di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione civile, sezione terza, sentenza n. 295 del 13 Gennaio 2015. In tema di responsabilità da cose in custodia ex art. 2051 cod. civ., quando è possibile che il custode si liberi dall'obbligo di risarcimento del danno il pregiudizio arrecato? E ancora, come viene ripartito l'onere della prova in capo alle parti? Nel caso in oggetto ricorre in Cassazione l'azienda incaricata della manutenzione di un tratto stradale, a seguito di danneggiamento di un'autovettura in transito, danno riportato a causa di una macchia d'olio presente sul manto stradale.
"La responsabilità per i danni in custodia ha carattere oggettivo". Esordisce così la Suprema corte, nel motivare la propria decisione di rigetto del ricorso presentato dall'azienda condannata a risarcire il danno all'automobilista. Ciò significa che "perchè tale responsabilità possa configurarsi in concreto è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa stessa e il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, in quanto la nozione di custodia non presuppone, né implica uno specifico obbligo di custodire, analogo a quello previsto per il depositario; funzione della norma è, in tal senso, quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa stessa". La responsabilità del custode è esclusa solamente dal caso fortuito, il cui onere della prova grava proprio in capo allo stesso soggetto; in definitiva, il principio enunciato dalla Corte è il seguente: "in tema di responsabilità da cosa in custodia, la presunzione stabilita dall'art. 2051 cod. civ. presuppone la dimostrazione, a opera del danneggiato, dell'esistenza del nesso causale tra cosa in custodia e fatto dannoso". Di fatto, nei gradi di merito, il custode non ha fornito la prova liberatoria del caso fortuito.
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