- La convivenza more uxorio non esige la coabitazione
- Il nuovo compagno con coabita ma è convivente
- La convivenza va distinta dalla coabitazione
La convivenza more uxorio non esige la coabitazione
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Sul rilievo della nuova convivenza dell'ex coniuge beneficiario dell'assegno divorzile ai fini della revoca dello stesso arriva una Cassazione, che farà sicuramente discutere. Vine rimesso in discussione il concetto di convivenza che per gli Ermellini non va confuso con la coabitazione. Ai fini della convivenza more uxorio infatti non occorre che la coppia coabiti, essendo sufficiente che tra gli stessi sia presente un rapporto di tipo affettivo e che gli stessi si diano reciproco supporto affettivo e materiale spontaneamente.
Nel caso di specie in effetti la Corte di Appello, nel rigettare la richiesta di revoca dell'assegno divorzile ha trascurato il fatto che il nuovo compagno sia considerato dalla ex moglie come suo fidanzato, che lo stesso si rechi abitualmente a casa della donna e che paghi le utenze dell'energia a lui intestate. Valuti meglio la Corte in sede di rinvio tutti gli elementi probatori prima di escludere la convivenza di fatto rilevante ai fini della revoca dell'assegno di divorzio. Questo quanto emerge dall'ordinanza della Cassazione n. 14151/2022 (sotto allegata).
La vicenda processuale
Un ex marito chiede la revoca dell'assegno divorzile disposto in favore della ex moglie dal Tribunale che ha dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio.
La domanda però viene respinta perché non risulta provata la nuova convivenza della ex moglie e la dedotta disoccupazione del richiedente. L'uomo appella la decisione perché ritiene di aver provato il suo licenziamento e la nuova convivenza della ex moglie, chiedendo di ammettere testimoni sul punto.
La Corte di Appello conferma però la decisione di primo grado anche perché il licenziamento non rileva ai fini del modesto importo dell'assegno divorzile. Per quanto riguarda invece la nuova convivenza della ex moglie la Corte precisa che la stessa avrebbe rilievo ai fini della revoca se rappresentasse una situazione capace d'incidere sulla situazione reddituale della beneficiaria.
Il nuovo compagno con coabita ma è convivente
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Nel ricorrere in Cassazione contro la sentenza della Corte di Appello l'ex marito fa presente che la sola prova della instaurazione di una convivenza stabile da parte dell'obbligato a corrispondere l'assegno sia sufficiente ai fini della domanda di revoca dell'assegno, dovendo piuttosto la beneficiaria, in questo caso, dimostrare che la nuova convivenza non è tale da rappresentare la formazione di una nuova famiglia.
Fa poi presente che in sede di merito, dalla testimonianza della figlia, è emerso che in realtà la sua ex moglie ha una relazione stabile, che il nuovo compagno in diverse occasioni è stato visto a casa della madre, tanto da ritenere la sua presenza nella vita della donna non occasionale. Non solo, l'utenza dell'energia elettrica dell'abitazione della donna è intestata al nuovo compagno, giustificata per motivi di comodo dovuti a una riparazione. Circostanza che però la Corte di Appello non ha ritenuto erroneamente capace di dimostrare la stabile convivenza dei due soggetti.
Nel ricorso quindi l'uomo lamenta la violazione di legge per quanto riguarda il significato di "convivenza", la mancata valutazione della confessione della ex moglie, la violazione del principio di necessità di valutare globalmente gli indizi e infine l'omesso esame di un fatto decisivo, rappresentato dalla confessione stragiudiziale di un terzo.
La convivenza va distinta dalla coabitazione
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Il ricorso, con il quale vengono sollevati complessivamente 5 motivi, viene accolto perché gli stessi, esaminati congiuntamente, sono fondati.
Per la Cassazione occorre distinguere prima di tutto i concetti di coabitazione e convivenza more uxorio.
Dopo avere richiamato normativa e giurisprudenza relative al significato dei due termini, la Corte giunge alla conclusione che la convivenza giuridicamente è definita in sostanza come un legame tra due soggetti maggiorenni, uniti da un rapporto stabile di natura affettiva e di reciproca assistenza morale e materiale spontanea e reciproca. Del resto la legge stessa prevede che le coppie conviventi possano, non debbano, indicare un a residenza comune. Entrambi infatti hanno la possibilità di conservare due dimore distinte. La coabitazione di conseguenza ha valore indiziario in relazione alla prova dell'esistenza di una convivenza di fatto.
Superficiale a atomistica risulta inoltre la valutazione degli elementi istruttori da parte della Corte di Appello. Dall'istruttoria è infatti emerso che la donna considera il nuovo compagno come suo fidanzato e che lo stesso è presente in modo stabile nella vita della donna.
Il decreto va pertanto cassato e rinviato alla Corte di Appello in diversa composizione, che dovrà attenersi al seguente principio di diritto: "in materia di revoca dell'assegno divorzile disposto per la instaurazione da parte dell'ex coniuge beneficiario di una convivenza more uxorio con un terzo, il giudice deve procedere al relativo accertamento tenendo conto, quale elemento indiziario, della eventuale coabitazione di essi, in ogni caso valutando non atomisticamente, ma nel loro complesso l'insieme dei fatti secondari noti, acquisiti al giudizio nei modi ammessi dalla legge processuale, nonché gli ulteriori eventuali argomenti di prova, rilevanti per il giudizio inferenziale in ordine alla sussistenza della detta convivenza, intesa quale legame affettivo stabile e duraturo, in virtù del quale i conviventi si siano spontaneamente e volontariamente assunti reciproci impegni di assistenza morale e materiale."
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Scarica pdf Cassazione n. 14151-2022