Le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione (Sent. 09166/2008) hanno chiarito che ai praticanti avvocati vanno applicate le sanzioni disciplinari previste nel Codice Deontologico. Nell'impianto motivazione della Sentenza, la Corte ha osservato che "l'ordinamento disciplinare relativo alla professione forense è unitario, come si desume sia dal rinvio del R.D. n. 37 del 1934, art. 58 per la disciplina dei praticanti alla complessiva normativa disciplinare dettata per gli avvocati, sia dal fatto che il praticantato ha la funzione di assicurare la preparazione all'esercizio della professione forense. Ne consegue che la sanzione della sospensione applicabile ai praticanti non è una sanzione diversa dalla sospensione prevista per gli avvocati. La sanzione è la stessa e sorge solo l'esigenza di precisare che durante il praticantato essa trova attuazione come sospensione della pratica e dell'eventuale esercizio del patrocinio, come specifica il secondo comma dell'art. 58 cit. (secondo cui "La sospensione ha per effetto l'interruzione della pratica. Durante la sospensione il condannato è privato dell'esercizio del patrocinio"). Ciò implica, da un lato, che la sanzione della sospensione dall'esercizio professionale irrogata per fatti commessi dal praticante e in costanza di praticantato, può essere scontata anche dopo l'iscrizione del professionista all'albo degli avvocati e, dall'altro, che la conferma […] da parte del CNF della sanzione della sospensione irrogata dal COA non implica il riferimento a una sanzione di tipo diverso e più grave di quella irrogata nella fase amministrativa del procedimento disciplinare, anche se nel frattempo l'interessato è stato iscritto nell'albo degli avvocati".
Gli Ermellini hanno infine precisato che "a norma degli artt. 445 e 653 c.p.c., così come modificati dalla L. 27 marzo 2001, n. 97, le sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti, o di patteggiamento, hanno efficacia di giudicato nei giudizi disciplinari che si svolgono davanti alle pubbliche autorità - e quindi anche nei giudizi disciplinari a carico di avvocati o di praticanti avvocati - quanto all'accertamento del fatto, alla sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso".
Gli Ermellini hanno infine precisato che "a norma degli artt. 445 e 653 c.p.c., così come modificati dalla L. 27 marzo 2001, n. 97, le sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti, o di patteggiamento, hanno efficacia di giudicato nei giudizi disciplinari che si svolgono davanti alle pubbliche autorità - e quindi anche nei giudizi disciplinari a carico di avvocati o di praticanti avvocati - quanto all'accertamento del fatto, alla sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso".
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