Avv. Francesco Pandolfi cassazionista
Questo articolo potrà apparire scoraggiante in partenza ma alla fine sono certo che sarà di stimolo per tutti.
A chi non è capitato di avere discusso della "Legge Pinto", o di aver avuto a che fare con dei ricorsi in materia.
Ebbene allo stato attuale, le più incomprensibili ingiustizie perpetrate a danno di chi in Italia chiede un indennizzo per la durata eccessiva di una causa presupposta, provengono proprio da chi ha istituito la Legge Pinto: lo Stato.
Si perchè ormai da qualche anno, riuscire ad ottenere la fissazione in "tempi ragionevoli" di un'udienza in Corte di Appello per rendere possibile la trattazione della causa per equa riparazione, praticamente non è più possibile.
Gli ostacoli sono indecifrabili anche per i poveri avvocati: "il ruolo eccessivo posto a carico dei Collegi, l'esiguità del personale, la scarsità delle risorse" ed altro.
Ricordo che all'epoca della creazione dell'istituto indennitario, presso la Corte di Appello di Perugia si arrivava a conclusione di una causa per equa riparazione in 4 - 6 mesi al massimo; inoltre il ricorrente otteneva la liquidazione della somma (quando riconosciuta) nel giro di poche settimane.
La Banca d'Italia, preposta ai materiali pagamenti, impiegava 2- 3 settimane.
Con il passar degli anni quel limiti temporali si sono dilatati al punto che dalla data di deposito del ricorso al provvedimento della Corte di fissazione dell'udienza passano tranquillamente 2 -3 anni.
Inaccettabile non vi pare?
Ma siamo in italia dove a quanto pare succede anche ciò che in altri paese apparirebbe paradossale.
Pensate che una volta ottenuto il decreto di equa riparazione che riconosce un'indennizzo al ricorrente, quel pagamento dovrebbe essere immediato: al limite si potrebbe giustificare non più di una latenza semestrale all'amministrazione chiamata ad adempiere, niente più.
Ma non è così.
Basta visitare gli Uffici delle Corti preposti alla gestione degli aspetti contabili dei decreti, per sincerarsi del fatto che il diritto al pagamento si concretizzerà materialmente dopo anni ( sempre presupponendo l'esistenza di risorse realmente stanziate dallo Stato e che il personale per disbrigare le singole pratiche aumenti numericamente, altrimenti sarà la paralisi ).
Per non demoralizzarci troppo, evito di dilungarmi sulla nuova e restrittiva disciplina della Legge Pinto.
Passiamo però all'aspetto "motivante".
A ben vedere c'è un rimedio allo "stallo" italiano: questo rimedio si chiama Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (67075 Strasbourg Cedex France ).
Ed è li che solitamente presento i miei ricorsi dopo aver concluso le fasi "domestiche", aver vinto le cause ed essere rimasto in attesa di pagamenti, oppure dopo aver ricevuto indennizzi troppo bassi rispetto ai più congrui parametri europei.
La Corte Europea si muove rapidamente, appare efficiente nel disbrigo dei fascicoli, risponde sempre alle lettere, chiede notizie di ogni adempimento e rilascia sempre informazioni sullo stato della procedura. Insomma un buon motivo per noi tutti per tornare a credere nella giustizia.
Contatta l'avv. Francesco Pandolfi
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