Domanda: Se lo straniero nato e cresciuto in Italia è stato "dichiarato" all'anagrafe in un secondo momento perché i genitori erano irregolari può ottenere la cittadinanza?
Risposta (a cura di Marina Crisafi): Per la legge italiana (l. n. 91/1992), la cittadinanza si acquista principalmente per filiazione (principio dello ius sanguinis) o per nascita sul territorio (iure soli).
La prima ipotesi è quella fondamentale per l'acquisto della cittadinanza, basata sul "diritto di sangue", ovvero sull'elemento della filiazione o della discendenza, secondo il quale il figlio (anche adottivo) di padre o madre italiani, acquista di diritto la cittadinanza.
A questa si contrappone, l'acquisto iure soli, collegato cioè alla nascita sul "suolo" italiano, in base al quale acquista la cittadinanza italiana colui i cui genitori siano ignoti o apolidi o non trasmettano la propria cittadinanza al figlio, o il figlio di ignoti abbandonato in territorio italiano di cui non si riesca a stabilire la cittadinanza.
Alle due ipotesi descritte, si aggiungono altri modi di acquisto, come quello per beneficio di legge (ex art. 4 comma 1 l. n. 91/92), l'acquisto da parte del coniuge straniero o apolide che contrae matrimonio con cittadino italiano (ex artt. 5-9 della l. n. 91/92), la cittadinanza per meriti speciali, per residenza (art. 9 l. n. 91/92), ecc.
Quanto al caso specifico dello straniero minore, nato e cresciuto in Italia, da genitori stranieri, questi non diviene alla nascita cittadino italiano. Ma può diventarlo, ex art. 4, comma 2, della l. n. 91/92, laddove egli risieda legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età sul territorio italiano e dichiari (all'ufficio dello stato civile del comune di residenza) di voler acquistare la cittadinanza entro un anno da tale data.
L'iscrizione tardiva da parte dei genitori all'anagrafe comunale non può pregiudicare il diritto di acquistare la cittadinanza italiana, ove l'interessato dimostri l'effettiva sua presenza nel territorio italiano nel periodo antecedente la regolarizzazione.
La problematica è stata oggetto, peraltro, di una recente sentenza del Tribunale di Milano (n. 80677/2015) che ha accolto il ricorso di un ragazzo filippino, nato in Italia nel 1994 ed ivi cresciuto, frequentando le scuole del Paese (dall'asilo al diploma scientifico), cui era stata negata la cittadinanza dal comune meneghino a causa del ritardo con il quale i genitori, stranieri irregolari alla data della nascita del figlio, avevano dichiarato lo stesso all'anagrafe (cosa avvenuta due anni dopo nel momento in cui gli stessi avevano ottenuto il permesso di soggiorno).
Il tribunale - richiamando l'art. 33 del d.l. n. 69/2013 (c.d. "decreto del fare") che, al fine di evitare che omissioni o ritardi possano causare pregiudizi agli stranieri minori nati, cresciuti e scolasticamente formati in Italia, ha fissato i criteri di applicazione dell'art. 4 della l. n. 91/92 - ha affermato che la suddetta disposizione consente all'interessato, nell'ipotesi di inadempimenti imputabili ai genitori o alla P.A., la facoltà di dimostrare, tramite altra documentazione, il possesso dei requisiti per ottenere l'acquisto della cittadinanza.
A ciò si aggiunge la circolare del Ministero dell'Interno n. 22/2007, opportunamente richiamata dal tribunale, la quale fornendo ulteriori specificazioni sull'applicazione dei criteri di cui all'art. 4, comma 2, l. n. 91/92, ha disposto che il ritardo nell'iscrizione anagrafica del minore non può considerarsi pregiudizievole ai fini dell'ottenimento della cittadinanza italiana, quando lo stesso esibisce documentazione idonea a dimostrare la sua presenza nel Paese anche nel periodo che precede la regolarizzazione all'anagrafe (come ad es. certificati medici, attestati di vaccinazione, ecc.).
Marina Crisafi