Con la sentenza 6002 del 27 agosto scorso il Consiglio di Stato ha stabilito che è legittima l'espulsione immediata dell'extracomunitario indagato per maltrattamenti contro la famiglia. Secondo i giudici di palazzo Spada, il procedimento di espulsione non necessita della comunicazione di avvio procedimento se lo straniero ha commesso un reato grave come quello di maltrattamenti in famiglia. Secondo la ricostruzione della vicenda un uomo, in seguito al respingimento della sua istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, aveva impugnato tale diniego lamentando l'illegittimità del provvedimento del questore in quanto non gli era stato comunicato l'avvio del procedimento di espulsione, quindi per violazione dell'art. 10-bis della legge sul procedimento amministrativo (l. 241/1990). I giudici di legittimità di secondo grado, rigettando le pretese fatte valere in giudizio dall'immigrato, ha proposito stabilito che "la gravità dei reati commessi dallo straniero configura la fattispecie che (di cui all'art. 1, nn. 1 e 2, della legge n. 1423 del 1956, relativamente alla quale l'art. 13, comma 2, lett. c), del d. lgs. n. 286 del 1998) prevede l'immediata espulsione dallo Stato senza l'obbligo di comunicazione di avvio del procedimento. Considerata, infatti, la documentazione e i fatti, a prescindere dal definitivo accertamento della commissione o meno di eventuali reati, risultano evidenti pregiudizi per reati di particolare gravità, potendosi in tal caso giustificare un giudizio prognostico di possibile pericolosità sociale nei confronti del cittadino extracomunitario e, con ciò, la mancata comunicazione ai sensi della legge n. 241 del 1990".
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