La persona offesa non può avvalersi dell'istituto della remissione in termini previsto dall'articolo 175 del codice di procedura penale.
Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza 10111/2015 spiegando che tale norma può applicarsi solo alle parti in senso tecnico.
Nel caso preso in esame dai giudici di piazza Cavour un'imputata aveva impugnato una sentenza del tribunale di Firenze emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale.
Nel ricorso la donna aveva censurato il provvedimento con cui il tribunale aveva rimesso in termini la persona offesa per consentirne la costituzione di parte civile.
Quando era stato chiamato processo per la prima volta, in assenza della persona offesa l'imputata aveva richiesto il patteggiamento ma, dopo circa un'ora, era comparso il difensore della persona offesa documentando un concomitante impegno professionale e chiedendo di potersi costituire parte civile.
Nonostante l'opposizione dell'imputata il giudice rigettava la richiesta di applicazione della pena su richiesta e non si pronunciava sull'eccezione relativa alla costituzione di parte civile.
Successivamente, ad altra udienza, un diverso giudice ammetteva la costituzione della parte civile ritenendo di poter interpretare la nota scritta del difensore della persona offesa, attestante i precedenti impegni professionali, come una implicita richiesta di remissione in termini sensi dell'articolo 175 del codice di procedura penale.
Secondo l'imputata, però, il provvedimento sarebbe abnorme sia perché è mancata una formale richiesta di restituzione in termini sia perché l'istituto previsto dall'articolo 175 del codice di procedura penale si riferisce alle parti e non anche alla persona offesa.
La Corte di Cassazione, dando ragione all'imputata, ha evidenziato che il giudice di merito ha "malamente utilizzato" il potere di restituzione in termini a lui conferito dall'articolo 175 c.p.p..
E ciò non solo perché non c'è stata una formale richiesta di restituzione in termini ma anche perché tale richiesta può essere fatta solo da una delle parti del procedimento ossia dall'imputato, dal pubblico ministero e dalla parte civile, ma non anche dalla persona offesa che non può essere considerata "parte" in senso tecnico.
Del resto, annota la Corte, stiamo parlando di termini processuali stabiliti a favore delle parti del processo e che non possono applicarsi a chi nel processo non è ancora entrato.
Insomma, una volta superato lo sbarramento temporale stabilito dagli articoli 484 491 del codice di procedura penale non è più possibile consentire alla persona offesa di costituirsi parte civile.
Cassazione Penale, testo sentenza 10111/2015