Una prova contraria non può essere negata salvo che non risulti contraria alla legge o non sia sia manifestamente superflua o irrilevante
Nell'ambito di un procedimento per il reato di maltrattamenti in famiglia, i giudici non possono negare l'audizione del minore richiesta, dai parenti imputati, a loro discolpa. E non possono limitarsi a negare l'audizione liquidando il minore come inattendibile.

E' quanto chiarisce la Corte di Cassazione con la sentenza del 24 novembre 2014 n. 48645 secondo cui, quando una parte chiede una prova contraria, questa non può essere negata salvo che non risulti contraria alla legge o non sia manifestamente superflua o irrilevante.

I giudici di merito, in primo e in secondo grado, avevano condannato gli imputati per il reato di maltrattamenti in famiglia ai danni di un minore.  Nel corso del procedimento erano stati escussi diversi testimoni dell'accusa i quali avevano evidenziato che vi era stata una totale chiusura della famiglia rispetto al mondo esterno.

Al bambino era stato precluso, attraverso indebiti condizionamenti da parte dei familiari, di relazionarsi con i coetanei e di svolgere qualunque attività fisica al punto di provocarli disturbi deambulatori. Il bambino era stato anche privato della figura paterna nei cui confronti manifestava timori ingiustificati e spropositati verosimilmente instillati dai nonni materni e dalla madre sin da quando era in tenera età.

Nel ricorso per Cassazione gli imputati hanno lamentato che in primo grado il Tribunale aveva respinto la loro richiesta di sentire il minore sulla base del fatto che, a detta dei magistrati, il bambino sarebbe stato fortemente condizionato e quindi non in grado di ricostruire i fatti in modo attendibile trovandosi anche in una condizione di plateale conflittualità con il padre.


Considerata inutile la testimonianza il Tribunale aveva così negato l'audizione del minore ma per la Cassazione il processo è da rifare. Il giudice è infatti tenuto ad assumere le prove contrarie richieste dalle parti se non sono contra legem o manifestamente superflue o irrilevanti.


Oltretutto, evidenza la Corte, al momento del processo il minore aveva raggiunto uno sviluppo psico fisico tale da consentirgli di riferire in merito a quanto accaduto nel suo contesto familiare.


Per altri dettagli si rimanda il testo della sentenza qui sotto allegato.

Vedi anche: la raccolta di articoli e sentenze in materia di maltrattamenti in famiglia

Corte di Cassazione testo sentenza 24 novembre 2014 n. 48645

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