La Cassazione conferma la condanna a una donna che aveva dato un calcio nei testicoli al marito aggressivo

Se lei da un calcio negli "zebedei" a suo marito rischia una condanna per lesioni personali. E se vuole ottenere la scriminante della legittima difesa, non può limitarsi a dedurre di aver agito per la necessità di difendersi da un comportamento aggressivo del marito. 

Per ottenere la scriminante di cui all'art. 52 del codice penale occorre sempre specificare "le circostanze in cui si sarebbe spiegata" e indicare da quale pericolo incombente ci si è dovuti difendere.

È quanto afferma la V Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza numero 9693 del 5 marzo 2015 che ha confermato un verdetto di condanna per lesioni nei confronti di una donna che aveva colpito suo marito nelle parti basse.

 

Contro la sentenza di condanna per lesioni personali semplici la donna ha proposto ricorso per Cassazione lamentando il mancato riconoscimento della della legittima difesa.


Il giudice di ultima istanza, ha ritenuto però manifestamente infondato il ricorso sia perché il giudice di merito ha emesso sentenza di condanna sulla base di una testimonianza adeguatamente riscontrata, (ovvero sulla base delle dichiarazioni della persona offesa assistite da idoneo certificato medico, che attestava lesioni perfettamente compatibili col racconto) sia perché la tesi della legittima difesa è rimasta - nella prospettazione della difesa - solo un'ipotesi, non suffragata da alcuna evenienza processuale e svalutata dalla mancata specificazione delle circostanze in cui si sarebbe spiegata, nonché dalla mancata indicazione del pericolo che incombeva sull'imputata la quale, peraltro, non aveva negato che nel divincolarsi potesse aver colpito il marito. 


Come si legge nel testo della sentenza qui sotto allegata, il giudice di legittimità non ravvisa un travisamento delle dichiarazioni dell'imputata e una sottovalutazione delle dichiarazioni del teste a discarico: quest'ultimo, per non essere stato presente ai fatti, non poteva sapere come si erano svolti e la circostanza che la donna giunse da lui trafelata o impaurita non era indice che fosse stata aggredita, potendo palesarsi in quello stato d'animo solo perché temeva la reazione dell'uomo che era stato da lei colpito.

Cassazione Penale, testo sentenza 5 marzo 2015, n. 9693
Giovanna Molteni

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