Ottobre 2014.
Il risarcimento del danno causato da infortunio in itinere, per regola generale, opera nei limiti del c.d. "rischio elettivo".
Nel caso in cui, infatti, sia lo stesso danneggiato a porsi - più o meno volontariamente - nelle condizioni di poter molto probabilmente riportare danni durante l'orario di lavoro (e nel tempo immediatamente precedente e successivo, tempo necessario a raggiungere il luogo di lavoro) tale risarcimento è escluso. Il giudice è chiamato a valutare la presenza di una serie di requisiti che indichino o meno l'integrarsi di tale rischio elettivo.
Nel caso di specie il ricorrente riporta danni a seguito di incidente stradale avvenuto proprio mentre si stava recando, con mezzo proprio al luogo di lavoro.
La Suprema corte, nel risolvere la questione, riepiloga gli elementi che devono coesistere affinchè la domanda di risarcimento del danno sia fondata: "la sussistenza di un nesso eziologico tra il percorso seguito e l'evento, nel senso che tale percorso costituisca per l'infortunato quello normale per recarsi al lavoro e per tornare alla propria abitazione; la sussistenza di un nesso almeno occasionale tra itinerario seguito e attività lavorativa, nel senso che il primo non sia dal lavoratore percorso per ragioni personali o in orari non collegabili alla seconda; la necessità dell'uso del veicolo privato, adoperato dal lavoratore per il collegamento tra abitazione e luogo di lavoro, considerati i suoi orari di lavoro e quelli dei pubblici servizi di trasporto".
Ora, nel caso in esame, è stato accertato che tra l'abitazione dell'infortunato e il luogo di lavoro vi sono solamente 900 metri di distanza; e che, inoltre, è disponibile e agevole l'utilizzo del servizio di trasporto pubblico. Oltre che essere distanza tranquillamente percorribile a piedi - non risultando il lesionato affetto da alcuna grave patologia, in grado di affrontare il tragitto camminando - la presenza di mezzi pubblici esclude decisamente che l'automobile privata possa essere considerata mezzo "normale" per raggiungere il luogo di lavoro.
La valutazione della presenza o meno di rischio elettivo, in rapporto all'esame degli elementi di fatto portati in sede processuale, se correttamente e logicamente motivata, costituisce altresì apprezzamento di fatto circa il quale è sicuramente escluso il sindacato del giudice di legittimità. E nel merito è stato accertato che la distanza di 900 metri non costituiva certo motivazione alla necessità dell'uso del mezzo privato. Per tutti questi motivi, il ricorso è rigettato.
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